Tutto è guerra
Vogliamo capire dove siamo? Bè, siamo in guerra (e in guerra è più che normale che il pensiero sia
considerato sospetto, la complessità quasi un crimine, l’autoritarismo una manna, e via dicendo). Siamo in guerra, cari Asini, e dobbiamo partire da qui, non se ne scampa.
Questo non è un articolo ma un tentativo di illuminazione che non fa luce su un bel niente; è un’elaborazione del lutto, una messa a punto. Poi scriveremo articoli e analisi e faremo discussioni e torneremo a parlare, criticare, sognare, organizzare, immaginare. Ma oggi dobbiamo soltanto prendere atto del clima in cui viviamo, dell’aria (guasta) che respiriamo. Con un unico imperativo, naturalmente.
Dalla guerra bisogna disertare e l’unica guerra giusta è la guerra alla guerra. Ma prima bisogna capire.
Anzi: accettare. La famosa “rosa nella croce del presente” evocata da Hegel è ormai appassita: siamo in guerra in termini metafisici, totali. Nel 1650 circa, dopo la guerra dei Trent’anni, dopo la guerra civile Inglese, Hobbes pubblica il testo-matrice della politica moderna, il Leviatano. E qui c’è un brano decisivo, che ci riguarda.
“Quando gli uomini vivono senza un potere comune che li tenga tutti in soggezione, essi si trovano in quella condizione che è chiamata guerra: guerra che è quella di ogni uomo contro ogni altro uomo. La GUERRA, infatti, non consiste solo nella battaglia o nell’atto di combattere, ma in uno spazio di tempo in cui la volontà di affrontarsi in battaglia è sufficientemente dichiarata: la nozione di tempo va dunque considerata nella natura della guerra, come lo è nella natura delle condizioni atmosferiche. Infatti,
come la natura del cattivo tempo non risiede in due acquazzoni, bensì nella tendenza verso questo tipo di situazione, per molti giorni consecutivi, allo stesso modo la natura della guerra non consiste nel combattimento in sé, ma nella disposizione dichiarata verso questo tipo di situazione, in cui per tutto il tempo in cui sussiste non vi è assicurazione del contrario. Ogni altro tempo è PACE.”
L’idea che l’unica ragione della politica stia nel timore della morte violenta, nella paura di un conflitto interminabile e letale, stava al cuore del progetto stesso della modernità e tutta l’esperienza democratica, tutte le lotte del movimento operaio internazionale, qualsiasi progetto di emancipazione, l’alleanza complicata ma profonda tra Illuminismo e Socialismo e, in una parola, tutto ciò che abbiamo chiamato Sinistra, sono state un tentativo grandioso di correggere questa falsa partenza, o di attenuarla.
Forse oggi dovremmo ammettere che è una storia arrivata al capolinea, proprio finita. Il ricatto ontologico di Hobbes – o Potere o morte – è tornato di stretta attualità a partire dalla sua stessa premessa implicita o latente: fuori dall’ombra dello scettro del Sovrano-Leviatano tutto è guerra. Hobbes lo diceva proprio senza mezzi termini: la guerra non è lo scontro in battaglia, è tutto il tempo in cui c’è desiderio, pretesto, disposizione, tentazione alla guerra. Il suo “ogni altro tempo è pace” suona beffardo. La guerra è ovunque: in una “disposizione dichiarata”, in un’intenzione, diciamo anche in un semplice sospetto,
nell’ombra di un dubbio. Nel giugno scorso, quando la riunione della Nato a Madrid ha sancito i termini della Nuova dottrina strategica dell’Allenza Atlantica, il fantasma del filosofo inglese è uscito dagli scantinati della memoria e si è ripreso il proscenio: tutto è guerra. Bisogna leggere gli articoli 16 e
17 di quel documento: la natura della guerra non sta nel combattimento in sé, o nella battaglia campale, nel bombardamento assassino, nell’assedio logorante, nel blitz micidiale, nell’incursione, ma in ogni sintomo o avvisaglia o mossa o segnale o crampo o segno o alito o fiato di vita che promani dal campo avverso, che sia dichiarato o sotto mentite spoglie, indifferente. TUTTO E’ GUERRA, e ogni cosa è guerra o promessa di guerra, e non se ne scampa.
“L’area Euro-atlantica non è in pace… Le minacce che affrontiamo sono globali e interconnesse. I nemici stanno investendo in sofisticate capacità convenzionali, nucleari e missilistiche, con poca trasparenza o rispetto per le norme e gli impegni internazionali… e mettono alla prova la nostra resilienza e cercano di sfruttare l’apertura, l’interconnessione e digitalizzazione delle nostre nazioni. Interferiscono nei nostri processi democratici e nelle nostre istituzioni e mirano alla sicurezza dei nostri cittadini attraverso tattiche ibride, sia direttamente che tramite proxy e conducono attività dannose nel cyberspazio e nello spazio, promuovono campagne di disinformazione, strumentalizzano le migrazioni, manipolano i rifornimenti di energia per condizionarci sul piano economico e sono in prima linea, i nemici, anche in uno sforzo deliberato per minare le norme e le istituzioni multilaterali e promuovere modelli autoritari di governo”.
E dunque, come si vede, TUTTO E’ GUERRA, e quindi, sì, OGNI ALTRO TEMPO E’ PACE, ma dove e quando?
Dove e, diamine, quando può mai essere pace se sono guerra le campagne di propaganda sui giornali e in tv e alla radio e sui social, nel ciberspazio, se è guerra l’energia e se è guerra la finanza e sono guerra gli sciami di genti migranti lungo le vie del mondo costrette a sloggiare da siccità e carestie o da persecuzioni per motivi di razza o di religione, incognite del genere, inciampi del genere, e se è guerra il transito dei satelliti in orbita, delle astronavi distanti nel Outer Space, dirette magari agli anelli di Saturno,
dirette a Marte, o il volo dei droni sulle città e, parimenti, se è guerra il canto del Muezzin o la predica del
Pope o del Sacerdote, l’omelia del Missionario, il delirio del Santone, se sono guerra i traffici di grano e sementi, e le forniture di gas, gasolio e benzina, gli idrocarburi, se sono guerra i farmaci e i vaccini, e
insomma tutto è guerra, e la guerra è inevitabilmente IBRIDA, gianobifronte e bifida, totale, e si combatte
sul terreno a viso aperto con bombe e satelliti e ordigni e proiettili letali, tipo bombe ultrasoniche, ipersoniche, o viene condotta di soppiatto sui mercati, sui palcoscenici dell’arte o tramite contese elettorali artefatte, manipolate, o insiste e dura e persiste e costantemente si anima e rianima e mai assopisce davvero e mai si arresta nell’infinito e intangibile brusio del ramificato, tentacolare, avvolgente,
polipesco universo di bit che forma l’ossatura, lo scheletro, l’interconessa, la gelatinosa e più che virtuale (ir) realtà del nostro cosmo digitale, due punto zero, e sono guerra anche i virus e le pandemie, e ogni altro simple twist of fate, e ogni stupido incidente, e ogni imprevisto, e tutta la vita è in guerra, dalla nascita alla morte, dall’alba al tramonto, e guerra è la vita di sempre – quella ordinaria segnata da fiocchi rosa o blu e bare e acciacchi e protesi e dentiere e purganti e lassativi, pillole amare – e guerra è pure la nostra second life, così immateriale e splendida, postomodernissima, e allora diamoci un taglio e accettiamo: tutto è GUERRA, esiste soltanto la GUERRA, c’è solo GUERRA….