Gli Asini - Rivista

Educazione e intervento sociale

  • Chi siamo
  • Rivista
  • Abbonamenti
  • Chi siamo
  • Rivista
  • Abbonamenti

Gli eterni cantieri del Tav

Foto di Camillo Pasquarelli
31 Maggio 2021
Enzo Ferrara

Nonostante i ricorrenti articoli di spalla della stampa torinese, che la vorrebbero apatica e arrendevole, la Valle di Susa non è rassegnata al Tav. Il 15 aprile ha festeggiato gli arresti domiciliari concessi dopo 7 mesi di carcere a Dana Lauriola, l’attivista condannata a due anni di reclusione per una protesta sulla Torino-Bardonecchia, quando i NoTav nel 2012 occuparono il casello di Avigliana. Dana usava un megafono per spiegare agli automobilisti le ragioni della manifestazione e incorreva così nei reati di “violenza privata” e “interruzione di servizio di pubblica necessità” senza riconoscimento delle misure alternative e l’aggiunta successiva all’arresto di alcuni giorni di carcere per un reato analogo commesso con l’uso di un megafono – in regime quindi di “continuazione” con la sentenza precedente – durante un presidio al Palagiustizia di Torino nel 2013 sfociato in scontri con le forze dell’ordine.

La pessima notizia era arrivata pochi giorni prima, la notte fra il 12 e il 13 aprile, con lo sgombero del presidio locale – ricostruito a tempo di record il 25 aprile di fronte al cantiere, “per unire le resistenze di ieri e di oggi” – e nuovi scontri culminati il 17 aprile con una manifestante colpita al volto da un lacrimogeno nel comune di San Didero (l’antichissima chiesa del paese è dedicata a San Desiderio, Vescovo di Langres) nel pianoro in testa alla bassa valle, fra Bruzolo e Borgone. Qui è previsto un nuovo autoporto che andrà ad aggiungersi a quelli di Orbassano, 30 km a valle, e San Giuliano di Susa, 15 km a monte, per le operazioni doganali dei Tir prima del transito transfrontaliero.

Fra le incongruenze contestate dai NoTav c’è il fatto che il nuovo cantiere sorgerebbe sullo stesso sito di un autoporto realizzato negli anni ’70 per smaltire il traffico alla dogana torinese, ma praticamente mai sfruttato a causa della costruzione dopo meno di un decennio dell’analogo sito di San Giuliano. L’area cementificata fu rapidamente abbandonata e ridotta a discarica in un territorio già contaminato da acciaieria-fonderie nate durante il boom economico, mai bonificate e fallite nel nuovo millennio.
L’apertura del nuovo cantiere suggerisce gli scenari futuri in valle. Secondo i promotori, il territorio di San Didero è una scelta obbligata a causa della pesante “infrastrutturazione” della bassa valle: la piana dove sorgerà l’autoporto è infatti tra i pochi spazi liberi, uno dei pochi dove ancora esiste un bosco. Inoltre, il nuovo autoporto è necessario in previsione della trasformazione di quello di San Giuliano in “Stazione internazionale dell’Alta Velocità”, un’opera che rischia di diventare una cattedrale nel deserto.

Immaginando vent’anni di lavori, serviranno centinaia di automezzi al giorno su ogni versante, italiano e francese.

Le amministrazioni e le comunità locali sono preoccupate, soprattutto perché sono mantenute all’oscuro di ogni iniziativa. I sindaci non sono stati avvisati dell’imminenza delle recinzioni né dell’impressionante dispiego di forze militari – più di 70 veicoli di polizia con altrettanti mezzi per i lavori – mobilitate di notte durante il coprifuoco per la pandemia, palesando così un conflitto stabilito a priori con la popolazione e sostituendo a ogni trattativa l’ampio uso di lacrimogeni sparati anche ad altezza d’uomo.

Si mantiene poi l’estrema incertezza sul progetto complessivo: ancora non è nota la data di inizio lavori del tunnel di base e già si chiedono nuovi finanziamenti, 750 milioni circa, all’Ue per la tratta italiana da Bussoleno a Torino. Il Piemonte non ha potuto inserirli fra quelli richiesti per le migliaia di cantieri previsti nel Recovery Plan, spingendo i responsabili di Telt (Trans Europe Lyon Turin) a lamentarsi per la disattenzione dei governi in Italia e in Francia.

Nello stesso luogo della Stazione internazionale, secondo indiscrezioni, dovrebbe essere installato anche un deposito per l’annoso problema dello smarino: 18 milioni di metri cubi circa di rocce da estrarre lungo i 57 km del tunnel e da smaltire con 6 milioni di viaggi/camion complessivi. Immaginando vent’anni di lavori, serviranno centinaia di automezzi al giorno su ogni versante, italiano e francese. Questo deposito era previsto a Salbertrand, in alta valle vicino al cantiere di Chiomonte dove sorgerà comunque una cava per la produzione di materiale edile funzionale al tunnel; ma a causa della presenza di tonnellate di rifiuti con rocce amiantifere e altri inquinanti ancora da bonificare, lì trasportati illegalmente e abbandonati nel silenzio delle amministrazioni comunali precedenti, il sito di Salbertrand potrebbe non essere disponibile per depositare lo smarino nei tempi previsti dal progetto.

San Didero, San Giuliano, Chiomonte e Salbertrand ospiteranno quindi per molti anni cantieri a cielo aperto, con traffico di mezzi pesanti e con tutti gli impatti associati sulla mobilità, l’ambiente e la salute dei residenti. Il risultato di tanta confusione progettuale, sostenuta ormai solo con la forza, è una nuova mobilitazione della Val di Susa che ironicamente si dà già appuntamento per il prossimo cantiere nel 2031, dopo l’annuncio del progetto (1991), l’accordo con la Francia (2001), l’apertura dei cantieri di Chiomonte (2011) e San Didero (2021): 30 anni di sprechi, inquinamenti e lotte senza che sia stato scavato un metro della galleria progettata per il tunnel di base.


Questo articolo è disponibile gratuitamente grazie al sostegno dei nostri abbonati e delle nostre abbonate. Per sostenere il nostro progetto editoriale e renderlo ancora più grande, abbonati agli Asini.


info@gliasini.it

Centro di Documentazione di Pistoia

p.iva 01271720474 | codice destinatario KRRH6B9

Privacy Policy – Cookie Policy - Powered by botiq.it