I contadini di Scotellaro e quelli di oggi

La pubblicazione di tutte le opere di Rocco Scotellaro nei Baobab Mondadori, a cura di Franco Vitelli, Giulia Dell’Aquila e Sebastiano Martelli, ci consente di rileggere Contadini del Sud e di riprendere in considerazione il modo in cui il sindaco-poeta di Tricarico cercò di studiare e raccontare il mondo contadino del Mezzogiorno. Un esercizio utile e necessario oggi, in un periodo storico in cui l’idea della “modernizzazione” dell’agricoltura attraverso l’industrializzazione è andata in crisi ed è tornato a farsi sentire a livello globale un movimento contadino vivo ed eterogeneo, in un periodo storico in cui è pressante una nuova e drammatica questione bracciantile, relativa ai lavoratori migranti in agricoltura, in un periodo storico, infine, in cui la gravità dei cambiamenti climatici di origine antropica rende non rinviabile un ripensamento delle pratiche agricole nella direzione della agroecologia, di un’agricoltura che non aggravi il riscaldamento globale.
Nel maggio 1953, come ricostruisce con precisione Franco Vitelli, l’editore Laterza affidò a Scotellaro la realizzazione di un’inchiesta e di un libro che descrivesse i contadini delle regioni meridionali
Nel maggio 1953, come ricostruisce con precisione Franco Vitelli, l’editore Laterza affidò a Scotellaro la realizzazione di un’inchiesta e di un libro che descrivesse i contadini delle regioni meridionali, le cui condizioni di vita e la cui cultura erano per lo più sconosciute all’Italia urbana e borghese. Scotellaro, figlio di un calzolaio, era stato sindaco socialista di Tricarico, un piccolo comune della provincia di Matera, tra il 1946 e il 1950; durante il suo mandato, aveva sostenuto le lotte contadine e le occupazioni delle terre (non lontano da Tricarico, a Montescaglioso, nel 1949 durante una manifestazione fu ucciso dalla polizia il bracciante Giuseppe Novello; Scotellaro gli avrebbe poi dedicato una poesia); accusato ingiustamente di concussione, aveva vissuto l’esperienza del carcere, poi assolto. Scotellaro aveva già una vasta esperienza di ricerca: dal 1950 collaborava con l’Osservatorio di economia agraria di Portici, sotto la direzione di Manlio Rossi-Doria; aveva discusso e collaborato con Ernesto de Martino e con vari antropologi anglosassoni che avevano studiato la Basilicata, oltre che con Rocco Mazzarone, medico e sociologo, anche lui di Tricarico; e, ovviamente, suo amico e mentore era Carlo Levi.
Scotellaro raccoglie diverse storie di vita, in parte scritte dagli stessi contadini in parte dettate (seguendo domande e questioni poste dallo stesso Scotellaro), redige alcune introduzioni, scrive ad amici e collaboratori, riceve proposte, ipotizza direzioni di ricerca. Lo studio, però, resta incompiuto, a causa della morte improvvisa di Scotellaro, nel dicembre 1953, ad appena trent’anni. Il libro uscirà postumo, nel 1954, con cinque storie di vita e una lettera che scrisse Francesca Armento, mamma di Rocco, su richiesta del figlio. Le storie raccolte non restituiscono la varietà di figure e ambienti contadini che Scotellaro aveva progettato e che avrebbe dovuto coprire almeno le regioni di Basilicata e Calabria. Quelle pubblicate, infatti, sono biografie di contadini della provincia di Matera e della vicina Altamura, tranne una, quella di un diciassettenne bufalaro della Piana del Sele, in Campania. A queste si aggiunge in questa edizione una nuova autobiografia, sino a oggi inedita, quella di Paolo Zasa, attivista comunista di Tricarico, ritrovata da Vitelli nelle carte di Scotellaro. Nonostante questa uniformità geografica, i temi che le biografie attraversano sono estremamente vari: lavoro, famiglia, guerra, migrazioni, lotte politiche, aspetti economici e culturali, religione, magia, salute, rapporto con lo Stato, le amministrazioni locali, la giustizia.
Ritengo siano quattro le indicazioni che ci vengono dai Contadini del Sud, dal metodo e più in generale dalla figura e dalla vicenda di Scotellaro e che possono essere utili per studiare la realtà dell’agricoltura di oggi.
Scotellaro era dalla parte dei contadini, dei poveri, degli oppressi, dei subalterni. Era un politico, un militante, prima ancora che un ricercatore
Primo: Scotellaro era dalla parte dei contadini, dei poveri, degli oppressi, dei subalterni. Era un politico, un militante, prima ancora che un ricercatore. Si riteneva parte del mondo contadino, che amava e per il quale desiderava riscatto ed emancipazione. Questi ideali guidavano anche la sua azione di ricerca.
Secondo: questa partigianeria non impediva a Scotellaro di criticare anche aspramente i contadini e le loro organizzazioni di sinistra, di cui egli stesso faceva parte. Ancora di più, non comportava che, nella sua ricerca, Scotellaro raccogliesse soltanto storie di contadini già impegnati e militanti o che desiderasse nascondere aspetti non graditi al movimento contadino, e questo fu uno degli aspetti che gli costarono critiche molto aspre da parte dei dirigenti e degli intellettuali legati al Pci. I Contadini del Sud mostrano il tentativo (riuscito) di non ridurre a unità il mondo contadino, ma di comprenderne la varietà di ambienti, figure, culture, orientamenti politici e religiosi. In questo, Scotellaro seguiva appieno la lezione di Rossi-Doria, che approfondì le differenze tra le tante agricolture del Sud, a partire dalla famosa distinzione tra l’agricoltura della “polpa” e dell’“osso” del Sud Italia (le pianure costiere e le aree interne e montane). Un’attenzione necessaria anche per la costruzione di un movimento di lotta, in quanto consentiva di comprendere le motivazioni per le quali in alcune zone i contadini aderivano in massa ai sindacati e ai partiti di sinistra, mentre in altre dominavano le organizzazioni legate alla Dc.
Terzo: Scotellaro non aveva paura di “sporcarsi le mani” con l’amministrazione della cosa pubblica. Fu sindaco, e l’esperienza di sindaco gli costò il carcere. La sua ricerca era anche finalizzata a costruire politiche più giuste per i contadini; una delle esperienze che Scotellaro dichiarava essere state più formative fu la partecipazione nel 1950 alla stesura del Piano regionale di sviluppo per la Basilicata commissionato dalla Svimez, in cui si occupò di scuola e sanità. Anche rispetto a questo è evidente l’affinità con Rossi-Doria, che in quegli anni aveva contribuito in prima persona alla realizzazione della riforma agraria, senza che questo facesse venire meno la sua volontà di criticarne moltissimi aspetti ed esiti.
Quarto: Scotellaro aveva la capacità (e si prendeva la responsabilità) di conferire un aspetto letterario alle storie di vita raccolte (peraltro Vitelli, nell’introduzione al volume, nota come uno dei primi antecedenti di Contadini del Sud siano probabilmente le Memorie di una contadina raccolte e trascritte da Tolstoj), di rivederle in parte, senza cambiare il senso di quanto in esse veniva espresso. Una capacità che veniva, credo, non da una riscrittura posteriore, ma dal confronto continuo, onesto e paritario con i contadini dei quali raccoglieva la biografia.
Queste caratteristiche mi pare facciano di Rocco Scotellaro una figura in parte differente rispetto agli altri intellettuali, a lui affini, che in quegli anni usavano le storie di vita e l’inchiesta per raccontare i mondi contadini e marginali italiani: l’Inchiesta su Orgosolo di Franco Cagnetta (1954), i Banditi a Partinico (1955) e l’Inchiesta a Palermo (1956) di Danilo Dolci, i Minatori della Maremma di Carlo Cassola e Luciano Bianciardi (1956), Milano, Corea di Franco Alasia e Danilo Montaldi (1959), le Autobiografie della Leggera dello stesso Montaldi (1961). E, ancor più, lo differenziano da quanti hanno usato le storie di vita soltanto come metodologia accademica, sebbene vi siano esempi molto alti di ricerche sociologiche basate sui materiali biografici, da Il contadino polacco in Europa e in America, di William I. Thomas e Florian Znaniecki (1918), una delle ricerche fondative della sociologia statunitense, fino a La misère du monde (1993, recentemente tradotto in italiano da Mimesis), un lavoro collettivo coordinato da Pierre Bourdieu, affresco imponente delle classi povere e subalterne francesi.
Cosa vuol dire “contadino” oggi? Come distinguerlo da un “imprenditore agricolo”? Come distinguere agricoltura industriale e agricoltura contadina?
Soprattutto, queste caratteristiche costituiscono indicazioni per studiare il mondo contadino, l’agricoltura e le aree rurali oggi, cosa non meno complicata di quanto fosse negli anni Cinquanta. Cosa vuol dire “contadino” oggi? Come distinguerlo da un “imprenditore agricolo”? Come distinguere agricoltura industriale e agricoltura contadina? Come farlo in un paese come l’Italia, in cui i lavoratori agricoli sono una percentuale infima della popolazione, in cui il cibo si compra al supermercato, in cui lavorano soprattutto immigrati (mentre negli anni Cinquanta erano gli stessi contadini a emigrare!), in cui la crisi dell’agricoltura industriale ha fatto tornare di moda la parola “contadino” dopo averla spazzata via (contadino era Il mondo dei vinti raccontato da Nuto Revelli già negli anni Settanta), in cui, da Nord a Sud, molti abitanti delle aree rurali votano la Lega di Salvini? E come studiare gli effetti distruttivi della liberalizzazione dei mercati internazionali e del land grabbing sulle comunità contadine del Sud del mondo, tenendo conto peraltro che il movimento più grande del pianeta è un movimento contadino, La Via Campesina?
Le campagne di oggi sono enormemente cambiate rispetto a quelle che percorsero Scotellaro, Rossi-Doria, Levi. Per Rossi-Doria e Scotellaro l’agricoltura contadina era da modernizzare, la miseria in cui vivevano i contadini era uno scandalo insopportabile. Oggi l’idea della modernizzazione dell’agricoltura ha creato disastri e viene criticata perché rende – ancora una volta – vulnerabili gli stessi contadini rispetto agli attori più forti nei sistemi agroalimentari; torna d’attualità l’idea di una agricoltura povera, basata sul lavoro invece che sulle tecnologie, sulla piccola proprietà invece che sulle grandi aziende, sulla diversificazione e sulla multifunzionalità invece che sulla specializzazione e sulle economie di scala.
Nonostante queste differenze, però, le indicazioni che ci vengono da Scotellaro sono utili per ricercatori, militanti, amministratori, politici, scrittori: essere dalla parte dei contadini e intrattenere un confronto continuo e critico con loro; cercare di comprendere la varietà dei mondi contadini anche e soprattutto in quegli aspetti che non sono “comodi” per le nostre idee politiche; non temere di sporcarsi le mani con la politica e l’amministrazione; approfondire le caratteristiche di poesia che si trovano nelle biografie dei contadini.
D’altra parte, come nota Vitelli nell’introduzione al volume, in Scotellaro era acuta la consapevolezza che il mondo contadino, sebbene povero e attraversato da fortissime disuguaglianze sociali, fosse caratterizzato da un legame profondo con la terra. Con uno spirito che oggi potremmo definire ecologista e ambientalista, egli auspicava, e lottava per, uno sviluppo equilibrato e attento al territorio, oltre che alla dignità del lavoro. Una consapevolezza, e una lotta, tanto più necessarie oggi.
Disegno tratto da Sniff di Antonio Pronostico e Fulvio Risuleo (Coconino press 2019)