PALESTINA: PRENDI NOTA
Prendi nota
sono arabo carta di identità numero 50.000 bambini otto un altro nascerà l’estate prossima. Ti secca? Prendi nota sono arabo taglio pietre alla cava spacco pietre per i miei figli per il pane, i vestiti, i libri solo per loro non verrò mai a mendicare alla tua porta. Ti secca? Prendi nota sono arabo mi chiamo arabo non ho altro nome sto fermo dove ogni altra cosa trema di rabbia ho messo radici qui prima ancora degli ulivi e dei cedri discendo da quelli che spingevano l’aratro mio padre era povero contadino senza terra né titoli la mia casa è una capanna di sterco. Ti fa invidia? |
Prendi nota
sono arabo capelli neri occhi scuri segni particolari fame atavica il mio cibo olio e origano quando c’è ma ho imparato a cucinarmi anche i serpenti del deserto il mio indirizzo un villaggio non segnato sulla mappa con strade senza nome, senza luce ma gli uomini della cava amano il comunismo. Prendi nota sono arabo e comunista Ti dà fastidio? Hai rubato le mie vigne e la terra che avevo da dissodare non hai lasciato nulla per i miei figli soltanto i sassi e ho sentito che il tuo governo esproprierà anche i sassi ebbene allora prendi nota che prima di tutto non odio nessuno e neppure rubo ma quando mi affamano mangio la carne del mio oppressore attento alla mia fame, attento alla mia rabbia. |
Questa – dal titolo Carta di identità – è una poesia di Mahmoud Darwish. Una poesia famosa nel mondo arabo, che provocò l’ira di Benjamin Netanyahu quando venne letta qualche anno fa all’interno di un programma educativo nella radio dell’esercito israeliano Army Radio. “Non si deve permettere a una stazione radio del Ministero della Difesa finanziata con fondi pubblici di mettere in luce e glorificare una narrazione anti-Israele”. “È una questione seria che le opere di un uomo che ha scritto testi antisionisti usati per alimentare il terrorismo contro Israele siano incluse nel programma della radio dell’esercito insieme a ‘Gerusalemme d’oro’”, la classica canzone del 1967 di Naomi Shemer, disse il ministro della Difesa Avigdor Liberman.
La repressione della libertà di espressione è quindi parte costitutiva della cultura politica delle forze politiche che ancora oggi sono al governo di Israele. Dopo il 7 ottobre questo atteggiamento è esploso fino a diventare pervasivo nel discorso pubblico. Ogni forma di dissenso interna, ogni critica, ogni difformità di opinione, ogni tentativo di aprire un dibattito che comprenda l’altro e naturalmente verso ogni pretesa ad esistere materialmente e culturalmente da parte del popolo palestinese cade sotto questa scure. Tutto è antisemitismo nella notte della ragione che Netanyahu ha imposto al paese, tutto è terrorismo e in nome di questi nuovi idoli ideologici tutto è lecito, anche ciò che nessuna religione al mondo legittima: lo sterminio dell’altro, la distruzione completa della sua terra e di ogni condizione di vita futura.
In questo numero pubblichiamo la traduzione italiana della sintesi del rapporto sul trattamento dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane Welcome to the hell, curato da B’Tselem, Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei territori occupati.
A Valentina Pisanty e a Stefano Levi Della Torre abbiamo chiesto di leggere l’ultimo libro di Enzo Traverso, Gaza davanti alla storia (Feltrinelli), chiedendo loro di ragionare intorno ai nodi sollevati da uno storico autorevole. Stiamo infatti cercando di mantenere aperto un confronto tra posizioni diverse, anche se nutrite da un comune sfondo etico, perché crediamo che non sia utile cercare di persuaderci tra persuasi. Pisanty sviluppa il tema dell’uso strumentale dell’antisemitismo e dello scambio politico in atto tra Israele e le destre europee e statunitensi. Levi invece, dopo un’ampia ricostruzione del conflitto tra Palestina e Israele, muove a Traverso alcune obiezioni di fondo, che ci proponiamo di continuare a discutere nei prossimi numeri.