Voci
Cristiano Poletti (Treviglio, 1976) è autore delle raccolte Mari diversi (Book Editore 2004), Non Nome (Manni 2007) e Porta a ognuno (L’arcolaio 2012). Ha diretto Trevigliopoesia, festival di poesia e videopoesia ed è redattore del blog letterario Poetarum Silva. Vive e lavora a Bergamo.
Voci
Un grande pomeriggio
arrivano col pane, mezzo pane.
Tutto il tavolo è in ordine. Da tempo
li aspettavamo. Qui
per una strana forma
di contrappasso troveranno cena
e caldo. E intanto parlano, ci dicono
di un’ombra, l’ombra scesa, che scendeva
sempre nel centro del cucchiaio.
Il cavallo del tempo è vuoto e noi
vogliamo esser riempiti.
L’oro allora si versa nella voce e l’ombra
si traduce in luce, in un fiato
venuto su dal fondo.
Forma dell’ombra, o luce, tu nell’oro
sola t’intendi, e in questa ellissi
temporale che è lotta per la vita
che è sempre e si tramanda
liberaci tu, salvaci.
Corridoio, con due citazioni
Un discorso religioso, ma niente fantasie.
In casa, una volta entrato, ho trovato
una perdita. Ora per rimediarvi
cerco il suo luogo nascosto.
Con le mani cerco, mani che hanno pensato
un fosso, un albero sul fosso, un salice
hanno toccato e hanno preso
l’estate.
Forse trovano una verità: non
nel passato, dov’è già scritta;
nemmeno nel futuro, impossibile,
il futuro è un luogo vuoto.
E trema con le mani un’ansia
per niente intelligente.
Rientro nel quadro di una casa dentro l’aria
adesso: è il nostro
Occidente.
Il respiro tornerà come all’inizio,
dove c’erano i talenti,
prima delle scale,
della porta, del corridoio.
Decalogo sei
Decalogo sei
mondo in errore
e passato.
Passate
nell’avere amato mai e sempre
voi che siete dieci
piegate
dita, un tamburellare di continuo
avete già fatto
sul tavolo, lucido.
C’è un altro posto per questo.
Sono anni, spiegatevi,
avete e avete avuto
con voi per perdere le rose
e i notturni. Sistemate
tutti
gli inversi, anni, anni
dentro sparse ore e spessore dell’aria.
Su,
benedetti, benedite
cosa aspettate
la mano con la mano.
Fine partita
Una bandiera lasciata sul campo,
abbandonata, a fine partita.
Il tifoso l’avrà dimenticata
in un eccesso di tristezza, o di gioia.
Nell’episodio pensavo a me
come oggetto smarrito della storia.
O forse è un’altra la metafora che occorre
per la stessa ragione, o religione,
ma in un ritmo diverso:
le infinite vasche
che ora nuoto e vuoto
polmoni e tossisco
sotto sopra avanti
indietro tossisco
la mia storia e tutta
la vita immortale.