Le scuse del Belgio sul passato coloniale

di incontro con Alessandro Jedlowski
traduzione di Valerio Casali
Potresti riassumere in breve il contenuto della lettera scritta dal Re.Nell’occasione del 60esimo anniversario dell’indipendenza Congolese, il Re Filippo ha portato i suoi omaggi al presidente Tshisekedi e alla popolazione congolese, ha espresso poi la sua volontà di rafforzare i legami tra Belgio e Congo. A tal fine, stando alle parole di Filippo, c’è la necessità di guardare sia al futuro che al passato.
Nella lettera scrive: “Questa storia consiste di comuni conquiste, ma anche di episodi dolorosi. Ai tempi dello “Stato libero del Congo”, furono commesse violenze e atrocità che continuano a gravare sulla nostra memoria collettiva. Il successivo periodo coloniale inflisse sofferenze e umiliazioni. Esprimo il mio più profondo rammarico per queste ferite del passato, ferite che sono nuovamente e dolorosamente tangibili oggi a causa di discriminazioni ancora così presenti nella nostra società. Continuerò a lottare contro ogni forma di razzismo. Sono pienamente coinvolto nelle discussioni parlamentari circa il modo migliore di fare i conti col passato.”
…e come è stata accolta dall’opinione pubblica e dai media Belga e Congolesi?
Il Re Filippo è stato sia lodato che criticato. Per Ludo de Witte, autore del libro L’assassinio di Lubumba, la lettera non è abbastanza, perché la colonizzazione dello “Stato libero del Congo” e del Congo belga fu la rapina organizzata di un Paese. (“DeStandaard”, 1 luglio). Rapina avvenuta con i crimini, centrali nel modus operandi degli occupanti, con il lavoro forzato, con l’apartheid, col razzismo istituzionale, con le spedizioni punitive, con le esecuzioni di massa, con le deportazioni interne, con l’impunità coloniale. In breve, riferirsi solo alla ‘violenza’ e alla ‘sofferenza’ causata, lascia spazio ad una visione positiva della colonizzazione, con le eccezioni di atti che si possono etichettare come eccessi.
Inoltre, De Witte spera che la commissione parlamentare a cui la lettera si riferisce si adoperi in concreti risarcimenti. In altre parole, che il ‘rammarico’ non si riveli un’ estemporanea operazione propagandistica.Jean Omasombo fa notare che, visto il saccheggio del Congo ad opera del Belgio, discutere di eventuali rimborsi non è un’assurdità. Ma, dice Omasombo, i rimborsi che vanno direttamente allo stato “sono una cattiva idea così come la lettera di scuse che il Re ha scritto a Tshisekedi.
Tshisekedi può spiegarla come una legittimazione Belga alla sua presidenza, un onore che non merita. Sarebbe stato molto meglio se il Re avesse rivolto le sue scuse direttamente al popolo Congolese. Per quasi un secolo e mezzo hanno affrontato la miseria, dallo “Stato libero del Congo” di Leopoldo fino ad oggi”. Per quanto riguarda i Congolesi oggi, Omasombo riferisce, ” La grande maggioranza dei Congolesi sono nati dopo il 1960 e vivono in stato di sopravvivenza sociale ed economica. Inoltre sono da molto tempo iconoclasti verso Leopoldo II.”Le voci dalla comunità Belga-Congolese sono differenti. Mireille-Tsheudi Robert dice che “Le scuse del re sono un piccolo passo per noi, ma probabilmente un grande passo per la famiglia reale. Il prossimo passo deve venire dal governo.” Pierre Kompany loda l’umanità di Filippo. Primrose Ntumba afferma che la lettera testimonia la consapevolezza odierna circa il dibattito politico sul razzismo. Gia Abrassart, quindi, ipotizza che la lettera non serva ad ammettere la colpa, ma sospetta che sia un modo di riallacciare rapporti economici (di sfruttamento) col Congo.
La critica più comune è che il Re non avrebbe dovuto esprimere rammarico, ma piuttosto scusarsi; cosa che avrebbe avuto conseguenze legali differenti. Ma sembra una tempesta in un bicchier d’acqua, perché qualora ci fossero differenze legali tra le due forme (cosa che, stando ai legali, non è vera), il re non poteva impegnarsi a nome del parlamento. Le espressioni di rammarico sono quindi più di natura religiosa-morale: un’ammissione di colpa. Se il re avesse parlato di risarcimenti, avrebbe ecceduto la sua autorità e scatenato un caso politico. D’altra parte, la sua lettera è stata approvata dal governo, che quindi si è assunto la colpa. Ma questo non dice nulla su chi dovrebbe risarcire cosa. Inoltre, l’intera discussione a volte appare come la ricerca di un capro espiatorio che permetta ai peccati di oggi, il presente coloniale, di essere coperti da qualcosa di intangibile del passato, privandoci quindi del dovere morale di mettere in discussione le nostre relazioni coloniali del presente. Al contrario, questo meccanismo ci fa sentire come se abbiamo fatto progressi, cosa che, certamente, non è vera.
Perché credi che il Re abbia deciso di scrivere questa lettera adesso? Come si connette questo all’impatto del movimento Black Lives Matter (BLM) in Belgio, e al dibattito sulla riapertura del Tervuren Museum? Questa lettera simboleggia che il Belgio stia entrando in un nuovo rapporto con il proprio passato coloniale? Come definiresti questo rapporto oggi?Non sappiamo esattamente cosa (il re) abbia deciso e se ha deciso del tutto. Nella monarchia costituzionale Belga, i poteri del Re sono praticamente limitati a qualche funzione militare in tempi di guerra, e alle nomine del governo dopo le elezioni. La sua libertà di espressione è molto relativa, quindi in ogni caso le opinioni che esprime nelle sue facoltà di re necessitano dell’approvazione del parlamento. Apparentemente il governo è rimasto ‘sorpreso’ dalla lettera, ciò rende plausibile che Re Filippo abbia preso l’iniziativa da sé. La lettera probabilmente è passata dal gabinetto del re al gabinetto centrale del governo, dove ha subito dei cambiamenti. Sarebbe interessante immaginare cosa il governo abbia cancellato dalla lettera di Filippo per perpetuare gli interessi iscritti nel colonialismo.
Le cause e le ragioni della lettera sono molteplici. C’è il contesto del BLM, il 60esimo anniversario dell’indipendenza del Congo, le dichiarazioni da parte del Partito Cristiano Democratico che le scuse sarebbero state appropriate, e che il Re fosse la figura meglio indicata a porgerle. Inoltre, la creazione di una commissione di verità e riconciliazione era già stata annunciata, la quale in tutta probabilità avrebbe denunciato una responsabilità della monarchia, e portato comunque il re ad esprimere rammarico o scuse. Questa lettera gli ha fornito l’opportunità di tenere l’onore per sé.
Inoltre, con questo gesto, la sua autorità morale aumenta, e forse diminuisce la sua invisibilità e irrilevanza. In ogni caso, compensa la sua assenza alla riapertura dell’Africamusem, per la quale si aspettavano le sue scuse. L’ironia è che non si è presentato per paura di proteste dalle comunità della diaspora africana, che giustamente protestavano contro la riapertura come mancata opportunità per decolonizzare il museo.
Comunque, la lettera aiuta a ridurre l’amnesia coloniale, e influenza l’opinione pubblica in modo piuttosto positivo. Improvvisamente una pubblica ammissione di colpa diventa accettabile. La legittimità del nostro passato coloniale era comunque in convalescenza. La lettera è uno stimolo e parte di un consenso ad affrontarlo. Questi sforzi sono vari, passano dalla rimozione di statue al cambiamento dei curricula educativi, alle restituzioni e alla discussione sui risarcimenti.
La lettera poi opera l’ovvia connessione tra il colonialismo del passato e il razzismo di oggi. Non è casuale che proprio durante le manifestazioni BLM si siano ripetutamente imbrattate le statue di Leopold II. Sono state vandalizzate a tal punto che il villaggio di Ekeren, ad esempio, ha dovuto rimuovere una statua in modo ‘permanente’.