Descrizione
“L’aiuola che ci fa tanto feroci”: è così che Dante definisce il pianeta terra, nel XXII canto del Paradiso, guardandola da lontano, dall’alto, ma anche da uomo consapevole delle passioni e dei conflitti del suo tempo.
L’Italia e il mondo sono ancora alle prese con il Covid-19 e noi dedichiamo un corposo dossier a un tema oggi necessario: il rapporto tra salute e democrazia. La pandemia sta mettendo alla prova le democrazie occidentali, rendendo evidenti le disuguaglianze sociali di fronte alla malattia e l’importanza di una revisione profonda delle politiche in materia di salute, ma anche di una discussione aperta su cosa intendiamo per salute e malattia. Il dossier è aperto da un importante articolo di RICHARD HORTON, direttore della rivista “The Lancet”, che utilizza il concetto di “sindemia” per indicare la connessione tra il Covid-19 e alcune malattie degenerative non contagiose, legate alle disuguaglianze sociali, e dalla riflessione di SETH HOLMES, ANGELA JENKS, HELENA HANSEN e SCOTT STONINGTON, che mostrano l’importanza di prendere in considerazione le disuguaglianze sociali nell’organizzazione della risposta sanitaria al virus. ERNESTO BURGIO, in una lunga intervista realizzata da MAURO BOARELLI ed ENZO FERRARA, ribadisce la necessità di un ripensamento dell’approccio alla salute della medicina occidentale, anche per prevenire le conseguenze delle epidemie che verranno, mentre NICOLETTA DENTICO, incontrata dalla redazione della rivista, analizza come le fondazioni filantropiche abbiano assunto un peso crescente nella definizione delle politiche sanitarie a livello internazionale e come questo costituisca una profonda ferita per la democrazia. CECILIA FRANCINI a partire dall’esperienza della Casa della salute delle Piagge, a Firenze, propone un modello che ci sembra importante per riorganizzare la medicina territoriale dal basso; ENZO FERRARA ha letto per noi i libri che sulla pandemia hanno scritto Vittorio Agnoletto e ancora Richard Horton e, infine, LUIGI FERRAJOLI, intervistato da MAURO BOARELLI e MIMMO PERROTTA, ragiona sulle dimensioni giuridiche del rapporto tra democrazia e diritto alla salute.
Per “In casa”, STEFANO DEMATTEIS descrive la figura di Raffaele Cutolo, recentemente scomparso, per capire perché è stato così importante nella storia recente dell’Italia, mentre ALESSANDRO COPPOLA continua il dibattito di queste settimane sulla crisi della nostra democrazia.
Per la sezione “Pianeta”, LIDIA BONIFATI ripercorre, trent’anni dopo, la tragica vicenda delle guerre nella ex-Jugoslavia, un tema su cui torneremo nei prossimi numeri, mentre DOMENICO CHIRICO ha letto per noi un libro su cosa resta dell’Isis in Siria e PIERO SINATTI descrive l’importanza e i limiti di Naval’nyj nell’opposizione a Putin in Russia.
In “Educazione e intervento sociale”, GOFFREDO FOFI afferma che solo una mobilitazione dal basso potrà cambiare la scuola, mentre CLAUDIO PEDRON racconta di un incontro tra i detenuti del carcere di Sollicciano, Firenze, e una giudice della Corte Costituzionale, AMEDEO GAGLIARDI affronta da chi conosce bene l’ex ospedale psichiatrico di Quarto, Genova, il libro di Paolo Milone su salute mentale, cura e contenzione e DANIELE ROSA ci introduce senza moralismi a un fenomeno della comunità gay poco noto in Italia, quello del chemsex.
Per “Poco di buono”, FABIO PUSTERLA ripercorre l’opera di PHILIPPE JACCOTTET, una delle voci maggiori della poesia europea contemporanea, scomparso lo scorso febbraio, mentre ROBERTA MAZZANTI discute del rapporto tra madri e figlie in alcuni romanzi italiani degli ultimi anni. Seguono due recensioni: MARIA CONCETTA SALA legge i saggi di Giancarlo Gaeta su Gesù nei testi evangelici, NICOLA DE CILIA il “romanzo filosofico” di Telmo Pievani, che ha come protagonisti Albert Camus e il biologo Jacques Monod. Infine, ANKE FEUCHTENBERGER, autrice dei disegni che illustrano questo numero, descrive il proprio lavoro in una conversazione con GIORDANA PICCININI.
Le fotografie che aprono e chiudono il numero sono state scattate da LORENZO TUGNOLI e sono parte di un reportage dai centri di detenzione per migranti in Libia.