No Muos: la guerra vista da Niscemi

Alle 18 di un pomeriggio di agosto del 2022, con ancora i 40 gradi appiccicati addosso, un getto di acqua non poteva che far piacere. Purtroppo non è stato così il giorno 7 , in contrada Ulmo, a pochi chilometri di distanza da Niscemi (provincia di Caltanissetta, Sicilia). In questa località sorge, nel bel mezzo di una sughereta secolare – da molti anni anche SIC (Sito di Interesse Comunitario) – la base militare statunitense NRTF n.8 (Naval Radio Transmitter Facility), con le sue 46 antenne di varie forme e grandezze e di diversa potenza.
Non è stato così perché quel pomeriggio si svolgeva l’ennesima manifestazione organizzata dal Movimento NO MUOS, a conclusione di un importante campeggio di tre giorni organizzato su un terreno poco distante, acquistato 10 anni fa dagli attivisti. Ancora una volta la protesta ha dovuto fare i conti con una reazione spropositata, e gli idranti della polizia, che sparavano acqua a non finire sui partecipanti che avevano osato raggiungere il cancello principale della base e percuoterlo con pietre ed altri oggetti, non provocavano l’agognato ristoro. I getti violenti del prezioso liquido (che spreco! in un’estate colpita dalla siccità persino al Nord e in una terra atavicamente privata di questo bene essenziale, a meno che non lo si acquisti dai privati) riuscivano persino a gettare a terra i ragazzi e le ragazze centrati in pieno; il terreno si faceva scivoloso, e nel parapiglia generale cominciavano a piovere lacrimogeni sulle teste e i corpi degli attivisti; il fumo inondava l’aria e intossicava l’ossigeno, e tra tosse e vomiti la protesta era costretta per un attimo a indietreggiare, salvo poi ricomporsi in un altro punto delle recinzioni della base dei marines, e continuare con l’entusiasmo e la determinazione di prima e di sempre.
Il MUOS (acronimo di Mobile User Objective System) è un potente impianto di comunicazioni satellitari della Marina militare degli Stati Uniti; si tratta di tre parabole puntate verso un satellite. Nel mondo vi sono quattro basi di questo sistema: in Virginia, in Australia, alle Hawaii e in Sicilia, tutte collegate fra di loro; con esso gli USA possiedono la copertura totale del pianeta e possono non solo gestire comunicazioni in tempo reale con qualsiasi altro impianto, nave, aereo, base od anche singolo soldato dotato di palmare, ma dirigere i droni (armati e non) per operazioni di bombardamento e lancio missili o spionaggio, avendo il controllo centimetro per centimetro della superficie terrestre e del cielo.
Da quando, verso la fine del secolo scorso, si cominciò a parlare di una base MUOS in Sicilia, le orecchie degli antimilitaristi sono state sempre ben alzate. Nei primi anni di questo secolo venne ufficializzata la costruzione del MUOS dentro la base USA-NATO di Sigonella, a un tiro di schioppo da Catania, la più importante struttura militare del Mediterraneo, sentinella del già “fianco Sud” della NATO ai tempi della guerra fredda, ed oggi nodo strategico delle strategie militari nell’area, o ovvero nel “Mediterraneo allargato”, quel vasto territorio che si spinge a Sud fino all’Africa centrale, ad ovest fino all’Atlantico, a Est fino all’Afghanistan e a nord fino al Mar Nero e ai paesi dell’ex blocco sovietico, considerato dagli USA, ma anche dall’Italia, cortile di casa e luogo ove difendere i propri interessi strategici. Sigonella oggi è la capitale mondiale dei droni, leggasi cacciabombardieri senza pilota, e di tanto altro ancora.
Fu il rischio di incidenti ad indurre gli esperti americani a scartare Sigonella come base per il MUOS: le potenti emissioni elettromagnetiche del sistema avrebbero potuto provocare l’esplosione degli ordigni stoccati nei depositi o sugli aerei. Venne quindi scelta la base di Niscemi, una vasta struttura di comunicazioni costruita nel 1991, sulla scorta del processo di militarizzazione del sud-est siciliano a copertura e protezione della base missilistica di Comiso.
Dal 2008 si è cominciata a sviluppare la viva protesta dei cittadini niscemesi e del circondario contro l’installazione del MUOS, nonostante trapelassero ancora scarse informazioni incipriate di assicurazioni sulla sua innocuità. La preoccupazione principale della popolazione era per la salute che le emissioni elettromagnetiche delle parabole, in aggiunta a quelle già abbondanti delle 46 antenne (e andrebbe detto, anche alle esalazioni tossiche del vicinissimo petrolchimico di Gela), avrebbero definitivamente compromesso. A quell’anno può essere fatta risalire la nascita del movimento NO MUOS e l’inizio dei suoi tentativi di denunciare il pericolo rappresentato da questo mostro (o MUOStro) militare, oltre che per gli abitanti anche per l’ambiente.
Da parte americana si è sempre cercato di conquistare (e acquistare) buoni rapporti con gli amministratori locali e regionali, sottacendo o sminuendo tutti gli studi indipendenti che invece definivano il MUOS pericoloso da un punto di vista ambientale. Il Comune di Niscemi, che in un primo tempo era caduto nella trappola, sospinto dalla protesta popolare, in seguito ad alcune perizie di parte mutava il proprio atteggiamento; assieme ad altre decine di Comuni intentava una coraggiosa causa legale contro gli Stati Uniti; nel mentre, in ogni angolo dell’isola, si andavano costituendo i Comitati NO MUOS che svolgeranno una straordinaria opera di controinformazione e di organizzazione del malcontento.
A partire dal 2012 i comitati si organizzarono in un coordinamento regionale che dava inizio ad una nuova fase di lotta contro il gigante americano. Questa volta il tema della salute e dell’ambiente veniva coniugato con l’altro – altrettanto, se non più importante – della guerra e della militarizzazione del territorio. Arrivavano in paese delegazioni di movimenti attivi contro altre basi militari, in Sardegna, a Vicenza o anche all’estero; venivano a portare la loro esperienza, preziosa per gli attivisti locali. L’acquisto del terreno a pochi metri dalle recinzioni della immensa base USA vedeva la nascita del Presidio permanente, una sorta di avamposto che darà filo da torcere agli occupanti yankees per parecchi anni. Si costituirà anche un battagliero comitato “Mamme NO MUOS” che condurrà lungo la base decine di donne niscemesi determinate a impedire questo attentato alla vita dei loro figli. Uno sciopero generale paralizzerà la città nel maggio del 2013, momento centrale di un conflitto permanente che dava molto fastidio alle istituzioni.
Lungo la stradina che conduce all’ingresso della base si svolgeranno decine e decine di blocchi stradali, cortei e proteste; parecchi attivisti e attiviste penetreranno dentro la struttura militare scavalcando le reti e si arrampicheranno sulle antenne costringendo gli americani a spegnerle (questi poi presenteranno un conto carissimo per questo “danno” – tecnicamente: “interruzione di comunicazioni militari internazionali” – che comunque nessuno mai pagherà). Interi cortei taglieranno le reti e s’infileranno addirittura all’interno della base; sarà un crescendo di battaglie e di episodi che avranno un’eco positiva sull’opinione pubblica e provocheranno scelte dignitose anche da parte di qualche magistrato che “oserà” sfidare il governo americano sequestrando diverse volte il cantiere del MUOS per abusivismo edilizio, oppure pronunciamenti contrari alla base anche da parte dell’Assemblea Regionale e del Governo regionale. Nell’arco di un paio di anni, dall’estate del 2012 a quella del 2014, tutta la Sicilia sarà NO MUOS e gli americani si troveranno in gravi difficoltà, con il rischio concreto di dover abbandonare il progetto su questo territorio.
La risposta del governo italiano, incalzato ed aizzato dall’ambasciata americana, sarà improntata a una feroce repressione: dopo aver dichiarato il sito “di interesse strategico per la nazione”, sono iniziati gli arresti, i fogli di via, le denunce, le multe, le cariche della polizia, le minacce più o meno velate; il tutto condito da una campagna stampa terroristica contro il movimento (“infiltrato dalla mafia”; composto da anarchici bombardi, ecc.), e soprattutto da ricatti nei confronti della classe politica siciliana (il governo “di sinistra” di Crocetta), per indurla al dietro-front, cioè al rilascio delle autorizzazioni mesi prima ritirate e alla conseguente ripartenza dei lavori.
Per diversi anni lo scontro è stato pesante, anche violento; la lotta ha viaggiato sulla spinta dell’entusiasmo e della fiducia in una vittoria che, effettivamente, si era spesso sfiorata. Ma purtroppo i lavori procedevano rapidi e così molti amici cominciavano a trasformarsi in falsi amici (sia partiti come il Movimento 5 Stelle, che organi di informazione e giornalisti, che fette di opinione pubblica).
Il Movimento NO MUOS, che ha fatto della propria autonomia da ogni forza politica la sua base fondante, ha continuato per la sua strada, denunciando gli imbrogli messi in atto, affiancando alle iniziative sul campo azioni legali e di controinformazione, pur subendo la decimazione degli attivisti per via della forte repressione e per quella piaga che colpisce i giovani meridionali, corrispondente al nome di emigrazione.
Con la fine dei lavori e l’entrata in funzione del MUOS (attorno al 2018) un generale scoramento ha colpito l’ambiente sociale popolare niscemese, che, pur mantenendo le simpatie per la battaglia, se ne è progressivamente distaccato. La mobilitazione è proseguita e prosegue a ritmi più blandi; il presidio, svuotato delle forze fresche che le avevano animato, viene rimesso in funzione solo per assemblee periodiche e per il campeggio estivo, che rappresenta il momento del bilancio, della riflessione e dell’impostazione delle nuove attività e si conclude regolarmente con un corteo verso l’ingresso principale della base e le reti limitrofe alle parabole del MUOS.
In questi anni il movimento si è sforzato di far conoscere la sua lotta e la vera dimensione del problema, in molti casi sottovalutata, spiegando come la sua non vada considerata una battaglia territoriale qualsiasi, ma l’avamposto di una opposizione alle guerre e alle politiche militariste, e nello specifico, contro un sistema di comunicazioni militari dalle implicazioni mondiali. La centralità della guerra nei progetti del capitalismo sia americano che italiano (e in generale) è stato uno dei temi su cui si è maggiormente dibattuto, affinché non si continuasse a considerare questo problema gravissimo come un aspetto secondario delle contraddizioni della vita odierna.
L’esplosione del conflitto in Ucraina ha dimostrato che il movimento NO MUOS avesse visto bene, sia nelle sue analisi generali, che nello specifico della situazione siciliana, che vede la base di Sigonella ed il MUOS svolgere un ruolo sempre più fondamentale e aggressivo, come si sta vedendo nei cieli del Mar Nero. Proprio di questi giorni è la notizia, molto considerata all’estero, quasi sottaciuta in Italia, del ruolo centrale della base di Sigonella nell’affondamento dell’incrociatore russo Moskva a largo di Odessa dello scorso aprile da parte delle forze armate ucraine. È stato un pattugliatore multimissili Poseidon partito dalla base siciliana a guidare i militari ucraini, mentre altri droni-spia sono stati e sono tutt’ora attivi nel fornire informazioni segrete alle forze antirusse. Oggi, per questi motivi, attivisti NO MUOS sostengono che la Sicilia è in prima fila nella guerra in corso, e che un fattivo contributo alla pace lo si può dare opponendosi agli strumenti militari che sussistono sul territorio siciliano e italiano.
Il movimento negli ultimi tempi si sta occupando moltissimo delle interferenze del mondo militare-industriale nelle università italiane; a tal proposito ha realizzato un opuscolo-inchiesta. Altro fronte è quello dei movimenti territoriali, ambientalisti, sindacali, ecc.: a tutti viene rivolto l’appello a trovare nell’opposizione alla guerra un elemento in comune, perché la guerra condiziona le vite di tutti, interferisce sulle scelte politiche, sottrae risorse ai bisogni primari della popolazione, ha ricadute micidiali sull’ambiente. E solo dall’unione di tutte queste forze frammentate è possibile far nascere una prospettiva concreta di smilitarizzazione delle nostre vite e dei nostri territori.