Descrizione
“Generazione perduta” fu definita quella nata alla fine dell’Ottocento e cresciuta nel relativo benessere, soprattutto negli Stati Uniti, dei primi anni del Novecento. Una generazione che però, all’inizio dell’età adulta, dovette affrontare la Prima guerra mondiale, l’epidemia di Spagnola e, qualche anno dopo, la Grande depressione.
La storia non si ferma. Siamo nuovamente di fronte a una guerra in Europa e dalle nostre case, per ora ancora calde e sicure, ci chiediamo “che fare?”. Un esempio radicale ci arriva da LUDMILA NIKOLAEVNA VASILYEVA, attivista pacifista ottantenne, sopravvissuta all’assedio di Leningrado da parte dei nazisti, che ha raccontato a FEDERICO VARESE di come sia stata nei giorni scorsi arrestata più volte, nella sua città, per aver manifestato contro la guerra. Le difficoltà di mobilitazione e organizzazione della società civile russa, vivace ma soffocata da Putin, sono descritte da MARIA CHIARA FRANCESCHELLI, mentre VITTORIO GIACOPINI guarda indignato all’ipocrita dibattito italiano e GIULIO MARCON ci ricorda che la priorità deve essere la costruzione di relazioni internazionali condivise, pacifiche e democratiche. Con lo scoppio della guerra, poca attenzione è stata data al nuovo piano industriale del gruppo Stellantis, presentato il 1 marzo, che dovrebbe essere cruciale, nei prossimi anni, per la transizione alla produzione di auto elettriche: MATTEO GADDI ne analizza per noi i molti punti oscuri.
La generazione perduta è anche quella di Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenoci, due studenti morti durante le loro esperienze di tirocinio in poco meno di un mese. Anche sollecitati dalle proteste studentesche seguite a queste morti, come Asini abbiamo costruito un dossier sul delicato e cruciale rapporto tra scuola e formazione professionale.
Insegnanti e tutor nella formazione professionale a Bologna (SILVIA BRANCA, GIANNI DE GIULI, LUCA LAMBERTINI e ROBERTO PANZACCHI) ragionano sul senso dell’esperienza di stage riportando esempi virtuosi e rischi attuali di storture. LIVIO CIAPPETTA raccoglie voci ed esperienze di ragazze e ragazzi dentro la formazione professionale o da poco entrati nel mondo del lavoro a Roma; GIUSEPPE PASSALACQUA racconta illusioni e delusioni incontrate nell’orientamento al lavoro a Novara. A Napoli CHIARA CIMMINO da coordinatrice del più grande tecnico professionale della città parla con MAURIZIO BRAUCCI della difficoltà di dare forma a percorsi di alternanza dove il lavoro manca e RAFFAELE GUAZZONE da insegnante legge nei discorsi di ragazzi e ragazze di un istituto professionale alberghiero pavese i timori e la rassegnazione di fronte al mondo del lavoro precario. FRANCO CARNEVALE ci offre un excursus sulla storia della sicurezza sul lavoro in Italia e mostra la legittimazione di un mercato segnato dallo sfruttamento. FULVIA ANTONELLI, a partire da due emblematiche storie di “orientamento”, ragiona sulle determinanti di genere e classe nelle riuscite scolastiche e professionali mentre DILETTA DIAZZI segue le dinamiche segregative via via crescenti dall’orientamento scolastico ai tirocini all’inserimento professionale dal punto di vista della disabilità. Per cercare modalità alternative ai percorsi Pcto noti, GABRIELE VITELLO è andato in Trentino, dove esiste una tradizione di cooperative scolastiche effettive, dalle primarie alle superiori, con varie modalità di realizzazione e di effetti formativi. Questa tradizione si incrocia a volte, per volontà delle docenti, con quella freinettiana e della pedagogia istituzionale di cui parla il brano scelto dall’opera di FERNAND OURY e AÏDA VASQUEZ, introdotto da FEDERICA LUCCHESINI. Infine MAURO BOARELLI commenta la riflessione di VITTORIO FOA del 1969 sull’esperienza dei lavoratori-studenti.
La copertina e i disegni di questo numero sono di ROBERTO CATANI
Le foto di GAETANO IPPOLITO