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Educazione e intervento sociale

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Nell’università vuota

Foto di Camillo Pasquarelli
31 Maggio 2021
Student* in lotta

Quelli qui pubblicati sono i testi di alcuni dei manifesti affissi negli spazi dell’Università di Pisa da un gruppo di studentesse e studenti in occasione di alcune iniziative di mobilitazione e discussione a marzo 2021.

Uni-D(e)ad
A noi questo dibattito meramente schiacchiato su “didattica in presenza” e “o Dad o morte” ci sta stretto per molte ragioni:
Innanzitutto non ci appartiene la lettura boomer “la tecnologia vi sta rincretinendo!!!!!” perché è da anni che ci stiamo formando su internet; meme, Facebook, podcast, Barbero su YouTube, stories, ebook…poi che ciò porti delle contraddizioni è un dato, indicarle non le fa scomparire, meglio inserirsi nei processi e riconoscerli che stare a bofonchiare con una stupenda agendina analogica.
Non ci appartiene neanche la lettura sinistronza “solo in pvesenza, si ottiene quello scambio che possiamo davvevo chiamave Cultuva”.
Parliamoci chiaro: la didattica in università tendenzialmente… fa cagare. Vorremmo precisare che intanto la Didattica a Distanza, in realtà, c’è sempre stata, ovvero dalle medie in avanti che assistiamo a lezioni frontali, compiti per casa, letture di slide e basta; quindi vorremmo provare a chiamarla didattica delle piattaforme. Ora questo ai nostri occhi cosa comporta?

Ad oggi stiamo solo assistendo alla solita storiella, di un professore pop- up che parla con voce soporifera ad una platea virtuale annoiata; o meglio dei barlumi in realtà ci sono, se il professore è interessante, si ingegna e ci prova, allora delle barriere si rompono, la gente è carica di intervenire e fare domande nella chat e si instaura una simpatica dinamica da conversazione whatsapp fatta di battute e reaction, ma se invece il prof era palloso dal vivo è strapalloso on-line. Questo perché? Semplicemente i programmi fanno pena, sono super muffosi, vecchi, stantii, non al passo con i problemi che sentiamo e viviamo imminenti o con questioni di una rilevanza, il tutto erogati nelle sempre e solite modalità senza nemmeno sfiorare la parvenza di senso e lettura critica.

ATTENZIONE! Fare il corso di ecologia politica, storia post coloniale o transfemminismo è sicuramente molto interessante, ma o è spesso super theory normativo o comunque non basta. Perché? Non basta perché ad orpello c’è tutta una gestione della formazione vomitevole, anche là dove gli argomenti sono belli e necessari: ipercompetitivitá, valutazione numerica con carico di ansia e frustrazione, i CFU, corsi di studio scientemente fatti a posta per farti finire fuoricorso, facendoti aumentare stress e tasse da pagare, professori che ti umiliano che ti denigrano che ti fanno andare in depressione che non ti stimolano, che ti offendono… Metodi educativi e formativi pessimi e obsoleti, quando non violenti (magari proprio in un corso “alternativo” e su tematiche di un certo tipo).

Oh e una pandemia globale non ha smosso di una virgola tutto ciò. L’università è totalmente chiusa pur di salvare l’impianto esamificio e la didattica delle piattaforme ha preso virate securitarie e alla black mirror (esami bendati, 15 controlli della tua cameretta per vedere se copi, urla e strepiti se ad un esame i tuoi occhi per due millisecondi non sono perpendicolari alla telecamera), quando invece delle potenzialità ci sarebbero (basti pensare a tutte le persone con famiglie o che lavoravano che stanno usufruendo delle registrazioni e ritornando a studiare).
Ad oggi domande del tipo “come ti vedi tra 5 anni?” ci spaventano, non solo per la crisi pandemica in atto, ma anche perché il bilancio su questa formazione è negativo su tutti i punti di vista. Speriamo in questi fogli di carta, ma più per mancanza di alternative che altro.
Per un’università ecologica, inclusiva, critica, transfemminista c’è bisogno di un cambio passo radicale (anche perché abbiamo finito tutti i video di Barbero…).

Parliamoci chiaro: la didattica in università tendenzialmente… fa cagare.

Tasse, taille, gabelle e imposte
Altro problema endemico dell’università sono le tasse. Non c’è tanto da girarci intorno: tendenzialmente dovrebbe essere gratuita e ci dovrebbero essere molte più borse e sussidi per gli studenti. Non ne facciamo una questione ideologica, ma con la pandemia in atto è saltato il banco.
Adesso in un momento critico come questo anche i ramini sono importanti e anche botte minime di 300 euro possono far smettere di studiare qualche collega, ma Unipi se ne frega, anzi fa il gioco delle tre carte
“La vedi questa rata? Stai attento è qui ancora qui, la vedi e… sparita. Dove è la rata? Il rettore Mancarella-Houdini ha millantato di aver ridotto le tasse, ma è semplice cerchiobottismo perché le ha aumentate per gli studenti fuoricorso, che è cosa ancor più odiosa visto che fa emergere fuori il disprezzo che hanno per la comunità studentesca e che se sei lento a dare gli esami (fatto molto strano in una pandemia globale) devi cacciare oboli in più.

Negli ultimi dieci anni (non abbiamo voluto andare più indietro, perché ci saremmo messi a piangere) le tasse sono tendenzialmente raddoppiate. Questo giochino-ricatto potevamo anche a malincuore starci quando l’università era aperta, ma adesso no, è una truffa, continuiamo a pagare le stesse cifre per una sagoma di cartone dell’università: non possiamo prenotare aule di lezione, le lezioni sono a distanza, i laboratori e tirocini sono un miraggio, le biblioteche non accessibili se non con la parola segreta (che non conosciamo), per prenotarsi nelle aule studio non ne parliamo. I servizi sono calati a picco (e non è che fossero “nouvelle cuisine”, erano quel minimo che non ti faceva ribaltare il tavolo e andare via urlando), ma le tasse si pagano e l’università o sta dando tutto a Microsoft, nostro nuovo oscuro signore, o sta facendo cassa in uno grande deposito alla Zio Paperone.

In tutto ciò, con famiglie in difficoltà, studenti che spesso mollano o si cercano lavoretti per tirare avanti, l’università continua a fare giochetti con anticipare di mesi la richiesta per la riduzione tasse, pur di fa soldi si punta sulla distrazione della gente…ridicoli.

Altro motivo per cui è saltato il banco è e sarà l’Isee. Perché ogni cosa che pagheremo sarà tendenzialmente una proiezione falsata di 3 anni fa in cui una pandemia non c’era. Quindi non ha senso continuare a parlarne, stiamo regalando soldi, soldi che oggi servono più che mai.
Altro fatto che ci fa restare increduli è che il Diritto allo Studio Universitario (DSU) se ne sta fregando alla grande; non solo queste borse non sono aumentate né di numero né di sostanza, ma sono rimasti anche i parametri-ricatti infami dei crediti da conseguire entro tot e anche a costo di ripeterci ci sta che il nostro studio sia un filino rallentato DURANTE UNA PANDEMIA GLOBALE!

L’unica cosa che l’Università ha fatto è dare due sussidi minimi, un po’ stile lancio di banconote e folla che prova a prenderne qualcuna e soprattutto dei computer e tablet! Tralasciamo il numero irrisorio (750), posso avere anche il computer della NASA, ma se non mi permetti di accedere in sicurezza ad un wifi decente come quello dell’Unipi, io ci gioco a frisbee con il computer o acchitto un tentativo di scrivania in piazza Dante.
E per finire vorremmo ricordare che non ha senso dare le miserate quando facendo i conti, bisogna pagare l’affitto, le bollette, la spesa, un Wi-Fi buono, i manuali, le spese alimentari e ci rimangono al pelo due spicci per prendere una birra con gli amici. L’università costa, questa città costa, la vita universitaria costa…questo giochino deve finire.

Boh sinceramente siamo stanchi di essere presi in giro, vogliamo borse di studio triplicate, prezzi degli affitti calmierati e più alloggi decenti per poter ritornare a vivere in città, pasti gratis e se proprio proprio devo pagare queste tasse è perché vanno a dare una mano a studenti e studentesse in difficoltà economica.

Università mezza piena o mezza vuota?
L’Università è barricata e un senso di smarrimento un po’ ci prende. Sia chiaro non ci mancano le aule piccole buie e fatiscenti o le corse per accaparrarsi qualche sedia sbilenca o ancora meglio un bel posto sul pavimento a ingegnarci dove prendere gli appunti; slide sbiadite e brusii di prof si scorgevano lontani. Non ci mancano neanche quelle file kilometriche alla mensa o il mangiare un panino in corsa perché la pausa pranzo era una miseria e la lezione era dall’altra parte della città; non sentiamo neanche la mancanza dei cessi rotti, delle aule studio zibille e del caffè sciacquone. Allora cosa ci manca? Cosa era quel nonsoché che ci faceva ingoiare tutti i rospi e continuare a stare in questo manicomio?
Sono i vuoti, i vuoti che c’erano negli spazi universitari. Che stai a di’? Proviamo a spiegarci meglio.

La Didattica digitale ha in potenza, e per certi casi in atto, allargato la partecipazione e la fruizione della lezione (tutti e tutte possiamo vederci le solite slide o in generale il/la prof ovviamente fermo restando che la connessione regga), ma gira e rigira il nodo è sempre quello. Quanto apprendevamo dalle lezioni? Quante volte trovavamo degli escamotage per far passare più velocemente quelle ore e mezza? È li che entrano in gioco i vuoti, a mancarci non sono le lezioni in presenza, ma sono le chiacchiere durante le lezioni, le pause sigaretta tra un cambio d’ora e l’altra, le mangiate con i colleghi e le colleghe, discussioni, scambi, ci mancano tutte quelle relazioni che non erano normate e codificate, i vuoti che il processo formativo provava sempre ad erodere (basti pensare a quanti colleghi erano costretti a schizzare a prendere un autobus o un treno, ogni giorno a fare un su e giù schizofrenico e stressante) ma che sempre uno spazietto riuscivano a trovare. Non ne possiamo più della narrazione tossica del “dagli all’untore universitario!!!”.

Chi viene a stare nelle vostre case spesso fatiscenti? Che spende per i vostri panini freddi? Chi spende a comprare dei libri esosi e spesso osceni?
Molti che ci hanno preso a pesci in faccia, ora piangono miseria e rivogliono anche loro una riapertura, ma anche questo deve finire, siamo stanchi e stanche di cacciare fuori i sordi, ma di essere sempre l’ultima ruota del carro e di essere scientemente esclusi da ogni dibattito che ci riguardi.
Anche nelle mobilitazioni di quest’estate l’abbiamo ribadito più volte, una gestione in sicurezza degli spazi universitari si può e si deve fare: apertura in sicurezza delle aule grandi da lezione (anche solo per seguire i corsi con il Wi-fi dell’unipi) con il reintegro di tutto il personale, apertura delle biblioteche in sicurezza, apertura dei numerosi spazi verdi dell’università, costruzione di tanti altri spazi visto che già erano insufficienti in pre-pandemia e un modo adeguato per fare tirocini e laboratori e non portandoli nelle case degli studenti e delle studentesse pavoneggiandosi anche. Ad oggi stiamo pagando per tutto questo, ma come Smaug, unipi fa man bassa d’oro al sicuro nella grotta.
Abbiamo bisogni di nostri spazi tutti da ridefinire e da costruire. Vaso vuoto suona meglio.


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