Salvare la democrazia dai suoi limiti
1. Sono i difetti della democrazia, le sue aporie, le sue contraddizioni, come diceva Bobbio: le sue mancate promesse che condannano la democrazia ad un verosimile fallimento di fronte ai compiti di governare in modo democratico un mondo sempre più complesso e difficile. Indubbiamente da un lato siamo portati istintivamente a difendere la democrazia come regime politico dai suoi avversari, d’altra parte dobbiamo anche considerare i difetti intrinseci della democrazia politica come l’abbiamo conosciuta fino adesso che sono in gran parte causa dei suoi mali. Il discorso diventa più complesso rispetto a quello che tradizionalmente si faceva anche nella letteratura scientifica: da un lato la democrazia che in qualche modo pare un regime abbastanza razionale, ragionevole e legittimato con tanti argomenti a suo favore e dall’altra parte un sacco di avversari che o non capivano le virtù della democrazia o le denigravano o contrapponevano ad essa modelli alternativi di governo della società. Vi era sempre un gioco tra progresso e reazione, parole ormai fuori uso, ma che una volta costituivano una dicotomia. Per cui era facile essere amici e difensori della democrazia dato che si avevano di fronte questi avversari di vario tipo, spesso ottusi e violenti. Si pensi ai totalitarismi del Novecento o anche di quelle che si possono in generale chiamare forze conservatrici che, anche nei momenti migliori, al massimo avevano una visione molto limitata dei compiti del governo democratico: volevano poco stato e molto mercato oppure molta proprietà e poco intervento pubblico nell’economia oppure accettavano la democrazia politica, ma con delle riserve di censo e di ceto.
- Guardando retrospettivamente i tempi veramente felici per il regime democratico, nei paesi occidentali, sono stati abbastanza limitati nel tempo. In particolare per quanto riguarda l’Italia ha avuto il secondo dopoguerra fino all’inizio degli anni ottanta che possiamo considerare la fase di complessivo consolidamento ed espansione della democrazia, che diventa un senso comune di massa, pur tra tanti rischi autoritari. Ci sono i partiti di massa, il sindacalismo e altre forme di associazionismo molto diffuso, i diritti politici sono sia pure con eccezioni sostanzialmente riconosciuti e così i diritti civili. Gli anni settanta sono un periodo di riforme che estendono il diritto di famiglia, il sistema sanitario, lo statuto dei lavoratori… Queste cose sono sintomi del fatto che il modo democratico di governare diventa plausibile e anche tutto sommato condiviso. Scompaiono anche dalla letteratura, o finiscono proprio ai margini, argomenti antidemocratici. Così il fatto che con il processo di decolonizzazione a livello mondiale molti paesi che erano ex-colonie assumono la forma di regimi democratici fa pensare che la democrazia trionfi a livello mondiale. Sembra che il modello occidentale democratico si affermi nel mondo e su questo fiorisce una letteratura su una democrazia vincente perché soddisfa bisogni in qualche modo antropologici di libertà, di desiderio di benessere e di autocontrollo sulle proprie vite. Gli altri regimi politici non permettono questo e diventano sempre più improbabili. Poi ci sarà il crollo sovietico che confermerà ancora di più questo discorso finché la democrazia, ancora da definire nei suoi contenuti, sembra diventare l’unico modello possibile. Si constata che a partire da un certo momento praticamente tutti i regimi politici si autodefiniscono democratici perché più o meno tutti prevedono: un processo elettorale, più o meno libere naturalmente, un parlamento che concede la fiducia ad un governo. Poi che la divisione dei poteri non funzioni, ad esempio che la magistratura sia asservita al potere politico, che lo stato di diritto non funzioni come in molti paesi, compresa anche l’Europa, fornisce l’immagine di un modello democratico astratto e generico che più o meno è adottato da tutti e nello stesso tempo non dice ancora nulla sulla reale sostanza dei processi democratici all’interno dei vari paesi. Anzi, potrebbe essere una forma di auto inganno nel senso che da un lato conviene a tutti i paesi che fanno parte del sistema Onu di adottare la forma del governo democratico, una riduzione dell’ambito dell’arbitrio di un potere irrazionale che si manifesta nei fatti senza strutture normative. La democrazia che ha questa forma essenziale sembra essere adottata da tutti, anche nei regimi che sappiamo essere autoritari. Quindi non ci si deve ingannare su questa espansione del modello democratico che può essere un evento dovuto ad un’egemonia culturale, occidentale, sul mondo globalizzato che impone a tutti di adottare delle soluzioni istituzionali formalmente identiche e non dice niente sulla sostanza di come questa democrazia effettivamente funziona.
- Si capisce che la democrazia funziona come democrazia costituzionale, ci vuole cioè un patto costitutivo in cui viene sancito che il popolo detiene il potere ma lo esercita nelle forme previste dalla legge e quindi entro i limiti stabiliti dalla costituzione stessa. La costituzione ha quindi un ruolo molto importante, anche attraverso il sistema delle nazioni unite tutti i paesi sono stati dotati di testi scritti costituzionali. Sarebbe difficile oggi trovare una costituzione che non abbia una configurazione democratica, nei fatti però sembra che il regime democratico per funzionare abbia bisogno soltanto di una seria garanzia che le libertà politiche siano garantite e esercitabili in pratica e non solo in teoria; e poi che ci sia uno stato di diritto funzionante, tale da garantire la effettività dei diritti garantiti nella costituzione. Questo nel diritto italiano non è tanto vero, per esempio quando ci si lamenta dei tempi della giustizia penale e civile in Italia si intende dire che i diritti fondamentali dei cittadini non sono sicuri perché il fatto che sono affidati a una processualità giudiziaria tale che non c’è nessuna protezione per le vittime perché va nell’indeterminato. Quindi c’è un forte danno ai diritti, anche fondamentali, dovuto al fatto che il sistema giudiziario non funziona, per questo l’Unione Europea ci ha sanzionato perché su questo terreno elementare l’Italia è insoddisfacente. Sono sanciti dei diritti che non possono essere garantiti. C’è poi il problema della divisione dei poteri: abbiamo bisogno di poteri giudiziari indipendenti dal potere politico e è abbastanza evidente che in molti paesi di nuova democrazia questa indipendenza non è garantita. Poi, naturalmente, la democrazia non è una cosa che si esaurisce nella sua costituzione formale. La democrazia è un processo sociale quindi presuppone la possibilità che si formi una cosa che chiamiamo società civile, quindi una pubblica opinione, mezzi di comunicazione di massa, associazionismi, una forma anche di controllo sociale sul potere politico, non soltanto mediato dalle procedure della rappresentanza (partito, elezione, parlamento) ma anche nelle forme quotidiane di controllo su quello che la politica e l’amministrazione fanno . Questo è molto difficile. Nelle fasi più mature anche della democrazia in Italia, anni sessanta e settanta questo c’è stato di più di quanto non ci sia oggi. Anche quando nei libri si trova un paese definito come democratico ciò indica in realtà che la sua storia di democrazia è oscillante nel tempo in funzione del fatto che effettivamente la società civile sia più o meno robusta e capace di esprimersi, che i partiti siano capaci di rappresentare anche un po’ gli interessi generali, che ci sia la divisione dei poteri, che l’amministrazione pubblica sia efficace…La democrazia già è una cosa oscillante, in che cosa questa oscillazione può essere riportata ad una dato fondamentale? Qual’è il rapporto che si stabilisce tra regime democratico e sistema economico? Sostanzialmente questa faccenda si può riassumere in una formula: la democrazia storica ha bisogno del capitalismo mentre il capitalismo come lo conosciamo non ha bisogno della democrazia. Questa gli può stare bene ma anche male, la può ritenere anche una cosa un po’ superflua, a seconda delle fasi storiche questo rapporto cambia molto. Questo ci dice già che la democrazia viene a dipendere da un fattore a lei esterno come il funzionamento dell’ordinamento economico sul quale ha poca presa. Si naturalmente noi viviamo in regimi democratici che hanno lungamente stratificato regolazioni per il mercato eccetera. Però ciò non toglie che tutte queste regolazioni da un lato possono avere facilitato e anche reso difficile l’attività economica ma in sostanza non hanno impedito la formazione di poteri oligo-politici tale da essere il decisore finale in ultima istanza. Nel passaggio all’Unione Europea questo si è formalizzato, la banca centrale europea, la commissione, diventano insieme ad altre entità sovranazionali entità di governo dell’economia globale e nazionale che non tiene conto del fatto che queste decisioni poi vanno a incidere su società che formalmente si dicono democratiche. Si è aperto un chiasmo insanabile tra le decisioni di natura economica e le decisioni di natura politica per cui la politica diventa in realtà una forma svuotata di contenuti, d’altra parte è invece comunque incapace di prendere decisioni capaci di incidere su questa normatività del capitale che invece si impone in tutti i modi. Una delle fonti cruciali della legittimazione democratica è quella del fatto che tutti i processi sociali ed economici in un regime democratico sono in un modo o nell’altro, magari indirettamente, sottoposti ad un criterio democratico di valutazione. Quando andiamo a votare e rimproveriamo il governo, non ad esempio Marchionne, perché Marchionne segue la sua logica di capitalista finanziario mentre il governo avrebbe potuto, diciamo noi ingenuamente, intervenire. Questo mostra la fondamentale dipendenza dei poteri politici nei confronti dei poteri economici, in democrazia. Questo è più vero ancora nelle democrazie mature di quanto non fosse vero ai tempi delle democrazie liberali, e poi con la globalizzazione questo si è accentuato.
- I paesi che hanno una storia di democrazia problematica ma in qualche modo hanno istituzioni robuste di riferimento come sono molte delle democrazie continentali questo stato problematico resta problematico, ma in qualche modo le istituzioni formali reggono. Naturalmente quest’espropriazione dei contenuti decisionali da parte dei poteri economici avviene ovunque, è tipico del mondo globale. Però alcune cose che si sono consolidate in leggi, in istituzioni, anche in prassi sociale si conservano più a lungo perché in qualche modo hanno una loro dipendenza dal sentiero. Questo vale solitamente per i paesi di più lunga storia social-democratica, negli altri paesi invece la fragilità delle istituzioni democratiche, la fragilità delle regolazioni economiche, la prevalenza in molti casi della rendita sul profitto fanno si che la crisi della democrazia appaia ancora più virulenta e si veda ancora di più come le forme democratiche non garantiscano più nulla, da qui poi derivano tutte le forme dell’anti-politica, i parlamenti sono svuotati e delegittimati, da qui le varie forme anche di populismo come forme reattive ad una situazione di sentite e diffuse impotenze. Nel senso che la politica non rappresenta più interessi collettivi ma eventualmente riesce a rappresentare soltanto interessi particolaristici che è il contrario della sua base di legittimazione. È chiaro che questa è una situazione anomala per i principi democratici. Un principio fondamentale della democrazia parlamentare è quello del divieto di mandato imperativo, il deputato quando è eletto non rappresenta più il suo elettorato ma rappresenta tutta la nazione. Questo perché idealmente il parlamento dovrebbe essere composto da persone che si occupano dell’interesse generale, ciò non avviene più e non è mai avvenuto compiutamente, però finché c’erano i grandi partiti di massa avveniva questa mediazione. Ora il singolo deputato è una sorta di foglia al vento che deve pensare alla propria rielezione e deve perciò essere in grado di soddisfare interessi particolaristici. Si pensi a casi emblematici di interessi legati a case farmaceutiche, si tratta di interessi molto forti in cui il lobbismo è sistematico. Oppure quelli che fanno forniture alla pubblica amministrazione. È abbastanza evidente che questa situazione fa si che interessi particolaristici, prettamente di natura economica o del sistema di imprese o di corporazioni anche professionali, fanno agio su qualsiasi tentativo di discussione generale. Per i discorsi generali si evocano scenari un po’ televisivi forse, cioè crisi, emergenze, scenari cupi, complicati in cui non si capisce bene il dove, il come e il quando. Con questo sistema la parte generale che si occupa di tutti noi resta non elaborata, opaca mentre quello che riguarda l’interesse specifico che dev’essere soddisfatto viene elaborato in modo preciso.
5. Però a questo si è arrivati e in Italia lo vediamo in modo più esplicito perché da noi la implosione dei grandi partiti di massa è avvenuta velocemente e in modo quasi totale altrove sono rimasti dei residuati dei grandi pariti storici anche se tutti i sistemi dei partiti sono in evoluzione con l’apparizione di nuovi soggetti politici. Il caso tedesco è emblematico da questo punto di vista, appaiono o ad estrema sinistra o sullo spettro populistico o anche addirittura neo-nazisti. Quest’evoluzione mostra che il vecchio sistema che rappresentava in forme seppure problematiche un tentativo di rappresentare gli interessi generali del paese anche su lungo o medio periodo sta venendo meno e la stanno sostituendo dei soggetti molto labili che probabilmente sono destinati a mutare velocemente. Questo è esemplare in Italia dove il centro destra sta implodendo, il Pd non si sa più bene cos’è e i 5 Stelle sono in continua evoluzione senza che si sappia dove si stianno avviando. Poi con la nuova legge elettorale è ancora più problematico. Questo dimostra che la democrazia ha presentato dei limiti, il suo punto fondamentale era la rappresentatività dei partiti e del parlamento. A un certo punto queste strutture non hanno più avuto la capacità di rappresentare interessi e in parte anche identità, una subcultura più bianca e una più rossa e poi altre minoritarie. Queste due polarità si sono anche miscelate e nel Pd si sono addirittura confuse e sovrapposte creando anomalie particolari in una formazione che difficilmente durerà nel tempo.
- Noi stiamo andando alla ricerca delle difficoltà in cui la democrazia si trova, il processo è molto generale. Il principale fattore rimane il rapporto tra regime democratico e sistema capitalistico, se il capitalismo ha effettivamente, nelle diverse fasi della storia, può avere avuto più o meno bisogno o tolleranza nei confronti del sistema democratico, questo è invece dipendente. Il sistema economico ha delle sue particolarità di cui l’Europa tiene conto e cerca di compensare gli andamenti del ciclo economico ad esempio in termini di politica occupazionale o altri meccanismi però sempre elaborando in rimessa: il dato è proposto dal sistema economico e la politica tentava di barcamenarsi lavorando ai margini. Ci sono stati dei periodi in cui, anche per bisogni intrinseci del sistema economico, si chiedeva alla politica più di questo. Poi c’era un ruolo importante di strutture di intervento nella creazione di un sistema di welfare in senso lato che si realizzava nell’organizzare il prelievo fiscale in un certo modo così da poter finanziare dei servizi collettivi molto estesi sia nell’assistenza sia nella previdenza. Già questo incideva fortemente nel sistema economico e cambiava la composizione della domanda effettiva. C’è stato un momento in cui i due grandi partiti in questo erano abbastanza accorti: erano coscienti che ci dovesse essere un intervento importante del pubblico nell’economia e quindi un capitalismo un po’ socializzato. Questa politica ai primi accenni di una difficoltà economica ha iniziato a essere scardinata, ciò è avvenuto quando le economie nazionali si sono dovute aprire all’economia globale. In primo luogo c’è stata l’apertura al mercato unico europeo dalla moneta unica e dal trattato di Maastricht, si sono imposte delle norme molto stringenti per il funzionamento delle economie nazionali con cui i poteri politici nazionali sono stati espropriati di queste decisioni perché quei criteri sono stati stabiliti in modo arbitrario, compreso il cambio lira-euro. La morale è che la politica nazionale ha potuto incidere sempre di meno sui processi economici e ha delegato il governo dell’economia a potenze sovranazionali, a queste si devono aggiungere le grandi istituzioni globale che governano l’economia come il Wtc, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e anche le forme intermedie che governano le economie macro-regionali, compreso il trattato transatlantico tra nord-America e Europa. Le decisioni sono affidate sostanzialmente a tecnocrati di cui non si conoscono nemmeno i nomi, poi ovviamente c’è il sigillo politico fatto dai capi di governo che è però posteriore, la sostanza della decisione è già stata presa. Sembra quindi che la democrazia deperisca una volta che molte decisioni sono state portate a livello sovranazionale. Questo fornisce forti argomenti di tipo populistico a posizioni anti-europeiste perché si sottolinea il fatto che il sistema politico nazionale non conta più niente e allora l’argomento è quello del recupero a livello nazionale di questi poteri e sembra quasi un gesto democratico. C’è una disputa su questo, di fronte a questo stato di cose in cui per la nascita di una struttura di potere sovranazionale i sistemi politici democratici, che sono sempre nazionali, vengono espropriati sempre di più cosa si può fare? Conviene una mossa di ritorno a una forma di nazionalismo separandoci da quelle forme di unificazione continentale o regionale che invece sono state un po’ la forma di legittimazione della democrazia stessa nella sua fase iniziale quando dopo la guerra c’era l’esigenza di rendere impossibile un conflitto tra gli nazioni europee e e questo era possibile solo costruendo una comunità europea. Oppure dobbiamo rilanciare un discorso di Europa? Habermas sostiene che bisogna rilanciare un discorso europeo, ridemocratizzare l’Unione Europea, che è l’unico modo di trasferire la democrazia dal livello nazionale a quello sovranazionale o macro-regionale. Mentre il ritorno a una dimensione puramente nazionale da un lato potrebbe essere illusorio e d’altra parte comporterebbe la rinascita di idiosincrasie nazionalistiche in che in certi paesi potrebbero essere anche scioviniste o con connotati anche xenofobi, razzisti ecc. perché nei populismi ci sono anche soprattutto queste cose qui. Le forme virulente che esistono anche localmente di odio per il centro, per Roma e per i partiti politici sono stati catalizzati dal Movimento 5 Stelle. La democrazia è andata incontro a una crisi molto seria perché risulta difficile pensare una democrazia su basi nazionali ma a livello sovranazionale al momento non funziona quasi niente secondo criteri democratici. Il problema è che non esiste un’opinione pubblica europea ma solo nazionali, del resto sono pochissime le istanze che vanno in questo senso anche se magari ciascun organo lo fa un pochino. Restano queste idiosincrasie di base, queste irritazioni tra i paesi. Ora è più marcato nel momento in cui la Germania diventa una potenza economica che si mangia tutti gli altri. Proprio Habermas, teorico dell’opinione pubblica, si rende conto che l’Europa non ha un terreno di comunicazione condiviso. Un po’ per le differenze linguistiche, un po’ per differenze culturali, un po’ perché ci sono residui di idiosincrasie nazionalistiche. È un terreno di irritabilità reciproca. È una forma molto infantile. Chi viaggia come turista si rende conto quanto poco basta per infrangere un codice tacito. D’altra parte anche le forze politiche hanno fatto poco finora per proiettarsi nella dimensione sovranazionale. Naturalmente lo stesso può valere per la giustizia a livello comunitario, ci sono moltissimi ricorsi in tema di diritti civile alla corte Europea che è una ulteriore forma di garanzia laddove i sistemi nazionali falliscono però si immaginino i tempi, i costi e le difficoltà di queste procedure. È un po’ nell’immaginario che abbiamo l’idea per cui la democrazia o diventa transnazionale o non può sopravvivere a se stessa però constatiamo che tutta la storia della democrazia si è svolta nelle forme dello stato nazione e con molte peculiarità nazionali, ogni storia è diversa. Francia e Inghilterra sono arrivate a questa forma prima mentre in Germania sono arrivati per ultimi e con forti interruzioni come l’Italia. Tutte queste storie ancora le scontiamo.
- Quando si parla di democrazia si pensa ad alcune società come tali ed altre no, formalmente tutte sono democratiche, ma la verità è che la democrazia è sempre stata una cosa dentro un’altra cosa più grossa. Le società democratiche hanno un regime politico democratico ma l’insieme della società non è molto democratica perché, ad esempio, la democrazia è poco compatibile con il tipo di diseguaglianza sociale che abbiamo oggi. Democrazia vuol dire isonomia, qui non siamo dominati da leggi ma da rapporti di forza spesso molto brutali che sono quelli imposti dal mercato. Nelle costituzioni si è detto di aggiustare. Capitalismo si ma con un sistema di welfare, questo si chiamava modello sociale europeo in cui era garantita una certa coesione. C’era un po’ di democrazia e un capitalismo rampante. Se viene meno questo e si riconosce più brutalmente il fatto che la democrazia nelle società cosiddette democratiche non è il tutto ma una parte perché il sistema economico no né democratico ma anche le istituzioni che la democrazia sarebbe chiamata a governare non sono democratiche. La burocrazia per definizione non è democratica, è basata si competenze, in teoria su concorsi pubblici, è un governo tecnocratico. In un governo di tecnocrati fedeli alla Repubblica ma rimangono pur sempre tecnocrati per cui il ruolo de cittadino è al margine. Si possono chiamare i cittadini a esprimersi come si fa in Italia, in alcuni casi con la possibilità di incidere ma nella maggior parte dei casi è un si o un no referendario, in realtà c’è una forte emarginazione. Bobbio diceva che nella democrazia resistono molte delle caratteristiche degli stati assoluti, per esempio il segreto di stato che in democrazia non è giustificabile. Si dovrebbe discutere su come mai la democrazia abbia potuto decadere fino al punto di privarsi degli strumenti di autocorrezione. Partendo dalla decisione per cui la democrazia è l’unico sistema politico in grado di autocorreggersi, è un sistema pensato per un apprendimento collettivo nel tempo.
- Ripartendo da questa ultima affermazione sarebbe possibile immaginare un’evoluzione del regime democratico in cui la dimensione dell’apprendimento collettivo ed istituzionale viene estesa sistematicamente. Ciò del resto corrisponde alle esigenze di una società della conoscenza in cui da tempo siamo entrati. Posso solo accennare a questa possibilità. In sostanza la democrazia rappresentativa o parlamentare non è più sufficiente, e il processo democratico deve manifestarsi in nuove forme, che al momento si fanno valere solo ai margini ed occasionalmente: democrazia partecipata, deliberativa, come anche una progressiva democratizzazione (in forme che devono essere molto misurate e rispettose degli equilibri costituzionali) dei poteri e delle istanze istituzionali al momento al di fuori del quadro democratico: burocrazia pubblica, tecnica (su questo punto molto intricato cfr. “tecnica”, parolechiave 51/2014, e ivi Donolo), alla fine la stessa economia a livello aziendale e territoriale. Mi viene in mente qui una bella formula di W. Withman in Democratic vistas (1871) che dice a ragione: “ democracy can never prove itself beyond cavil, until it founds and luxuriantly grows its own forms of art, poems, schools, theology, displacing all that exists1”. Solo pratiche democratiche diffuse e rese più quotidiane socializzano ai principi e alle regole della vita democratica, e permettono quel processo di capacitazione individuale e collettiva, che oggi è così carente. È questo dato che desertifica il regime democratico.
1“la democrazia non sarà mai comprovata oltre ogni dubbio, finché non trova e fa crescere vigorosamente sue proprie specifiche forme di arte, di poesia, istruzione, teologia, sostituendosi a tutto ciò che esiste”.