Descrizione
Settembre, per molti asini, è soprattutto il mese in cui ricomincia la scuola. Una scuola in cui spendiamo una parte enorme delle nostre energie, ragionamenti, discussioni, una scuola che riteniamo per tanti aspetti inadeguata, spenta, in crisi. Per questo abbiamo lanciato un invito alla discussione su come cambiare la scuola, partendo da sette nodi – potere, sapere, differenze, territorio, tecnologie, università, lotta – rispetto ai quali aprire uno spazio di pensiero e azione.
Ma non è solo la scuola a impegnare i nostri pensieri e a preoccuparci. Le politiche migratorie europee e italiane continuano a provocare stragi nel Mediterraneo, di cui siamo – noi abitanti dei paesi ricchi – complici e corresponsabili. Parlare di Mediterraneo vuol dire parlare non solo di migranti, ma anche partire da noi: per questo iniziamo dalle parole di Sergio Piro, alla cui esperienza di protagonista meridionale della rivoluzione basagliana ci introduce Gianluca D’Errico; queste parole sono esclusione, sofferenza e guerra, parole che ancora caratterizzano le esperienze degli oppressi, oggi dei migranti. Con Rafael Campagnolo e con la sua esperienza a Ventimiglia seguiamo i migranti nel loro passaggio, nonostante e contro le frontiere statali; da Ventimiglia torniamo in Tunisia, con Dalila Zommit, che consente a coloro che attraversano il Mediterraneo di spiegare le proprie sofferenze e motivazioni a partire. E ancora, con Yasmine Accardo diciamo con rabbia che per noi è impossibile dimenticare le persone morte nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere l’Europa.
La memoria delle tragedie mediterranee ci porta a ragionare – a partire dalla letteratura, dall’esperienza artistica ed estetica, dalla riflessione sulla lingua – della possibilità e della impossibilità della memoria. Come si possono comprendere, toccare, usare, le storie di chi è passato e che ci lasciano sangue, esperienza, cose? In questo senso, Emilio Varrà attraversa tre opere di Frédéric Pajak, Marjia Stepanova e Nora Krug; la stessa Nora Krug, intervistata da Varrà e Mauro Boarelli, sviscera le motivazioni delle sue scelte tecniche e artistiche nella ricostruzione di una memoria familiare e non solo storica del nazismo; Giancarlo Gaeta illumina l’impresa, ben più che letteraria, di Svetlana Aleksievič nella raccolta di centinaia di voci di uomini e, soprattutto, donne del vecchio impero sovietico; Sara Honegger intervista Silvia Borri, autrice di un podcast sul dolore e sulla memoria dell’assassinio della madre durante il golpe argentino; e Anton Shammas, a partire da una testimonianza di tortura subita da un palestinese, ma raccolta in ebraico, spiega che la sofferenza non può essere tradotta o trasmessa in qualsiasi lingua.
E ancora, a preoccuparci è la crisi ecologica nella quale siamo immersi. I movimenti ambientalisti e sociali si preparano a un autunno caldo di lotta e mobilitazione (la cui agenda fittissima è delineata da Caterina Orsenigo) a cui, per quello che sappiamo e possiamo, vogliamo contribuire con alcune riflessioni, anzitutto la lettera che centinaia di rappresentanti dei popoli indigeni del bacino dell’Amazzonia hanno scritto ai capi di stato dei paesi della regione, uno sguardo dal Sud globale che ci sembra necessario. Marino Ruzzenenti, poi, avverte che non ci si può occupare del cambiamento climatico senza ricordare il nesso inscindibile tra crisi ecologica e crisi sociale e Lorenzo Velotti prova a rispondere alla domanda sul “che fare”, proponendo di “tenere insieme disobbedienza ecologista, lotte territoriali e comunalismo”. Jaume Franquesa, antropologo spagnolo intervistato da Pablo Rivas, pone la questione di una controversa “transizione energetica” condotta a colpi di mega-impianti eolici installati in aree fragili, mentre Raffaella Veridiani risponde alle domande di Vittorio Sergi su cosa abbiamo imparato dall’impegno solidale degli scorsi mesi verso le popolazioni colpite dalle alluvioni in Romagna. Infine, Matteo Gaspari ci propone un percorso di letture utili, tra saggi e graphic novel.
Ecologia e memoria sono temi evocati anche nelle illustrazioni dell’ottavo a colori, che ci ha regalato Ericailcane.
In questo numero inauguriamo una nuova rubrica, che abbiamo intitolato “La terza sponda del fiume”, riprendendo il titolo di un bellissimo racconto di João Guimarães Rosa. In questo numero ospitiamo le poesie e le riflessioni sulla lingua di Emilio Rentocchini, introdotto da Luigi Monti, e i ricordi, scritti rispettivamente da Sandro Ferri e Simone Caputo, di Milan Kundera e Marcello Colasurdo, scomparsi entrambi lo scorso luglio.
Il numero si chiude come si era aperto: sulla scuola. Lo facciamo riproponendo un testo introdotto da Michele Conti, drammaticamente attuale, di Mario Lodi su “i bambini e la guerra”, in cui un Lodi come al solito generoso e scomodo ragiona di come la scuola possa e debba costruire quotidianamente la pace.
Infine, ringraziamo di cuore Marco Smacchia per le illustrazioni di questo numero.