Descrizione
Intelligenza artificiale, fiaba, rivolte e rivoluzioni: questi i temi su cui Gli Asini hanno ragionato e discusso per il numero 108.
Nel dossier “Intelligenza artificiale o stupidità naturale” ci siamo chiesti come funzionano e dove possono condurre strumenti come le chatbot. Norbero Patrignani ricostruisce da dove arrivano e cosa promettono questi strumenti, mentre Noam Chomsky, Ian Roberts e Jeffrey Watumull spiegano perchè essi non possono mantenere queste promesse. Mauro Boarelli mostra come le chatbot riproducano errori e ricostruzioni parziali e fuorvianti, tanto più pericolose quando riguardano l’uso della storia. L’analisi teorica e storica è accompagnata da descrizioni di come vari aspetti della vita quotidiana siano condizionati dall’uso dell’intelligenza artificiale: un uso discriminatorio, in termini di genere (ce lo spiega Lila Giugni) e in relazione alle politiche migratorie e ai diritti dei migranti (come mostra Rossella Marvulli). Anche il sistema di istruzione, scrive Enrico Rogora, è colonizzato da forme di valutazione condizionate da algoritmi, nel nome di una presunta oggettività. C’è un filo che collega gli articoli raccolti in questa sezione con quelli che la nostra rivista ha dedicato negli ultimi tempi al “credito sociale” in Italia e in Cina, alla valutazione standardizzata, alla pedagogia hacker. La tecnologia non è neutrale, occorre decostruirne i meccanismi operativi e i presupposti ideologici. Torneremo sull’argomento anche nel prossimo numero.
La seconda sezione è dedicata alla necessità, alla permanenza e alle trasformazioni della fiaba (e dello sguardo che comporta sul mondo), come spiegano Giordana Piccinini ed Emilio Varrà. Il dialogo tra segreti “metafisici” e interiori, tra individuale e universale è l’oggetto del contributo di Adalinda Gasparini, psicanalista, studiosa e appassionata di mito e fiaba; ancora Giordana Piccinini ed Enrico Varrà, assieme a Federica Lucchesini, hanno discusso con Laura Samani a partire dal suo film, Piccolo Corpo, della possibilità del sacro, della ricerca dell’essenziale come criterio insieme di senso e di forma, e dell’oscillazione sempre instabile tra l’orrore e il miracolo, mentre Alessandro Giannetto ci offre un ritratto critico di Wolf Erlbruch, autore e illustratore tedesco scomparso lo scorso dicembre. Questa sezione è arricchita dalle illustrazioni a colori e da un testo di Fabian Negrin, che prova a restituire la radicalità della fiaba, di cui non riusciamo a dare una vera spiegazione. Chiude Goffredo Fofi, chiedendosi quali forme la fiaba possa e debba assumere nel nostro tempo, di fronte a scenari reali che preoccupano per la loro gravità, ma ancor più per la nostra incapacità a riconoscerla come tale.
Questi scenari reali portano però spesso a rivolte e rivoluzioni: guardiamo ai giovani come protagonisti, in Europa e in Asia, di movimenti di opposizione, alla ricerca di un orizzonte utopico, attraverso una grande varietà di forme di protesta e di obiettivi concreti: dalle grandi mobilitazioni francesi urbane, contro la riforma delle pensioni (ne dà conto Marco Spagnuolo), e rurali, contro i mega-bacini idrici artificiali (ne scrive Borne), al movimento delle periferie di Lisbona, su cui Livia Apa ha interrogato Flávio Almada, fino alle grandi proteste contro il progetto di revisione legislativa in Israele, letta con accenti critici da Amira Hass (di cui Giovanni Pillonca ha tradotto per noi un’intervista con Alex Kane). E poi le grandi proteste iraniane, delle quali torniamo a occuparci con un contributo di Rassa Ghaffari, e i movimenti in Thailandia e in Birmania, di cui ci scrive Emanuele Giordana. La sezione è chiusa da un’analisi dei complessi rapporti tra giovani e potere in Cina, proposta da Lin Lili e Diego Gullotta. “Jîn, Jiyan, Azadi” in Iran, “Vida Justa” a Lisbona, “Il n’y a pas que le travail dans la vie” in Francia, “Let’s Tea and end dictatorship!” nel Sudest asiatico, “Tang ping” in Cina, sono slogan o meme che hanno in comune una cosa: la parola vita o l’evocare un gesto di vita quotidiana come prendere il tè o sdraiarsi, per rivendicare quell’utopia che ci sembra di intravedere: riappropriarsi della vita – intesa come tempo, salute mentale, relazioni sociali, ambiente, diritto alla città – in tutti i suoi aspetti materiali e simbolici.
Nel numero vi sono poi due ricordi importanti. Il primo è per Rocco Scotellaro, intellettuale e poeta lucano di cui nel 2023 ricorre il centenario della nascita: pubblichiamo tre sue poesie, una riflessione di Marco Gatto e alcuni stralci dell’editoriale (scritto da Raniero Panzieri) che la rivista Mondo Operaio dedicò al meridionalismo di Scotellaro nel 1955. Il secondo ricordo è per Franco Rotelli, una delle figure più importanti del movimento dell’antipsichiatria in Italia, scomparso lo scorso 16 marzo. Dell’opera di Rotelli – di cui riproponiamo un intervento sul carcere, del 1984, scrivono Carmen Roll e Ota de Leonardis.
Le illustrazioni di questo numero sono di Paolino Flore, mentre l’immagine di copertina è, ancora, di Fabian Negrin.