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Una gigafactory a Termoli: cosa ci aspetta?

disegno di Riccardo Ricci
7 Luglio 2022
Stefania Fantauzzi

Intervista con Mimmo Perrotta

Il 25 marzo 2022, il gruppo Stellantis – nato dalla fusione tra Fiat-Chrisler Auto e il gruppo Peugeot-Citroen – ha ufficializzato l’accordo che porterà alla apertura di una “gigafactory”, ovvero uno stabilimento industriale per la produzione di batterie per veicoli elettrici, a Termoli, in Molise. Lo stabilimento sarà realizzato dalla Automotive Cells Company, un’azienda che è il frutto della collaborazione tra Stellantis, TotalEnergies/Saft e Mercedes-Benz. Nei piani di Stellantis (e del governo italiano, che ha destinato al progetto un finanziamento di 600 milioni di euro nel Pnrr), si tratta di un elemento chiave per la transizione della filiera dell’automotive alla produzione di veicoli elettrici ed è significativo che questo stabilimento apra in Italia, oltre alle due gigafactory previste in Francia e Germania.

A Termoli è presente una produzione di motori e cambi Fiat dal 1973; abbiamo chiesto a Stefania Fantauzzi, operaia in questo stabilimento, per molti anni Rappresentante Sindacale per la Fiom-Cgil e oggi militante nell’Unione Sindacale di Base (USB), di descriverci il contesto nel quale la gigafactory verrà realizzata, i rischi per il territorio e i timori degli operai in relazione alla perdita di posti di lavoro.

La Fiat in Molise

Lo stabilimento Fiat di Termoli è nato nel 1973. Un po’ come in altri casi, fu un “regalo” a questa zona prevalentemente contadina. Non so se anche qui si potesse parlare di “metalmezzadria”, come ambiente sociale, però è vero che si è trattato di uno stabilimento sempre molto inquadrato, nel quale l’azienda ha fatto di tutto, mentre tra gli operai – differentemente da altri stabilimenti – il livello di sindacalizzazione è bassissimo. Infatti, quando vengono nominati gli stabilimenti italiani, Termoli non viene mai nominata, mentre sicuramente si pensa alle carrozzerie, cioè gli stabilimenti per l’assemblaggio finale nei quali vengono mandati per esempio i nostri motori e i nostri cambi. 

Però Termoli è stata ed è un fulcro, uno stabilimento chiave di molte produzioni Fiat perchè costruisce motori e cambi per le macchine benzina e ibride (benzina-metano, benzina-gpl e ibridi elettrici): il motore 8 e 16 valvole, il motore V6 della Maserati, il motore T4 della Giulia, il motore GSE per gli ibridi elettrici, il cambio C510 per le piccole vetture e il cambio M40 per le grandi vetture. Forniamo le carrozzerie non solo italiane, ma anche estere, perchè alcuni di questi motori, ad esempio l’8 e il 16 valvole, non servono alle produzioni italiane, li mandiamo in altri paesi, ad esempio in India, perchè in Europa queste auto non possono essere vendute e anzi Stellantis paga all’UE dei soldi di penale per questa produzione, a causa delle emissioni.

Non devi immaginare questa come una fabbrica unica con una linea unica. Sono tutte fabbriche più piccole, ciascuna con alcune centinaia di operai, dentro questa zona industriale. C’è la fabbrica del motore V6, quella del motore T4, quella del cambio vecchio e quella del cambio nuovo; per ogni fabbrica ci sono le lavorazioni e i montaggi. È una realtà molto complessa, anche dal punto di vista occupazionale. I dipendenti sono oggi tra i 1.500 e i 2.000, ma ci sono produzioni che sono in cassa integrazione perenne, aree che sono in cassa integrazione a metà, e il management usa questa cassa integrazione come ricatto (“tu lavori, tu non lavori”), aree che fanno venti turni e aree che fanno diciotto turni, aree dove nonostante i venti turni si fa anche una settimana di cassa integrazione al mese e aree dove si lavora a rotta di collo. Una grande confusione. Quasi tutti i 2.000 dipendenti sono più o meno in cassa integrazione, usata spesso in maniera impropria.

Un’altra caratteristica è che, contrariamente ad altri luoghi, come Melfi, lo stabilimento non ha creato un indotto intorno. Non c’è mai stata la volontà politica di farlo. Poi c’è il tema dell’inquinamento. C’è stata un’indagine durata anni, per l’apertura di un registro tumori per la zona industriale, perché c’è anche un’industria chimica, e ci è sembrato si stesse interessando anche alla Fiat. L’indagine poi è stata bloccata. Nel luglio 2017 c’è stato un incendio che ci è arrivato dentro lo stabilimento; non sono riusciti a calmarlo e hanno dovuto evacuare gli operai che lavoravano quando la zona era tutta incendiata, è stato pericolosissimo. L’incendio è arrivato vicino ai trattamenti termici, dove c’erano bomboloni di metano. E nonostante l’incendio avevano fatto entrare tranquillamente a lavorare il secondo turno. Questo ti dice dell’atteggiamento poco reattivo dei lavoratori. Ma anche dell’inquinamento: il giorno dopo l’incendio, era pieno di fumi che non si capiva come rivenivano fuori dal terreno; incendi che non si sono spenti per giorni, uscivano di nuovo dopo le piogge. Io penso che lì sotto ci sarà sepolto di tutto. 

La gigafactory

I progetti sulla gigafactory non sono stati comunicati ai dipendenti dello stabilimento; nessuno ha convocato i lavoratori per spiegare cosa accadrà; abbiamo appreso come voi, dai mass media, le intenzioni per questo territorio. Il segretario della Fim-Cisl ha rilasciato delle dichiarazioni esprimendo anche lui dei dubbi sull’occupazione, diversamente dagli anni precedenti, dicendo che vogliono capire quanta gente ci lavorerà. Quindi non sappiamo nulla, ufficialmente; quello che ci aspettiamo da molto tempo è che da un giorno all’altro non ci facciano rientrare a lavoro in maniera strutturale.

La cassa integrazione e il fatto che il lavoro sia spesso fermo sono dovute alle esigenze produttive, nessuno ha ancora detto: “queste produzioni si fermano perchè dobbiamo fare la gigafactory”. Noi non abbiamo visto buttata giù nessuna officina, né ricostruita nessuna officina. Non ci sono state modifiche sostanziali all’interno dello stabilimento; è stato portato via qualche macchinario all’officina del cambio vecchio (che si chiama “cambio vecchio”, ma viene ancora montato su vetture nuove), ma per la gigafactory sarà necessario probabilmente modificare qualche capannone e ad oggi non c’è nulla del genere. 

Quello che pensiamo è che possano essere buttate giù le produzioni più vecchie, il cambio vecchio, l’8 e 16 valvole, quei motori che vengono mandati anche in India e in America Latina, ma sono solo ipotesi. Come in passato la Fiat, oggi anche Stellantis sembra non riconoscere che ci sia una controparte operaia e sindacale con cui discutere i progetti.

L’alluvione del 2003

Uno dei motivi per cui la scelta di Termoli per la gigafactory ci preoccupa è che qui nel 2003 ci siamo spalati il fango di un’alluvione: il nostro stabilimento è stato allagato completamente dal fango ed era irrecuperabile. La diga del Liscione, che ferma il fiume Biferno, strabordò e allagò tutta la zona industriale. Il volume dell’acqua aumentava, la diga non poteva tenere quella pressione, è uscita fuori l’acqua e ha raggiunto gli stabilimenti. La zona dove sorgono gli stabilimenti Fiat si chiama “Pantano Basso”, è una zona bonificata, cioè strappata al mare. È stata tutta alluvionata. La fabbrica che è stata sommersa è stata la Fiat, le altre industrie sono tutte leggermente più in alto, la Fiat sta proprio nella foce del Biferno. 

Già da un paio di giorni era stata data l’allerta dalla regione, ma noi abbiamo continuato tranquillamente a lavorare; io quel pomeriggio non ero al lavoro perchè avevo fatto la mattina ed è sucesso che durante il turno di lavoro la gente si è iniziata a vedere arrivare l’acqua dentro i capannoni, dal lato Sud dello stabilimento, fatto sta che però quando è arrivata l’acqua queste persone non sono state più evacuabili, perchè ormai era l’ultima parte rimasta emersa di una alluvione, fino a quando poi lo stabilimento si è proprio sommerso. Lo stabilimento, di sotto, ha tutti gli impianti, i bagni e una marea di locali sotterranei. Ci siamo ritrovati allagati mezzo metro al di sopra del pianterreno. È saltata la luce con la gente dentro la fabbrica, non si sapeva se c’era gente sotto. Sono stati proprio degli irresponsabili, perchè l’allerta c’era già da due giornate però come al solito la produzione impera. Quindi gli operai non sono stati evacuati nonostante l’allarme. Sono state salvate delle persone con elicotteri e natanti, che a distanza di 24 ore ancora erano imprigionate nello stabilimento. Non è successo nulla per un puro caso, perchè immaginati se arrivava l’acqua mentre la gente stava sotto nei bagni o negli impianti. 

In alcuni stabilimenti – ad esempio il motore 8 valvole – noi avremmo dovuto chiudere dopo quell’alluvione, perchè aveva fatto dei danni tali da non permettere la riapertura. La regione Molise dovette sborsare tantissimi soldi per riaprire.

Qui ci vogliono fare la gigafactory. Tu ti immagini che disastro ecologico che potrebbe venire fuori da un eventuale altro evento di questo genere. Ovviamente tutti risponderebbero: “no, ma adesso la diga del Liscione è messa in sicurezza”. Però sono eventi che si vanno presentando con sempre più frequenza e non lo so quanto siano gestibili. Io un’azienda chimica pericolosa non la metterei dove c’è stata già un’alluvione. 

Comunque, probabilmente il motivo per cui fanno qui la gigafactory è proprio quella diga, il fatto che qui ci sia questo grosso invaso, che probabilmente verrà usato per la lavorazione delle batterie, per cui servono grossi quantitativi di acqua. Per il territorio non sarà una goduria e se questo processo non viene gestito bene il rischio è sicuro. Su questo tema non c’è stato un dibattito.

Il ridimensionamento occupazionale

Il passaggio alla gigafactory comporterà sicuramente un forte ridimensionamento nel numero di operai occupati. Se verranno dismesse le produzioni più vecchie, mi auguro che rimangano almeno le produzioni dei motori GSE, V6 e T4, sempre che tutto vada bene, perché poi la Fiat non ha mai azzeccato una previsione di piano industriale! Quindi, se le produzioni andassero benissimo, qui ci lavorerebbero in totale circa 1.000 persone. Io credo che già da anni volessero ridurre gli occupati di Termoli a questa cifra, lo dicevamo già nel 2019, poi hanno detto che erano necessari gli esuberi per il Covid, per la guerra, per i semiconduttori: hanno fatto quello che volevano fare, avvalendosi delle disgrazie che ci sono state dal 2019 in poi. Dovevamo perdere 1.000 dipendenti e quello è ancora.

In più, nella gigafactory, nella produzione di batterie, ci potrebbe essere qualche centinaio di occupati, ma con altre professionalità. Di metalmeccanici ce ne saranno pochissimi, serviranno competenze chimiche, servirà la logistica, infatti probabilmente le nostre officine verranno trasformate in magazzini e c’è una collaborazione con Amazon rispetto all’organizzazione del lavoro. Infatti se stanno facendo qualche tipo di formazione e riconversione del personale, lo stanno facendo proprio sui carrellisti, o qualche operaio lo stanno facendo diventare carrellista, e sui manutentori. Mentre noi operai ci stanno mano mano incentivando ad andare via: la gente sta andando a licenziarsi alla modica cifra di 75.000 euro lordi.

Il punto principale però è un altro: è la dismissione di tutto il resto, a fronte della gigafactory. Oggi, per fare i nostri cambi, ci mandano le leve, I magneti, le staffe, le coroncine… e per fare i motori ci mandano il volano, l’alberino, la frizione, la cinghia di trasmissione, i cilindri, le turbine, le candele, l’alternatore, il compressore, il filtro antiparticolato, gli iniettori, le valvole, le viterie… insomma, lavorano una marea di fabbriche. Se le nostre produzioni si fermano, tutte queste fabbriche cosa dovranno fare? Questa sarà la grande perdita,  come è diventato chiaro con la vicenda della Gkn di Firenze. Questo passaggio all’elettrico deve essere accompagnato e gestito. E anche per noi, chi la esclude una vicenda tipo quella di Gkn? 

Insomma, non è la gigafactory il passaggio epocale; qui si stanno chiudendo le altre produzioni. Termoli è la foglia di fico per chiudere molte meccaniche e carrozzerie italiane, per come le conoscevamo ora. Quante vetture abbiamo intenzione di produrre? E i posti di lavoro agganciati alle vetture che producevamo prima dove andranno a finire? Questa è la domanda. Perchè il gran numero di persone secondo me lo perderemo intorno al resto. Con il paradosso che i motori che facciamo noi (e che qui stiamo continuando a produrre e a mandare ancora in India, in America Latina, in Polonia), Stellantis continuerà a produrli, ma in altri paesi, cioè delocalizzando questa produzione e allo stesso tempo usando per noi in modo improprio la cassa integrazione per crisi.

Il rischio è avere allo stesso tempo una fabbrica molto pericolosa dal punto di vista ambientale qui, un enorme calo di occupazione e poi le stesse produzioni delocalizzate altrove, dove il costo del lavoro è più basso.

Sinceramente io penso che al gruppo Exor (la holding finanziaria olandese controllata dalla famiglia Agnelli) delle produzioni italiane di auto non interessi molto: solo una parte dei suoi investimenti sono nel settore auto, dentro Stellantis, mentre poi ha altre attività e interessi; e Stellantis in Italia sarà il 10% rispetto a quanto è presente nel mondo. Loro sono capaci di buttare giù quattro capannoni per poi chiuderci, non gli cambia niente economicamente. Questa è gente che si ridivide utili che fanno paura. In più, la gigafactory si fa grazie ai soldi del Pnrr: stanno chiedendo soldi allo stato italiano per farsi aiutare ad aprire la gigafactory. Il rischio è che chiuderanno gli stabilimenti a Termoli e intanto si prenderanno anche un po’ di soldi del Pnrr.

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