Un potere che non tollera la solidarietà
Le ong che salvano vite umane in mare vanno sorvegliate, il supertrafficante di uomini invece può girare libero e indisturbato. Sta tutta in questo paradosso la debolezza di un’Europa irrigidita, fragile fortezza contro un flusso che non si ferma. Così l’inafferrabile boss del traffico di esseri umani, l’eritreo Medhanie, che in Libia ha contribuito a schiavizzare e mandare a morte in mare migliaia di persone, si fa beffe della magistratura italiana – ancora convinta di averlo messo sotto processo a Palermo – rilasciando interviste al “Wall Street Journal”, da un punto imprecisato del globo (si dice sia a Dubai, ma c’è chi lo ha visto scortato da guardie del corpo in Uganda o in Eritrea.) Per contro rischiano di essere davvero le ong a “pagare” per aver tratto in salvo decine di migliaia di vite umane. Esattamente un terzo dei non sommersi e salvati del totale di coloro che sono stati raccolti nelle acque del Mediterraneo centrale dall’estate 2014. Nei primi sei mesi di quest’anno – fonte Viminale – il 34% dei salvataggi di migranti nel Mediterraneo centrale è stato infatti condotto dalle ong, il 28% dalla guardia costiera italiana, il 9% dalla missione Sophia, 11% da Frontex e il 7% dai singoli mercantili
Al vertice Ue di Tallinn, l’Italia – sostenuta a parole da Francia e Germania – ha proposto un codice di condotta che dovrebbe limitare l’attività di salvataggio nelle acque libiche delle navi delle organizzazioni non governative con tanto di polizia giudiziaria a bordo. In aggiunta, il piano Ue vieterebbe loro di sbarcare i migranti sulle navi di Eunavfor Med, il dispositivo navale di Bruxelles lasciando alla Libia il compito di coordinare i soccorsi. Quindi diminuirebbe la capacità di salvataggio, perché le navi delle ong dovrebbero trasportare direttamente in porto i profughi e la sala operativa di Tripoli non è quella di Roma.
Se davvero dovessero essere queste le intenzioni, non è retorico cominciare a domandarsi ad alta voce chi salverà le persone migranti – uomini donne e bambini – aggrappate a barchini sempre più precari mentre le barche delle ong navigano lontano. Saranno le navi di Frontex che già non brillano nei salvataggi perché non hanno come mandato principale la salvezza? Oppure non ci sarà più nessuno a vigilare e soccorrere in mare aperto?
Colpisce il voltafaccia di Macron a Parigi che è passato dalla solidarietà a Roma al “no” all’apertura del porto di Marsiglia all’accoglienza (in stretta compagnia con Madrid), dimostrando ancora una volta l’indifferenza europea di fronte alla più grossa crisi umanitaria dal 1945. È bene ribadirlo: si tratta di una crisi umanitaria, perché le cifre – circa 85 mila arrivi in sei mesi – non consentono di parlare di emergenza né di invasione. Ciò non significa, né giustifica, che il peso dell’accoglienza debba ricadere tutto sul nostro Paese. Ma dove sia la solidarietà europea, come dimostra il “no” francese nonostante tutti strillino che Roma non va lasciata sola, resta da capire, visto che per giunta i ricollocamenti dei richiedenti asilo tra i vari Paesi dell’Unione, pur aumentati, restano troppo bassi. Il presidente della Commissione Juncker ha proposto di aumentare di 35 milioni annui il contributo di Bruxelles all’Italia per il suo impegno. Quanto una coscia del calciatore Higuain, ha commentato qualcuno.
Quanto alle ong, sono state accusate di tutto da sei mesi a questa parte, con una campagna politico-mediatica senza precedenti, che ha sollevato uno tsunami anti solidale e dai contorni xenofobi. Il Parlamento ha organizzato numerose audizioni per capirne di più, sono state aperte inchieste da tre Procure, eppure non è ancora emersa una prova a loro carico. Ciò nonostante è rimasto il fango. Per rinfrescarci la memoria, allora, è necessario ricordare che l’iniziativa di salvare vite umane con “navi private” è partita per colmare il buco lasciato in mare dai governi dei Paesi Ue dopo la fine dell’operazione “Mare Nostrum” e mentre si stavano moltiplicando i naufragi e l’opinione pubblica si divideva tra pianto e indignazione.
L’Italia, che nel 2013, dopo la strage del 3 ottobre a Lampedusa, mise in mare in solitudine per volere dell’allora premier Enrico Letta le navi della Marina militare per l’operazione “Mare Nostrum”, ha diritto a pretendere chiarezza e trasparenza da chi porta in salvo nei porti nazionali migliaia di persone, ma non può né deve limitare gli interventi umanitari pena la perdita di una credibilità internazionale ampiamente meritata e una perdita più vasta, e dal valore ancor più incalcolabile, di vite umane innocenti. Non sono ammessi sgambetti meschini, insomma. La vita umana ha la precedenza assoluta, è questo quanto scritto nel dna italico.
Neppure si può accettare a cuor leggero che altri danari dei contribuenti europei vadano a finanziare la Guardia costiera libica sui cui pesano le accuse di crimini contro l’umanità. Prima di metterla in sostanza a sorvegliare i confini europei spostati sulla costa africana, si chiarisca a chi essa è fedele, se al governo di Tripoli o alle milizie o agli stessi trafficanti.
Torniamo a dirlo forte: la fame, le guerre e la carestia, diceva ancora ieri il Papa alla Fao, non faranno che aumentare i flussi migratori. Entro trent’anni la popolazione africana raddoppierà, dicono i demografi, mentre quella europea diminuirà ancora. L’impegno vero per dare alle persone la libertà di non partire dall’Africa inizia non da pseudo blocchi di porti o mettendo ostacoli a chi soccorre le vite umane in barba ai diktat di Bruxelles, ma dalla lotta alla povertà e da un aiuto vero alla sviluppo. Magari facendo autocritica e iniziando a combattere traffico di armi e corruzione, acerrimi nemici dello sviluppo.