Per Alberto Arbasino. Un ricordo.
Abitava nell’isolato in cui aveva sede la redazione di “Lo straniero”. Gli lasciavo in portineria i nuovi numeri e lui lasciava nella mia copie di articoli e nuovi libri, intestandoli “Al caro vicino”… Un nuovo libro? Incrociandomi in strada mi gridava: “Sia clemente, Fofi!”. Sapeva della mia ammirazione per lo scrittore, il critico, il moralista, nonostante l’avversione dei più “marxisti” dei “Piacentini”. Il “frivolo” Arbasino ha scritto sull’Italia (Un paese senza eccetera) le analisi più acute, con Sciascia e Pasolini. E Fratelli d’Italia e L’Anonimo Lombardo sono gioielli fondamentali per capire il boom. Dei “63”, ho frequentato un po’ e quasi di nascosto, Manganelli e Eco, perché appartenevo alla generazione delle nouvelles vagues, che guardava con occhi nuovi al contesto, alle mutazioni. Quante cose non ho scoperto grazie ad Arbasino? Anni fa presentai con lui e la Sandrelli a una retrospettiva veneziana La bella di Lodi, il film: fu una serata formidabile! Rimpiango di non averlo frequentato davvero, più serio lui dei tanti soloni della mia “nuova sinistra”.