Possibilità e impossibilità della memoria

La memoria di ciò che è stato non porta il passato a insegnare, rivelare o spiegare. È un’impresa del presente che riesce solo a certe condizioni di impegno, responsabilità, tenacia, umiltà. Interrogare i luoghi e gli oggetti; intendere i frammenti di legami e di discorsi che furono e tradurli in storie, significa contrattare dolorosamente un senso per ciò che del passato ci condiziona. Parliamo di memoria e non di storia: non documenti utili a comporre i fatti, ma l’esperienza umana che è stata e che non è più se non nel racconto che ne possiamo fare.
Non la Storia ma le storie di chi è passato e che ci lasciano sangue, esperienza, cose: come si possono intendere, toccare, usare? La parola sta al posto dell’esperienza e tradisce, la memoria inganna; eppure una “conversione”, un rivolgersi al passato per convergere assieme su una convinzione del senso è possibile. A patto di avere pazienza, di cercare l’altro praticando un vero ascolto e sapendo che convertirsi a questa fatica implica di subire lo scacco di rivelazioni parziali e tuttavia indispensabili a voltare pagine, a guarire, a rendere giustizia, a scegliere il futuro.
Oggi con la proliferazione sui nuovi supporti di una messe di immagini e registrazioni, ci si potrebbe illudere che la memoria sarà più forte, più netta, più facile. Invece il lavoro di riconsiderare e ricostruire i frammenti del passato per dare senso al futuro si proporrà come sempre fallibile e delicato, atto di creazione e di servizio, di audacia e di umiltà.
Sul rapporto tra memoria, identità, futuro è stato scritto molto. Ci interessava imparare di nuovo dalla letteratura, ricominciare dall’esperienza artistica ed estetica. E dalla riflessione sulla lingua. Emilio Varrà esplora il tentativo di dare forma alla memoria nella creazione artistica attraversando tre opere di Frédéric Pajak, Marjia Stepanova e Nora Krug. La stessa Nora Krug, intervistata da Varrà e Mauro Boarelli, sviscera le motivazioni delle sue scelte tecniche e artistiche nella ricostruzione di una memoria familiare e non solo storica del nazismo. Giancarlo Gaeta illumina l’impresa, ben più che letteraria, di Svetlana Aleksievic: ricostruire il passato nel ricordo, dimostrando la possibilità di una cultura del passato in relazione alla memoria e non solo alla storia. Sara Honegger intervista Silvia Borri, autrice di un podcast in cui racconta il viaggio nella memoria che ha intrapreso per sé e per tutta la sua famiglia superando il muto dolore che circondava l’assassinio della madre durante il golpe argentino. Infine Anton Shammas spiega che la sofferenza o l’esperienza degli altri non può essere tradotta o trasmessa in qualsiasi lingua o genere letterario: ci sono ragioni politiche ed esistenziali che lo rendono impossibile e inaccettabile, come una testimonianza di tortura subita da un palestinese ma raccolta in ebraico.