A Gricignano si spara agli immigrati
Mi incontro con Nicola Alfiero alla stazione di Aversa, parlare con lui è come parlare con un pezzo di storia del territorio, storia che passa per gli ultimi, per i i ribelli, per gli abusivi. Ecco infatti come risponde al mio scherzo “Nicò ti sto registrando.. tutto quello che dirai potrà essere utilizzato contro di te”. “Contro di me? Meno male”, ribatte lui.
C’è una dimensione spirituale in persone come Nicola che mi fa pensare a quello che Pasolini diceva di sé scrivendo “Non ho vergogna dei sentimenti”, una dimensione dove l’umano è vissuto con intensità dentro quella che Nicola definisce “La solidarietà per il cambiamento”. Lui e sua moglie hanno iniziato ad Aversa negli anni Ottanta la loro “attività senza specializzazione rivolta a ogni tipo di esigenza”, dedicandosi alla cura di persone in difficoltà che non avevano nemmeno bisogno di bussare alla porta della loro casa perché questa era sempre aperta.
“Comunità terapeutica è una definizione superflua”, mi spiega questo uomo dal fisico minuto e dall’energia vulcanica “La comunità è di per sé terapeutica. Noi siamo stati sempre aperti alle problematiche del nostro territorio e, a seconda di quello che veniva – infanzia, disabilità, tossicodipendenza, immigrazione- cercavamo delle risposte. Operavamo inventandoci delle fonti di sostentamento, durante le festività vendevamo dei manufatti artigianali prodotti da noi e intanto vivevamo del lavoro individuale, io sono perito industriale e un impianto elettrico da riparare non mi è mai mancato. Oggi sento parlare solo di sportelli, con sociologi e psicologi e avvocati con i loro orari predefiniti e inviolabili, con stipendi e costi consistenti con cui noi potremmo mettere su il triplo di servizi che offrono loro. È diventato un mercato, un business in cui collocare al lavoro le proprie schiere di operatori e quindi non è un caso che sia accaduto quello che è accaduto a Gricignano”.
Gricignano
Sette miglia romane separano Gricignano d’Aversa da Capua: questo spiega il VII che campeggiava nell’antico stemma della cittadina campana situata in provincia di Caserta; la sua origine risale all’inizio del primo millennio, all’epoca dell’imperatore Tiberio. Intorno a questa piccola cittadina di 12mila abitanti, nelle terre che furono della Campania Felix, cresce l’uva maritata, quella che si stende tra i pioppi e con cui si fa il vino asprino, qui troneggia la mozzarella aversana ma si producono anche scarpe di lusso sulla base della tradizione della concia e della pelletteria. La creazione di un polo calzaturiero negli anni novanta ha avuto vita breve, le singole aziende fanno fatica a emergere pur basandosi su un’eccellente manodopera a basso costo, sopravvivono perché da qui le grandi griffe – Gucci, Prada – si fanno fornire le scarpe ma sottobanco. Nata sotto l’influenza dell’Impero Romano, Gricignano oggi ospita il capitalismo e il Pentagono americani, qui infatti ha sede uno dei centri operativo Nato, l’Us Navy support site, mentre nelle vicine Carinaro e Teverola gli stabilimenti della ex Indesit appartengono oggi alla statunitense Whirpool che però le manda avanti con un Contratto di Sviluppo sostenuto dal governo italiano. Ma fino a pochi anni fa l’altro impero che qui dominava era quello del clan dei Casalesi, i quali, oltre a creare un sistema di tangenti hanno investito in attività commerciali poi in gran parte sequestrate dalla magistratura, specie nel polo calzaturiero che infatti non si è mai sviluppato. In quest’area, come in molte del sud, ogni abitante è in balia di tre forze: dei padroni, della criminalità organizzata e dello Stato, forze che non raramente sono risultate alleate tra loro e la cui autorità è proporzionale alla mancanza di lavoro sul territorio.
Quello che è accaduto
La sera di venerdì 10 novembre 2017, a Gricignano D’Aversa, vengono sparati due colpi di pistola. Armato di una calibro 38, Carmine Della Gatta mira al volto di Bobb Alagiee, un diciannovenne del Gambia; il primo dei proiettili si infila nella bocca del ragazzo, il secondo va a vuoto. Se Carmine Della Gatta non esplode un terzo proiettile è forse perché l’amico che è con lui, come raccontano i testimoni, lo trascina via mentre tutt’intorno è un impazzare di grida, di fughe e di fiamme da uno degli edifici davanti a loro. Della Gatta, un quarantatreenne di Carignano, noto imprenditore, è il proprietario di quegli edifici che si ergono oltre un’alta recinzione in ferro, sono 12 casette a due piani adibiti a Centro temporaneo di accoglienza (Cat), una struttura ai margini della cittadina che ospita 150 migranti in maggioranza africani. Il centro è gestito dal consorzio di cooperative La Vela, di esso è socio Della Gatta che infatti è lì per ristabilire l’ordine: chiamato dagli operatori è accorso armato di una pistola, un’arma non dichiarata. Quando, tre ore dopo, l’aggressore si consegna ai carabinieri, questi rinvengono a casa dell’uomo 4 fucili e 2 pistole regolarmente detenute; i testimoni di quella drammatica scena affermano che Della Gatta è sceso dall’auto, ha colpito alla testa Alagiee con il calcio della pistola e poi ha sparato ad altezza del viso del ragazzo, in una vera e propria esecuzione; il primo dei due proiettili gli ha attraversato la bocca aperta e si è conficcato nella sua gola, a pochi millimetri dal midollo spinale. Una settimana dopo, il magistrato che conduce l’inchiesta revoca gli arresti domiciliari concessi a Della Gatta e lo manda in carcere: l’accusa è di tentato omicidio, il ragazzo gambiano lotta ancora tra la vita e la morte, esaminando i fatti il magistrato non ha creduto alla versione fornita dall’aggressore. Quando questi si è costituito, mostrava un’evidente ferita allo zigomo sinistro, che a suo dire sarebbe la prova che ha dovuto sparare per difendersi dalla violenza del giovane; ci sono però sospetti che quella ferita se la sia procurata da sé, in seguito, per crearsi un’attenuante: in quelle ore infatti la sorte della vittima è ancora incerta, l’imprenditore di Gricignano crede di aver fatto il morto. Della Gatta dice di essere accorso armato nell’eventualità di doversi difendere, sapeva che nel centro era in corso una protesta, gli operatori al telefono gli avevano detto che era stato appiccato un incendio in uno dei residence, quello che ospitava Bobb Alangiee, uno che già da tempo stava creando problemi. Quella sera Bobb è andato oltre, forse proprio lui ha incendiato delle lenzuola e ha gridato agli altri di uscire dal centro, di fuggire. Da mesi gli ospiti sono insoddisfatti delle condizioni in cui vivono, per se stesso Bobb lamentava la mancanza di un’adeguata assistenza medica per una ferita riportata alla testa settimane prima. Secondo alcuni operatori Bobb è uno psicopatico, secondo altri è un facinoroso, per i suoi compagni invece è solo vittima dello sfruttamento del lavoro, la ferita gliel’hanno causata gli sgherri di un caporale per il quale andava a raccogliere nei campi finché ha avuto una discussione sull’orario massacrante di lavoro. Mesi prima Bobb, mentre era in bici su una strada provinciale, era stato investito da un’auto poi fuggita via; in quell’occasione era stato portato al pronto soccorso ma in genere l’assistenza medica ai migranti veniva svolta nel presidio medico all’interno del centro, come del resto sollecitano a fare le linee guida governative per la fase di prima accoglienza. Il sovraffollamento della struttura, la qualità del cibo offerto e la scarsa assistenza erano da tempo oggetto di contestazione da parte dei migranti del centro di accoglienza temporaneo di Gricignano, fino a quel 10 novembre in cui Della Gatta si precipita davanti gli edifici di cui è proprietario con in mano una pistola illegalmente detenuta e riduce in fin di vita Alagiee, secondo lui un facinoroso. Agisce come fosse un killer verso uno dei giovani che un contratto col Ministero dell’Interno lo obbligava ad accogliere e tutelare.
L’accoglienza in Italia
Dal 2001 l’Italia si è dotata di un Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati in Italia – Sprar – è un sistema di seconda accoglienza gestito da Enti locali e prefetture, vi accedono gli immigrati che hanno superato il primo vaglio presso gli hot spot e i centri temporanei come quello di Gricignano. Da quando, nel 2014, i flussi sono aumentati per l’emergenza umanitaria, questo sistema è ingolfato, e quindi i tempi di permanenza della prima accoglienza si sono enormemente allungati creando ulteriori disagi nella già non efficace gestione dell’immigrazione. In pratica, l’Italia ha un sistema a gestione pubblica dei flussi per la seconda accoglienza – in partenariato con soggetti del terzo settore – mentre delega al settore privato la prima accoglienza attraverso gare d’appalto la cui assegnazione è determinata dall’offerta al risparmio. Da tempo, realtà di movimento come la rete “Lasciateci entrare” lamentano la mancanza di controlli istituzionali sulla conduzione dei centri gestiti dai privati, la stessa cooperativa La Vela di Gricignano (che gestisce altri due centri a Telese Terme e ad Acerra) nei mesi precedenti era stata oggetto di segnalazioni di abusi che però non avevano sortito effetto. Le cooperative in questione sono delle Ati, associazioni temporanee di imprese, in cui più soggetti mettono insieme le proprie competenze per offrire i servizi richiesti nelle gare d’appalto; Carmine Della Gatta aveva messo in disponibilità i suoi immobili. Dice Nicola Alfiero: “Il senso profondo del lavoro di assistenza è quello di rendersi poi inutile, di scomparire e affidare alla società stessa il ruolo di inclusione, e non attraverso un sistema di imprese. A queste non interessa il cambiamento, anzi, esse vivono sullo status quo, da una parte utilizzando operatori sottopagati e dall’altra trattando gli immigranti come una merce che garantisce danaro pubblico. Si tratta spesso di consorzi messi su ad hoc in risposta a un nuovo programma di finanziamenti che creano profitti solo per gli imprenditori passando per una schiera di sfruttati e una massa di dannati. Non voglio dire che il finanziamento pubblico è di per sé sbagliato, ma mi faccio questa domanda: come mai, dopo che sono stati previsti dei fondi per un certo ambito, allora compaiono soggetti che fino a poco prima nemmeno esistevano? Ad esempio, io che sono attivo su questo territorio da più di trent’anni, di questa cooperativa di Gricignano non ne avevo mai sentito parlare, eppure gestiva un numero consistente di utenti”. A novembre del 2017 a Gricignano sono presenti 300 immigrati: 150 nel centro di accoglienza La Vela, 60 nelle strutture definite dallo Sprar e il resto nei centri di accoglienza straordinari gestiti dalla Prefettura. L’accordo tra comuni e Viminale del 2016 ha adottato una clausola di proporzionalità che prevede circa 2,5 migranti ogni 1.000 abitanti per evitare concentrazioni eccessive, affidando ai sindaci i margini di flessibilità. I comuni che aderiscono all’accoglienza dei migranti vengono compensanti dall’invio di incentivi economici e da altre agevolazioni proporzionali al numero di accolti. Secondo questa clausola, Gricignano avrebbe dovuto ospitare circa 30 immigrati, ma in realtà ne aveva il 1000% in più, il superamento del limite suggerito era nella diretta responsabilità del Primo Cittadino, Andrea Moretti. Spulciando la cronaca locale, si può arrivare a sapere che Moretti stesso ha un processo in corso per aggressione e minacce a un commerciante della sua cittadina, per fortuna a mani nude. La tentata esecuzione di Bobb Alangiee non è nata improvvisamente in un territorio pacificato. Qui avere armi in casa è abitudine diffusa, per la caccia o per proteggere le proprietà. L’America, come detto, non è lontana, e nemmeno il familismo amorale.
Le reazioni
All’indomani della sparatoria, la comunità di Gricignano si schiera in gran parte a favore di Carmine Della Gatta, ne condanna il gesto violento ma assume che esso sia avvenuto per legittima difesa. I compaesani si identificano nell’insofferenza alla presenza di immigrati sul proprio territorio, raccontano di episodi di malcostume o di aggressività subiti, per quanto le uniche testimonianze oculari sul drammatico episodio, non solo di africani, smentiscano che Bobb Alangiee abbia aggredito l’imprenditore. Un servizio della trasmissione televisiva “Le iene” sottolinea l’assurda solidarietà della cittadina con l’arrestato, definito persona perbene dai gricignanesi: le interviste mostrate sono un’insulsa espressione di pregiudizi e di intolleranze verso la vittima, in primis quelle del sindaco e del vicesindaco che faticano a dimostrarsi diplomatici. Se non fosse per il giornalista della trasmissione, tutti ometterebbero che Della Gatta era uno dei responsabili e gestori del centro di accoglienza: la sua casa, mostrata nelle riprese tv, è una lussuosa villa con tanto di veranda di design e protetta da vigilanza privata. Intanto, ricoverato all’ospedale Cardarelli di Napoli, Bobb viene sottoposto a un delicato intervento di ricostruzione della mandibola, il chirurgo non osa tentare di rimuovere il proiettile dal midollo spinale perché l’intervento potrebbe causargli danni irreversibili al sistema nervoso, è molto probabile che il giovane dovrà tenerlo lì per tutta la vita. Scampato a un lager in Libia dove è stato rinchiuso e torturato, sopravvissuto al viaggio in gommone sulle acque del Mediterraneo per venire in Italia, qui investito da un’auto e poi percosso da dei proto camorristi, Bobb è stato ulteriormente graziato da un proiettile calibro 38 che non gli ha trapassato la testa e da un altro che gliel’ha solo sfiorata. Viene da un paese che ha subìto 22 anni di dittatura e in cui la popolazione al di sotto dei 25 anni rappresenta il 60% di quella totale e dove il reddito pro capite è tra gli ultimi al mondo. Il calibro 38 che lo ha colpito – circa 9 mm di spessore – è un calibro non molto veloce né molto preciso ma è utilizzato in pistole a tamburo che, a differenza di quelle automatiche, non lasciano bossoli a terra e che sono a volte preferite dai criminali perché le analisi balistiche non possono risalire alla pistola che ha sparato. Probabilmente un altro tipo di proiettile, più veloce e perforante, non avrebbe graziato il giovane gambiano fermandosi prima del contatto mortale; forse la scelta di Della Gatta di usare un’arma irrintracciabile, e non una della sua armeria, è andata stavolta a vantaggio della vittima. Intanto, dopo la brutta figura fatta con “Le iene”, il vicesindaco di Gricignano promuove in rete la lettera anonima di un suo concittadino, proditoriamente diretta a Matteo Salvini, il leader della Lega Lombarda: “Salve Matteo sono (…), cittadino di Gricignano di Aversa in provincia di Caserta, dove venerdi sera un immigrato ospite in un centro d’accoglienza già segnalato diverse volte alle forze dell’ordine per i continui comportamenti scorretti nei confronti di suoi connazionali e operatori della cooperativa, ha violentemente malmenato il gestore della struttura il quale ha reagito sparandolo al solo tentativo di difendersi.” Ma nemmeno Salvini stavolta osa rispondere.
Le conseguenze
Quando la notizia del ferimento passa su tutti i media, la Prefettura decide bene di revocare l’appalto alla cooperativa La Vela. Il centro viene chiuso e gli immigrati inviati in altri siti, ma i Cat di Telese Terme e quello di Acerra gestiti dalla medesima cooperativa restano aperti. Già nei mesi precedenti la rete “Lasciateci entrare” aveva denunciato le misere condizioni dei 130 ospiti del centro di Telese e addirittura la mancanza in sede di un interprete, ma la Prefettura non è mai intervenuta. Eppure gli operatori del centro di Gricignano non ci stanno, si fanno intervistare e smentiscono le critiche alle condizioni di vita nel centro, affermano di aver dato tutta l’assistenza necessaria a Bobb Alagiee e che la sua protesta era in realtà dovuta a un decreto di espulsione che lo aveva raggiunto da pochi giorni. Alagiee doveva essere rimpatriato in Gambia e non voleva? Gli amici e gli avvocati smentiscono e danno una versione completamente diversa: stanco delle vessazioni, Bobb aveva preparato la sua borsa e chiesto di essere rimandato in Gambia. Tutto tranne che restare in Italia, ma anche su questo non era stato accontentato. Inoltre, come mi spiega un amico avvocato, se pure fosse stato interessato da tale decreto, il giovane aveva ancora a disposizione tempo e modo per fare ricorso. Ma l’altra questione che preme agli operatori della cooperativa La Vela è denunciare che con la chiusura del centro loro hanno perso il lavoro, sono una ventina senza calcolare l’indotto. Non dimentichiamoci che questa è un’area dove la disoccupazione è elevata e dove lo Stato deve tenere in piedi aziende che non sono competitive mentre la camorra affossa quelle che potrebbero emergere, dove i soldi sono concentrati in poche mani e la lottizzazione è cosa antica. Qui il ricorso ad agevolazioni e finanziamenti pubblici è il perno portante del capitalismo, sempre giustificato e garantito dalla disoccupazione e allo stesso tempo utilizzando lo stesso esercito di riserva a disposizione per dettare condizioni precarie o clandestine di lavoro. È il Sud, e pare che non si possa fare niente per cambiarlo, un’area dove lo Stato ha di recente constatato la presenza di quasi due milioni di Neet (Not engaged in education, employment or training), i non raggiunti né dall’istruzione né dal lavoro e né dalla formazione, in pratica gli inoccupabili. I flussi di migranti hanno creato un afflusso di denaro europeo verso l’Italia, a contrattarlo è stato il governo Renzi: noi ci prendiamo la patata bollente, voi mandate soldi a un paese economicamente in ginocchio. I disgraziati qui almeno servono per far tirare a campare altri disgraziati… e per arricchire i più spregiudicati.
Conclusioni
Il caso di Gricignano D’Aversa non è un caso isolato, in Italia sono numerose le denunce di realtà d’accoglienza scadenti e che spesso invece di creare integrazione creano tensione tra immigrati e italiani in nome del profitto. Mai come adesso, i finanziamenti europei per l’emergenza umanitaria stanno contribuendo a riattivare la pompa di un’economia in crisi ed essendo questa la prospettiva reale di utilizzo delle risorse emergenziali, risultano più chiari i motivi per cui le istituzioni trascurano di effettuare controlli rigorosi sebbene siano spesso sollecitate a farlo. In un Paese messo in ginocchio dalla crisi finanziaria internazionale e dalle politiche di austerity, due flussi di movimenti umani danno il loro contributo a far ripartire l’economia, due flussi tra loro opposti: quello dei migranti, per lo più da sud, e quello dei turisti, per lo più da nord. Anche quest’ultimo ha avuto un boom negli ultimi anni, favorito dalla paura del terrorismo fuori dall’Europa e dalla deflazione italiana, un boom celebrato e auspicato al contrario dell’emergenza umanitaria che è vissuta come un grande sacrificio per il nostro Paese. Ma questo è solo un aspetto di una situazione utilizzata a vantaggio non tanto dei lavoratori, che operano in condizioni precarie, quanto degli imprenditori o presunti tali che investono nel settore. Ma se anche questa fosse da accettare come una declinazione della dura legge dell’economia liberista (che poi poco ha di liberista, visto il suo fondamento sulla finanza pubblica) i fatti di Gricignano testimoniano di un clima di intolleranza e di violenza diffusa, un clima manipolato da politici spregiudicati e che molto sa di fascismo.