La parola fame. Un alieno sentito dire per gli italiani dell’ultimo sessantennio, ma esperienza di vita per molti della generazione nata tra gli anni quaranta e cinquanta del secolo scorso, nella finitezza di una sola esistenza convivendo mondi completamente opposti: quello autarchico e indigente “dell’antichissima sapienza e del paziente dolore” della civiltà contadina – parole di Carlo Levi nella prefazione a Cristo si è fermato a Eboli-, e la spaesante globalizzazione del postmoderno. Che spesso traumaticamente confliggono.