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Assicurazioni: tornare alla mutualità

1 Giugno 2022
Giovanni Notarangelo Nico Benettazzo Mimmo Perrotta

di Nico Benettazzo incontro con Giovanni Notarangelo e Mimmo Perrotta

Aress è una agenzia assicurativa, nata nel 2012 all’interno di una cooperativa sociale, Lo Scoiattolo, in provincia di Bologna, su suggestione e imitazione di quello che stava facendo Caes (Consorzio assicurativo etico-solidale), che negli anni Novanta è stato il primo operatore economico che ha introdotto i concetti di equità e di eticità nel mondo delle assicurazioni. Oggi Aress ha circa 900 soci e la sua esperienza può aiutarci a comprendere come redistribuire alla collettività la ricchezza prodotta attraverso il mutualismo assicurativo.

La storia di Aress – Assicurazione delle reti etico solidali e sociali – comincia nel 2012, a partire da una insoddisfazione personale e lavorativa in relazione al mondo delle assicurazioni. Fin dall’inizio ci colpiva che ci potesse essere accanto a una Banca Etica anche una assicurazione etica; ma che senso si dovesse dare alla parola “etico” non ci era ancora chiaro. Ci piaceva il fatto che si potesse fare assicurazioni in altro modo, con prodotti chiari, con una trasparenza nel rapporto fra cliente e assicuratore. Molto, da quello che capimmo subito, è incentrato sul prodotto assicurativo in sé, che sia fatto bene, etico, trasparente e il più possibile a favore dell’assicurato; ma anche con concetti di mutualità spinti: per dirne una, non fare differenza tra chi fa un lavoro manuale e chi fa un lavoro non manuale a livello di polizza infortuni.
Quello che ci differenzia da Caes è che noi ci siamo dati delle dimensioni territorialmente più piccole: Caes nasce in provincia di Milano ma ha una dimensione molto più ampia, mentre noi abbiamo deciso di avere un raggio di azione limitato alla provincia di Bologna. Questo per due motivi, che si sono precisati nel corso degli anni. Il primo è che fin dall’inizio noi abbiamo messo al centro del nostro progetto la mutualità insita nelle assicurazioni e la mutualità, a nostro avviso, ha bisogno di partecipazione, di contatto, ha bisogno cioè che le persone che aderiscono – a qualsiasi forma di mutualità – possano anche in qualche modo viverla attraverso le relazioni e quindi in una dimensione che permetta l’incontro. Dimensioni grandi non avrebbero la capacità di sostenere quello che vuol fare un’agenzia di mutualità assicurativa.

La seconda caratteristica importante è che abbiamo costituito un’associazione, l’Associazione Luoghi Comuni, che riunisce tutti gli assicurati: tutti i nostri assicurati non sono clienti ma soci. Per noi non sono pensabili sicurezza e protezione al di fuori di una collettività che si riconosce. Quindi l’Associazione è un rimando, anche simbolico, alla collettività intesa nel suo insieme, che, attraverso strumenti e magari anche un po’ di autorganizzazione, si protegge. I soci partecipano essi stessi alla costruzione della mutualità e quindi della propria protezione. L’assicurazione non la interpretiamo come un servizio che io acquisto: “vado dove mi costa meno, perché sono più bravi o perché mi danno più garanzie”; piuttosto, i prodotti assicurativi sono una esplicitazione della mutualità e della partecipazione.

Chiaramente queste idee vanno tradotte in strumenti assicurativi, che non siamo noi direttamente a creare. Aress è una agenzia – cioè chi è a contatto con l’assicurato, propone le polizze e raccoglie i premi – che si appoggia per il 99% ad Assimoco. Assimoco sta per Assicurazioni movimento cooperativo ed è una compagnia di dimensioni medio-piccole nata alla fine degli anni Settanta da Confcooperative (il mondo delle cooperative “bianche”, mentre Unipol era fatta dalla cooperazione “rossa”), e dalla rete delle banche di credito cooperativo. Ora queste distinzioni tra “bianchi” e “rossi” non ci sono più, ma Assimoco ha sempre avuto un profilo più basso e dimensioni più contenute rispetto a quello che poi è diventato Unipol; sono ambienti totalmente diversi. Ora Assimoco è partecipata dal mondo delle cooperative che fa capo a Confcooperative, dal Fondo Sviluppo e, con la maggioranza, dal mondo della cooperazione tedesca.

Aress nasce attraverso un investimento da parte della cooperativa sociale Lo Scoiattolo: non è un caso che sia una cooperativa sociale, che è fondata sulla mutualità e sulla solidarietà, a estendere questa mutualità con uno strumento assicurativo. La nostra attività iniziale si è rivolta ad altre cooperative sociali: ci siamo presentati come una cooperativa sociale che propone una assicurazione a un’altra cooperativa sociale, quindi la condivisione di valori veniva prima dell’acquisto del prodotto. E tutt’oggi metà delle polizze che raccogliamo è contratta da cooperative sociali, per lo più medio-piccole.
Oggi abbiamo circa 900 soci-clienti e almeno 2.500 polizze (ci sono cooperative sociali che stipulano molte polizze), il che vuol dire incassi lordi annuali per quasi 900.000€ (nel 2021) e delle “provvigioni”, cioè delle entrate, pari a 120-130.000€, con cui nel 2021 abbiamo pagato gli stipendi a quattro persone, che nel 2022 sono diventate cinque – due part-time e tre a tempo pieno – riuscendo a produrre degli utili che vanno anche a bilanciare altre attività della cooperativa.

Un’altra caratteristica è che siamo tutti dipendenti: non c’è nessuno che lavora “per provvigioni”, quindi che è spinto a vendere più polizze per guadagnare di più. Questa modalità è molto usata in ambito assicurativo, ma noi abbiamo scelto di non adottarla.
Naturalmente, i prodotti assicurativi che offriamo devono essere accettabili dal punto di vista economico nel contesto di ristrettezze in cui viviamo. Ci sono compagnie assicurative molto aggressive da questo punto di vista; noi vogliamo uscire dalla logica dell’offerta al ribasso, pur facendo in modo che i costi siano contenuti. Spesso le nostre polizze costano meno rispetto ad altre agenzie e questo è possibile per almeno due motivi. Il primo è che Assimoco è una compagnia che sta – diciamolo così – nel mercato e propone delle tariffe confrontabili. Ad esempio, i prodotti di Assimoco dedicati alle cooperative sociali sono molto buoni, sia per le cooperative di tipo B che di tipo A per le attività di tipo socio-sanitario, le Rsa, le cooperative che lavorano con i bambini. Il secondo motivo è che i nostri soci-clienti sono persone che impostano la propria relazione con il mondo e con gli altri all’insegna di valori di trasparenza, di collaborazione, di onestà, di attenzione. Questo ha fatto sì che – pur avendo dovuto affrontare anche sinistri importanti – noi abbiamo avuto nel tempo un rapporto buono tra denaro incassato in premi e denaro speso per pagare i sinistri. Noi siamo una piccolissima realtà, ma se faccio una somma di tutto quello che abbiamo incassato e speso in questi dieci anni posso dire che abbiamo arrecato alla compagnia dei buoni guadagni.

Questo ci porta a dire che non sarebbe impossibile l’idea di una compagnia di assicurazione legata esclusivamente al mondo dell’economia solidale, in cui molti nuclei di mutualità assicurativa come il nostro si mettano assieme ma conservino una loro autonomia e una loro capacità gestionale. Qualche anno fa ci abbiamo pensato, assieme a realtà simili alla nostra, ma forse non ci sono più, oggi, le condizioni, né forse le persone, che ci sono state venti-venticinque anni fa quando è nata Banca Etica. Va anche detto che nel frattempo Assimoco ha fatto dei passi avanti all’insegna della trasparenza, nel darsi una caratterizzazione sociale che non è solo una tinteggiatura e creando prodotti per le realtà del Terzo Settore (il settore EticaPro). Anche se si deve ancora migliorare, soprattutto nel senso di non pensare solo ai prodotti, ma al rapporto con gli assicurati.

È ovvio che per costruire qualcosa che somigli a una sorta di federazione di centri di mutualità assicurativa sparsi in tutta Italia ci sarebbe bisogno di una struttura di supporto. L’attività assicurativa è complessa, ma non così indecifrabile, al punto in cui siamo arrivati. Il concetto di base è che lo stare insieme è la soluzione alla impotenza del fare da soli. E quindi, nel campo assicurativo, il poter mettere insieme delle risorse in grado di sopperire all’imprevisto del singolo.

Come funzionano le compagnie assicurative?
Il motore economico di ogni assicurazione è la mutualità, anche se questo non è mai pubblicizzato e mai evidenziato. Anche le grandi compagnie assicurative di oggi si fondano sulla mutualità e sulla gestione oculata della mutualità. Il meccanismo è che più una compagnia è diffusa e conosciuta, più viene quotata in borsa, più acquista credibilità, e più la gente – detta in modo troppo lineare – aderisce attraverso un prezzo basso alla compagnia. Ma se non ci fosse la compartecipazione di tutti gli assicurati, l’assicurazione non avrebbe le risorse economiche per poter pagare i sinistri. Meno sinistri paga, più raccolta premi fa, più gli azionisti guadagnano. Le assicurazioni saltano quando sono più i sinistri da pagare che le risorse entrate. Ma non è successo quasi mai in Italia. Con questo meccanismo della mutualità si produce ricchezza. E questa ricchezza, in questo momento, va solo all’assicurazione e cioè ai suoi azionisti.
Quando un’agenzia assicurativa va bene – cioè fa molte più polizze, raccoglie molto più denaro di quello che poi quell’agenzia spende per pagare i sinistri –, le compagnie spesso la premiano, dando indietro qualche “punto di provvigione” in più. Questo denaro, quindi, non va alla collettività, ma all’agente assicurativo, all’agenzia che “è stata brava”, spostando l’attenzione sul fatto che chi paga i sinistri sarebbe l’assicurazione, non la collettività che mette insieme il denaro.
Ad esempio: l’agenzia incassa 100, spende il 60% in sinistri e la compagnia le dà indietro un altro 5%. Voi chiederete: e il restante 35% a chi va? Beh, dopo le spese dalla struttura della compagnia, gli stipendi (non dimentichiamo che i dipendenti vengono pagati poco e i dirigenti vengono pagati molto e che ci sono degli stipendi che a volte sono degli scandali, nell’ordine di milioni di euro, quando si parla dei manager delle grandi compagnie assicurative), il resto, cioè il margine operativo, un po’ viene usato per gli investimenti e il resto va agli azionisti.

Restituire la ricchezza alla collettività
Noi vorremmo fare in modo che, quando il meccanismo della mutualità produce più ricchezza di quella necessaria per pagare i sinistri, questa venga ridata agli autori stessi della mutualità: agli assicurati, alla collettività. Non intendiamo una forma di filantropia: quella può farla quasiasi tipo di attività. Noi siamo in una situazione un po’ diversa: l’assicurazione dovrebbe concepirsi come gestore di una mutualità che non è formata dall’assicurazione stessa, ma dagli assicurati. Qualora avessi una rimanenza di ricchezza perché ho pagato meno sinistri, li rido alla collettività non perché sono buono, bensì perché questa ricchezza è della collettività, l’ha prodotta la collettività. La collettività era stata prudente, aveva accantonato più denaro, è accaduto che non è servito tutto quel denaro, bene, lo riporto indietro.
Allora, come lo riporto indietro? Si può fare una riduzione di costo l’anno successivo (dopo aver accontanto le riserve, dopo aver fatto tutto quello che la legge prevede), oppure si possono sviluppare altri progetti di mutualità.

Questo vuol dire riconoscere gli autori reali della mutualità, cioè gli assicurati, che a questo punto non sono più gente che non si conosce, persone che non hanno nessun legame se non quello dello scambio economico. Non stiamo parlando di cifre che possano cambiare chissà quali destini, ma di un principio, sapendo che comunque potrebbe anche non prodursi alcuna ricchezza, dopo aver rimborsato tutti gli incidenti e pagato tutti i lavoratori – e sarebbe comunque la realizzazione del principio della mutualità.
Oggi in Italia non c’è neanche una assicurazione che fa questo ragionamento.
Noi stiamo mettendo in atto un processo di “restituzione” alla collettività di questa ricchezza che la compagnia ci restituisce. Lo abbiamo fatto ad esempio con Mag6 di Reggio Emilia (per il loro progetto di “sostenibilità condivisa”), con l’emporio cooperativo Camilla di Bologna, con la Cooperativa Sargo di Rimini e vorremmo farlo con ogni gruppo con cui entriamo in relazione.

Se noi ci sentiamo – come assicurazione – dei gestori della mutualità altrui, dobbiamo anche accettare che la collettività controlli e chieda conto di come quella mutualità viene organizzata.
Il progetto che stiamo facendo partire a Monzuno – un piccolo comune dell’Appennino bolognese dove la nostra cooperativa sociale ha una sede – ha proprio questo obiettivo. Finora la nostra collettività è fatta di persone che si riconoscono negli stessi valori, dell’economia solidale in particolare; vorremmo provare a fare questo ragionamento a una comunità territoriale, inteso anche come animazione di un territorio, sollecitazione della partecipazione. La chiave del progetto è il fatto che questa collettività si incontri proprio per discutere come utilizzare il “surplus” nato dal mutualismo assicurativo, per cui non siamo noi come agenzia a decidere, ma la collettività. È previsto un “animatore” della partecipazione. Stiamo cercando l’appoggio delle associazioni e delle organizzazioni del territorio, dell’amministrazione, delle realtà economiche e, perché no, anche delle altre compagnie assicurative presenti; il meccanismo non è escludente, l’importante è che ci sia trasparenza.
Il punto non è appoggiare l’assicurazione, ma la partecipazione e la auto-organizzazione attraverso modelli di mutualità all’interno di una collettività.


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