Perché muore l’amore. I racconti di Carson McCullers
L’amore è sempre lo stesso, ma ogni uomo ama alla sua maniera: parafrasando l’incipit dell’ultimo, cupissimo romanzo di Carson McCullers, Orologio senza lancette, potrebbe esserne questa l’epigrafe dell’opera. Dopo la ripubblicazione di Il cuore è un cacciatore solitario, l’esordio capolavoro, e dopo lo scandaloso Riflessi in un occhio d’oro, possiamo confrontarci con il ritorno de La ballata del caffè triste (come i precedenti, uscito per Einaudi Stile Libero – traduzione di Franca Cancogni), uno dei racconti più crudeli e magnifici sull’amore.
Riflettere sull’“amore” a partire da un racconto della McCullers non è un semplice pretesto. Marisa Bulgheroni – traduttrice e mediatrice per il nostro paese di molta letteratura statunitense – ha scritto, grossomodo, che la scrittrice che veniva dalla Georgia, profondo sud, ha avuto in mente, nei suoi brevi cinquant’anni di attività (1917-1967), un progetto letterario preciso sulle “solitudini e le devianze del cuore”. Le sue opere rispettano, infatti, una coerenza interna: la prosa e l’obbiettivo sono rivolti a una “matematica dell’incoscio”. Il cuore è un cacciatore solitario è un titolo quasi programmatico sul sentimento più misterioso e doloroso. I personaggi delle sue storie sono dei “cacciatori solitari” come il sordomuto John Singer, innamorato del sordo-demente Antonapoulos, o come Frankie, la protagonista dodicenne del bellissimo Invito di nozze, così simile a un’altra adolescente, la Mick Kelly de Il cuore. Le storie della McCullers sono caratterizzate da questi incroci sentimentali, amorosi, di individui ai margini, non solo pariasociali ma anche segnati da infermità mentali e fisiche (anche gli adolescenti, del resto, non vivono la loro età come un handicap rispetto al mondo degli adulti?). Come la musica – che è uno sfondo, comune denominatore nelle storie della McCullers – l’amore determina i legami violenti tra gli individui che le compongono. È anche il caso de La ballata del caffè triste, nel quale si rappresenta un triangolo relazionale, in due movimenti contrari che riportano alla situazione di partenza. La storia è in sé squallida, non ha nulla di particolare. Come l’incipit: “Il paese in sé è squallido: non c’è nulla tranne la filanda di cotone (…)”. I luoghi sono quelli ormai canonici del profondo sud americano appena successivo alla Grande Depressione, dove l’anima ti si corrompe dalla noia. Primo movimento: la vita di Miss Amelia, giunonica e misantropica proprietaria di un piccolo spaccio alimentare in un anonimo paesino di passaggio del sud degli Stati Uniti, cambia radicalmente con l’arrivo di suo cugino, un nano gobbo, Lymon, di cui si innamora incondizionatamente. Il frutto di questo amore, di questa curiosa coppia, è la trasformazione dello spaccio in un vivace caffè che diventa luogo di incontro della ristretta comunità che lo circonda. Secondo movimento: l’idillio è distrutto, insieme al caffè, dal ritorno del marito di Miss Amelia dal carcere, con il quale il nano Lymon si allea per liberarsi dell’amore della donna e scappare via.
Non si ama allo stesso modo, sembra ripetere McCullers tra le pagine, tanto da darci, quasi a metà del racconto, una spiegazione: “Per questo motivo si preferisce, nella maggioranza, amare più che essere amati. Quasi tutti vogliono amare. E la cruda verità è che per molti la condizione dell’essere amati riesce intollerabile”. L’esperienza comune dell’amore per la McCullers avviene sì tra due persone, ma non è detto che sia della stessa matrice. Chi è amato si ritrova in una posizione di potere, mentre chi ama scopre la propria debolezza. L’amore, in questa che sembra una giustificazione del cugino Lymon, coincide con la paura della morte, il terrore di rimanere soli. Forse proprio per questo, Lymon è approdato alla porta della cugina un giorno, come un “vitello sperso”, con i vestiti malridotti e senza un soldo, chiedendo aiuto. Eppure, per questo personaggio, bieco e misterioso, l’essere amato da Amelia, ricevere cioè un sentimento disinteressato di cura e affetto, col tempo lo porta alla totale intolleranza e al desiderio di danneggiare il soggetto amante. Per Miss Amelia, al contrario, l’amore è il desiderio di una speranza destinata a dissolversi: un’utopia. L’alleanza tra i due maschi, il gobbo Lymon e il marito Marvin Macy, contro la donna, ha qualcosa di archetipico: un patto che ha una antica radice di cattiveria e di intenzione di annientare e ferire il soggetto amante. Nella visione pessimistica della McCullers è proprio la ballata dei dodici uomini mortali, l’immagine della catena dei forzati delle Forks Falls, la musica del loro canto di dolore e sofferenza a fare da metafora finale. Tutto è sempre andato così e sempre andrà. L’utopia è impossibile. Eppure non è vero: la stessa McCullers sembra tradire questo orizzonte d’attesa così sapientemente costruito, sembra quasi confezionare risposte e tentativi di sopravvivenza in altri racconti. Come l’ultimo della raccolta, Un albero, una pietra, una nuvola, ambientato di nuovo in un caffè (questa volta notturno, come nel famoso quadro di Hopper), che offre ancora un “cacciatore solitario” non rassegnato a soffrire e alla ricerca di un’essenzialità più filosofica che etica. Oppure, nel finale di un altro racconto, si scopre come la sofferenza possa eguagliare il desiderio, nell’immensa complessità dell’amore. L’utopia resta impossibile, ma la ricerca di essa non è senza risposta.
La fede di McCullers nei confronti del mistero dell’amore è totale e incondizionata; la pone in una posizione di equidistanza tra le altre due grandi scrittrici del sud degli Stati Uniti: il senso del sacro di Flannery O’Connor e la portata civile di Harper Lee. Anche la politica in McCullers è ricondotta agli atti mancati del cuore, all’incomunicabilità, alla solitudine degli individui (si pensi all’impossibile incontro tra i personaggi “socialisti” de Il cuore). La vicenda di Miss Amelia e del suo caffè triste appartiene a una dimensione più estesa e universale, ci parla ancora con attualità. Come ha scritto il critico teatrale e scrittore Franco Cordelli, esperto di letteratura anglo-sassone, l’epica privata, nelle storie della McCullers, si fa universale, e non si smette di imparare dall’opera di questa grande scrittrice.