MALI MINORI
Nell’attesa che Gavroche, Lazarillo de Tormes, Franti e Huckleberry Finn, i Mohamed di Choukri e i Sozaboy di Ken Saro-Wiwa tornino ad avere voglia di parlarci, ci siamo interrogati sulle politiche di cui sono destinatari – ma potremmo meglio dire bersagli – bambini e adolescenti.
Educare e punire potrebbe essere il titolo di una ricerca genealogica sulle radici dei meccanismi di disciplinamento che cercano di regolare quelle soggettività inferiorizzate, patologizzate o oggetto di interventi filantropici che sono le bambine e gli adolescenti renitenti alle istituzioni preposte a sorvegliare il passaggio all’età adulta.
Abbiamo capito che due ordini di politiche vanno per la maggiore nel nostro paese: una si dedica alla repressione dell’adolescenza pericolosa, l’altra alla salvezza dell’infanzia a rischio. Tribunali minorili, leggi sull’immigrazione, teorie della riproduzione della “cultura della povertà” attraverso le famiglie, ma anche filantro-capitalisti, child savior, fondazioni benefattrici, sono l’esercito della salvezza schierato a difendere non tanto la società quanto la riproduzione della società qual è. Per non cambiare la società infatti bisognerà cambiare i soggetti con essa incompatibili, organizzandoli all’interno di una complessa tassonomia di naturalizzazioni lombrosiane della povertà, a cui far corrispondere un accurato catalogo di interventi ad hoc. L’obiettivo è quello di rendere coloro che vivono sul filo della miseria e dell’esclusione adeguati ai desideri di coloro che sono nati oltre queste frontiere, nel regno della moralità e della civiltà democratica.
Le politiche che qui analizziamo non raccontano la realtà delle bambine e dei ragazzi che vivono soli, in strada o che sono poveri, ma ci parlano della percezione di pericolosità e di estraneità che ne hanno le classi dominanti adulte.
Massimiliano Virgilio ci descrive una Napoli dove negli stessi vicoli si concentrano la gentrificazione turistica e le lapidi dei caduti della guerra alla gioventù perduta da parte di una città dove non è la “cultura” dei poveri a riprodurre l’emarginazione sociale, ma la mancanza di politiche sociali che tutelino l’infanzia dalla violenza e ne evitino la riproduzione infinita nell’età adulta. Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone, fa un’analisi impietosa del decreto Caivano e del vizio sempre presente dei governi basati sul populismo dell’emergenza di fare politiche sociali con le pene. Un gruppo di operatori nei sistemi di accoglienza ai migranti ci racconta il dietro le quinte della “crisi minori” scoppiata in diverse città italiane questa estate e delle molte contraddizioni dell’industria dell’accoglienza e delle sue narrazioni. Jocimar Borges, un educatore freiriano dalle favelas di Recife, ci ricorda cosa significa educare per l’emancipazione e la liberazione di sé e degli altri. Chiudiamo con una provocazione, il Bando della Fondazione Ca.Ri.Soldoni, che parla di noi, delle nostre complicità, insostenibili ipocrisie, di una lingua che ci ha conquistato istupidendo e svuotando di significato ogni nostro slancio e a cui bisogna opporre una gioiosa, irridente, insolente resistenza.
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