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Quando l’assistenza sanitaria ignora le strutture sociali

Foto di Lorenzo Tugnoli
29 Marzo 2021
Angela Jenks Helena Hansen Scott Stonington Seth Holmes

Il Covid-19 è al tempo stesso una pandemia causata da un virus contagioso e potenzialmente letale e una sindemia, snodo di importanti problemi biologici e sociali. Una parte considerevole della copertura mediatica ha concentrato l’attenzione sul modo in cui Covid-19 mostra le estreme disuguaglianze all’interno delle società e da una parte all’altra del mondo: sappiamo che le probabilità di essere infettato dal Sars-CoV-2 e di contrarre una malattia grave e mortale è determinata dalle strutture sociali. Tuttavia, questa consapevolezza delle dimensioni sociali della salute non è solo un’importante integrazione del lavoro principale della medicina. Piuttosto, la pandemia Covid-19 ci ricorda che ignorare il ruolo delle strutture sociali può condurci a diagnosi sbagliate, a terapie non corrette, a causare danni.

Ad esempio, negli Stati Uniti – che hanno per lungo tempo guidato il mondo industrializzato con le sue disuguaglianze sociali e i relativi effetti negativi sulla salute – le persone nere e latine hanno maggiori probabilità di morire a causa del Covid-19 e i lavoratori che forniscono servizi essenziali hanno maggiori probabilità di essere esposti e contagiati.

I governi hanno ordinato ai cittadini di “stare a casa”, mentre alcuni di essi continuano a condurre raid nelle comunità di immigrati, a separare famiglie, a trattenere in stato di fermo in condizioni di affollamento che favoriscono la diffusione del virus, a deportare persone, e tutto questo causa una diffusione transnazionale del virus. Gli homeless, che non possono mettersi al riparo, affrontano maggiori rischi di contagio. Lo stesso vale per coloro che non sono in grado di mantenere la distanza fisica perché sono detenuti in carcere o semplicemente perché sono stipati nei mezzi di trasporto pubblico per andare a lavorare – sottopagati – nei servizi essenziali da cui dipende il loro reddito.

Tutte queste ingiustizie incrementano anche il rischio di avere già sviluppato patologie preesistenti dovute a condizioni pericolose di vita o di lavoro, alla discriminazione, alla mancanza di assistenza sanitaria preventiva. E noi sappiamo che avere patologie preesistenti aumenta le possibilità di esiti gravi una volta contagiati dal Sars-CoV-2.

Piuttosto, la pandemia Covid-19 ci ricorda che ignorare il ruolo delle strutture sociali può condurci a diagnosi sbagliate, a terapie non corrette, a causare danni.

Non solo possiamo fare meglio per i nostri pazienti; se vogliamo rispettare il giuramento di Ippocrate, dobbiamo farlo.

Quando sbagliamo la diagnosi delle cause della pandemia Covid-19 indicandola unicamente come conseguenza di un virus, senza riconoscere il ruolo decisivo di un sistema sociale disuguale, il nostro errore può causare danni e iatrogenesi. Considerando che le disuguaglianze sociali sono il principale fattore di comorbilità che contribuisce alla mortalità correlata al Covid-19, i medici e il sistema sanitario devono in primo luogo reindirizzare il proprio lavoro per tenere conto delle strutture sociali e delle politiche che causano queste disuguaglianze e reagire a esse.

Raccomandazioni sanitarie focalizzate sul comportamento individuale hanno un successo limitato quando non affrontano le disuguaglianze sistematiche delle strutture sociali. Oltre al danno determinato da queste strutture, i governi e i sistemi sanitari causano danno ulteriore trattando in modo disuguale i pazienti colpiti da Covid-19. Siamo stati testimoni di morti di giovani e di anziani che sarebbero state evitabili e che sono state provocate da sistemi sanitari sottofinanziati costruiti intorno ad assicurazioni private o alla capacità delle persone di pagare di tasca propria. I media hanno mostrato persone potenti che avevano avuto rapido accesso ai test mentre molte altre non hanno avuto la possibilità di essere testate a meno che non fossero ammalate gravemente (e non avessero un’assicurazione sanitaria). Questo vuol dire che molte persone non hanno avuto la possibilità di essere messe in quarantena e di beneficiare del tracciamento dei contatti, aspetti entrambi necessari per frenare la pandemia. Proiettata a livello di popolazioni, questa discriminazione è causa di esposizioni, contagi e morti che potrebbero essere evitati.

Inoltre, il trattamento sanitario discriminatorio è stato documentato all’interno dei sistemi sanitari – intensificando la diffidenza nei confronti delle istituzioni sanitarie – attraverso inchieste su pazienti neri cui è stata rifiutata la terapia nel Regno Unito e su persone disabili che temono discriminazioni nelle decisioni assunte al triage a proposito di chi deve ricevere cure intensive. Mentre i governi provano a organizzare campagne di vaccinazione di massa in tutto il mondo, la diffidenza è diventata un grave ostacolo all’accettazione del vaccino: in uno studio condotto negli Stati Uniti, solo il 18% della popolazione nera dichiara che si sottoporrebbe sicuramente alla vaccinazione.

Allo stesso tempo, la disuguaglianza nell’accesso ai vaccini prefigura un peggioramento delle disuguaglianze economiche tra i vari paesi e all’interno delle nazioni. Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità avverte che “il mondo è sul punto di un catastrofico fallimento morale” dal momento che milioni di vaccini vengono somministrati nei paesi ricchi e poche decine di migliaia nei paesi più poveri.

Allo stesso tempo, la disuguaglianza nell’accesso ai vaccini prefigura un peggioramento delle disuguaglianze economiche tra i vari paesi e all’interno delle nazioni.

Stiamo osservando le prime evidenze del fatto che, quando le comunità forniscono servizi sanitari per tutti e si organizzano per proteggersi a vicenda superando le differenze sociali, la pandemia viene mitigata per tutti. Perseguendo l’obiettivo di affrontare queste disuguaglianze e i trattamenti sbagliati, i movimenti di base – compresi gruppi di professionisti della sanità – hanno avuto successo realizzando programmi che riescono a contenere la pandemia. Sindacati di lavoratori della sanità hanno preteso dispositivi di protezione per se stessi e per i propri pazienti. Persone che vivono in campi per senzatetto, insieme a gruppi solidali ed esponenti politici, si sono organizzati per ottenere la disponibilità di ricoveri, e in alcuni casi sono stati in grado di modificare la linea politica e di incrementare la disponibilità di abitazioni a lungo termine e a buon mercato. Gruppi di sostegno a favore della salute globale hanno affermato che è probabile che i paesi poveri possano avere un contagio diffuso se l’Europa e l’America del Nord si accaparrano i dispositivi di protezione. Negli Stati Uniti, esponenti politici consapevoli, dei modi in cui l’accesso disuguale alle nuove terapie può peggiorare le disparità nelle condizioni di salute, stanno lavorando per rendere l’equità razziale un obiettivo dichiarato nel lancio della campagna vaccinale.

Il Covid-19 non ha solamente contagiato gli individui, ha anche rivelato le patologie dei nostri programmi e delle nostre politiche nazionali e internazionali. Il nostro benessere collettivo di fronte al Covid e alle future pandemie dipende dal riconoscimento e dalla correzione delle strutture sociali sistematicamente disuguali che determinano la diffusione della malattia.

Ringraziamo gli autori per avere autorizzato la pubblicazione del loro articolo, apparso originariamente sul sito di The British Medical Journal, gennaio 2021, con il titolo Iatrogenesis and harm in Covid-19 — when medical care ignores social forces.


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