Descrizione
Il secondo decennio del secondo millennio si è aperto con una pandemia che ha fermato l’intero pianeta, provocando lutti e acuendo vecchie e nuove disuguaglianze. “Il Nuovo Anno porta una terra sgomenta”, recita il verso di Auden da “Lettera per il nuovo mondo”, scritta nel 1940, poesia che si chiude ricordando che “la vera democrazia comincia con una franca confessione dei nostri peccati”. Alla pandemia, alle sue cause, alle sue conseguenze è dedicato in buona parte questo numero. Nella prima parte, Persuasioni, proponiamo le riflessioni più generali di vecchi e nuovi collaboratori: Gianfranco Bettin, a partire dalla Ginestra di Leopardi, ragiona sulla lotta comune e perenne dell’essere umano contro la morte; Giacomo Borella descrive la città fermata dal virus, auspicando che questo inceppamento possa fornirci insegnamenti duraturi; Jon Jost, regista e intellettuale statunitense, guarda amareggiato la follia di una società dominata da automobili, smartphone, supermercati e consegne a domicilio; Oreste Pivetta riflette sulla povertà che viene e sulla superficialità del nostro sistema di informazione; sulla crisi economica dei prossimi mesi si concentrano Rinaldo Gianola, che propone di introdurre in Italia il modello tedesco di cogestione delle imprese, e Domenico Chirico, con una comparazione con l’Italia del “miracolo economico”; Vittorio Giacopini si sorprende della velocità con cui il corpo sociale si è adeguato al confino di massa; Marica Fantauzzi e Luigi Manconi analizzano cosa succede nelle carceri italiane; Sandro Mezzadra ci ricorda che le lotte dei prossimi mesi potranno e dovranno puntare a orientare le trasformazioni sociali portate dall’epidemia; e Piergiorgio Giacchè scrive dell’inadeguatezza della politica e della cultura. Nella sezione Grandangolo ampliamo ulteriormente lo sguardo: Luigi Ferrajoli ricorda i pregi della Costituzione italiana ma rivendica la necessità di una gestione globale della pandemia; Laura Centemeri mostra l’importanza della vigilanza globale e della prontezza per affrontare tempestivamente le pandemie; Simone Caputo si concentra sui pericoli del controllo digitale sul modello cinese; Giuliano Battiston propone un parallelo tra le misure di contrasto al terrorismo e alle epidemie, parimenti fallimentari; Mauro Boarelli decostruisce le retoriche dello smart working; infine Lorenzo Velotti ragiona su come alcune misure adottate per contenere l’epidemia possano essere utilizzate per ridurre l’inquinamento e il riscaldamento globale. Nella sezione Ambienti, Enzo Ferrara ci dice dei dati sull’epidemia e della loro inaffidabilità; dai territori italiani più colpiti dal virus ci scrivono Marino Ruzzenenti (Brescia), ricordando le epidemie del passato e l’impreparazione del presente, e Damiano Grasselli (Bergamo), con un’appassionata descrizione della sua città. Franco Carnevale descrive le fragilità del mondo del lavoro, in primo luogo nella sanità, durante l’epidemia. Dal punto di vista sanitario, Maria Elisa Sartor ripercorre i cedimenti alla sanità privata in Lombardia negli ultimi vent’anni, mentre Chiara Bodini, intervistata da Lorenzo Betti e Mauro Boarelli, descrive come il sistema sanitario si sia concentrato eccessivamente sugli ospedali, dimenticando il territorio. Andrea Toma analizza i dati sul progressivo definanziamento del sistema sanitario nazionale negli ultimi anni. Cecilia Bartoli, da psicoterapeuta “a distanza”, si interroga sulle ansie e sulle paure che accompagnano l’epidemia; Iacopo Scaramuzzi mostra quanto l’approccio del Papa alla malattia sia differente da quello dei leader sovranisti. Chiudono la sezione le Testimonianze raccolte da Giacomo D’Alessandro sulle situazioni di fragilità sociale a Genova e da Enzo Ferrara sui fallimenti nella prevenzione del contagio.
La sezione Educazione e intervento sociale è dedicata anzitutto alla didattica a distanza nelle settimane della chiusura delle scuole. Federica Lucchesini denuncia l’inazione del ministero e chiama a raccolta le insegnanti di buona volontà per continuare a fare una scuola vera e inclusiva; Fabian Negrin difende gli albi illustrati dall’iperproduzione di video e letture in quarantena; Giovanni Zoppoli ricorda a insegnanti e genitori che le tecnologie digitali possono fare male alla salute dei bambini; Stefano Laffi punta l’attenzione sulle disuguaglianze tra le famiglie nella didattica a distanza; Marco Carsetti obietta ai nostalgici della scuola “normale” che quella normalità era già sbagliata, piena di limiti e difetti. Anche con la quarantena, però, si avvicina la fine dell’anno scolastico e con essa gli scrutini. È necessario tornare a riflettere criticamente sulla valutazione, sui suoi obiettivi e sui suoi esiti. Lo fanno Cristiano Corsini, che ricorda le funzioni necessarie della valutazione formativa; Stefania Petaccia e Gabriele Vitello, discutendo del concetto di “competenze” e raccontando un’esperienza innovativa a Cesena; Bénédicte Vidaillet, che, intervistata da Mauro Boarelli, analizza i processi di valutazione nel mondo del lavoro; Davide Tamagnini, intervistato da Petaccia e Vitello, e Alberto Delpero che spiegano perché i voti non andrebbero usati. Sulla situazione dei migranti riflettono invece Luigi Monti, Fausto Stocco e Gianfranco Schiavone, che invocano una regolarizzazione che rimedi ai danni provocati dal sistema di accoglienza, le cui perversioni sono accentuate dalla pandemia, come raccontano Pietro Faoro e Savino Reggente.
La sezione Poco di buono si apre con le poesie di Mark Strand, introdotte da Damiano Abeni. Goffredo Fofi, Gianluigi Simonetti, Stefano Guerriero ed Emiliano Morreale ricordano Alberto Arbasino, scomparso lo scorso 22 marzo e del quale ripubblichiamo un’intervista realizzata da Oreste Pivetta. Chiudono la sezione le rassegne sull’immaginario narrativo circa la fine del mondo di Nicola Villa, sul cinema di Paolo Mereghetti, il ricordo del grande compositore Krzysztof Penderecki di Simone Caputo e la recensione di Alfonso Berardinelli su Parole oltre di Roberto Righetto pubblicato dalle nostre edizioni, il libro che i cattolici, e non, devono leggere. Chiude il numero una riflessione del filosofo coreano-tedesco Byung-Chul Han sui dispositivi di controllo sociale che il potere ha già preparato per il dopo-pandemia.