LA POESIA. Responsabilità
di Grace Paley, a cura di Paolo Cognetti

Questo articolo è stato pubblicato sul numero 44 de “Gli asini”: acquista il numero e abbonati per sostenere la rivista.
Grace Paley (1922) era figlia di ebrei ucraini emigrati in America all’inizio del secolo. Fu profondamente legata alla città di New York, dove passò tutta la vita: cresciuta nel Bronx ebraico, italiano, latino, afroamericano, fulcro di quella irripetibile esperienza di emigrazione e convivenza tra culture che fu New York nel primo Novecento. Dopo il matrimonio e la maternità andò a vivere nel Greenwich Village, dove partecipò ai movimenti politici che dagli anni Sessanta in poi agitarono il quartiere, la città e l’America intera. Pacifista, femminista, ecologista, madre di due figli e moglie di due mariti, diceva sempre di aver troppo da fare per scrivere, eppure le bastarono tre raccolte di racconti per essere riconosciuta come maestra della forma breve: in Piccoli contrattempi del vivere (1959), Enormi cambiamenti all’ultimo momento (1974) e Più tardi nel pomeriggio (1985) diede vita a una voce unica, che univa l’oralità e l’ironia del racconto yiddish allo sperimentalismo postmoderno. Il suo primo amore, però, era la poesia: la intendeva come diario personale e politico, la praticò fino all’ultimo giorno. Morì nel 2007 dopo una vita appassionata, tutta spesa per le idee in cui aveva creduto e le persone che aveva amato. (P. C.)
Responsabilità
È responsabilità della società lasciare che il poeta sia poeta
È responsabilità del poeta essere donna
È responsabilità del poeta stare agli angoli delle strade
a distribuire poesie e volantini scritti meravigliosamente
e anche volantini che non si possono vedere
per la loro retorica sguaiata
È responsabilità del poeta essere pigro andare a spasso e fare
profezie
È responsabilità del poeta non pagare le tasse di guerra
È responsabilità del poeta entrare e uscire da torri d’avorio e
bilocali su Avenue C
e campi di grano saraceno e basi militari
È responsabilità del poeta maschio essere donna
È responsabilità del poeta femmina essere donna
È responsabilità del poeta dire la verità ai potenti
come sostengono i Quaccheri
È responsabilità del poeta imparare la verità da chi non ha potere
È responsabilità del poeta ripetere all’infinito: non c’è
verità senza giustizia e questo significa giustizia
economica e giustizia in amore
È responsabilità del poeta cantarlo su melodie originali
e su quelle tradizionali della poesia recitata e cantata
È responsabilità del poeta ascoltare le dicerie e riferirle
nel modo in cui i cantastorie travasano la storia della vita
Non c’è libertà senza paura e senza coraggio non c’è
libertà se
la terra e l’aria e l’acqua non continuano a esistere e anche se i bambini
non continuano a esistere
È responsabilità del poeta essere donna tenere d’occhio il
mondo e gridare come Cassandra, ma
farsi ascoltare questa volta
Gente della mia famiglia
Nella mia famiglia
la gente che aveva ottantadue anni era molto diversa
dalla gente che ne aveva novantadue
Gli ottantaduenni erano diventati grandi
nel 1914
quello che avevano conosciuto
era guerra grande guerra guerra
Per questo quando parlavano di un figlio
dicevano
il povero ragazzo…
I novantaduenni ricordavano
il 1905
erano andati in carcere
erano andati in esilio
dicevano ah vedrai
Quando parlano ai nipoti
dicono
sì verrà la rivoluzione
poi verrà la rivoluzione poi
una volta ancora poi la terra stessa
girerà e girerà e griderà oh
non ne posso più
Ora fai tu mia piccola gemma
fiorisci e salvala tu
Definizione
Il mio dissenso è un urrà
un’ingrata disposizione
come all’alba la luna
la mia ambizione: buona fortuna
e perché no, un volo
sopra il gran dilemma
poi buonanotte a quelli
infelici in eterno
Notizie
anche se preferiremmo parlare
e parlare fino a ridurre a teoria psicologica
la diffusione di piccoli genocidi
o l’ultima malattia in rotta
verso di noi da un altro continente
non dobbiamo mentre lei parla i suoi occhi
fanno spavento è soltanto una persona
ci dà le sue terribili notizie noi
vogliamo lasciare la stanza non possiamo
dobbiamo stare a sentire in questo mondo sbagliato ecco
cosa ci tocca fare dobbiamo sopportare
Sorelle
Le mie amiche stanno morendo
siamo vecchie d’accordo è naturale
un giorno abbiamo superato lo stato di “mature”
che avevamo nella tarda mezz’età
e di colpo siamo arrivate a “vecchie” allora
tutti i piccoli virus mortali e
i cuccioli di tumore che avevano lottato
per anni contro il nostro coraggioso
sistema immunitario hanno trovato il
campo aperto e
la vittoria
ma non è questo che intendevo
raccontare volevo dire che
le mie amiche stavano morendo ma adesso sono
diventate assenti la parola morte è corretta
ma inappropriata
non ho eliminati i loro nomi da
conversazioni pettegolezzi discussioni politiche
dalla mia rubrica telefonica o dall’archivio dei biglietti
da visita
in qualsivoglia ordine alfabetico o
ideale ogni sera della mia
settimana solitaria posso fermarmi su Claiborne
Bercovici
Vernarelli Deming e sostare un momento
sulla loro serietà di artiste lavoratrici
il loro entusiasmo di attiviste politiche nelle
strade delle nostre città o sui posti di lavoro
le loro veglie i digiuni le preghiere dentro o fuori
di prigione la leggerezza dei loro cuori che fluttuava
sulla disperazione del momento
le loro coraggiose e a volte comiche
disobbedienze davanti agli ufficiali servitori
della legge la loro fedeltà all’idea che
basti un pizzico d’angoscia in più per
vivere in questo mondo minimamente
innamorate intelligenti sensuali energiche riscattate
Questo articolo è stato pubblicato sul numero 44 de “Gli asini”: acquista il numero e abbonati per sostenere la rivista.