La comunità di base
Uno sguardo appannato
Non riusciamo ad essere buoni osservatori della realtà della chiesa italiana nonostante diversi ed efficaci studi sociologici tentino di raccontarne il suo variegato tessuto. Anche perché l’informazione che abbiamo attraverso i canali della chiesa ufficiale e dei media è parziale e distorta.
Non è più tempo di scismi ma di fatto sono ormai diverse le chiese “cattoliche” presenti in Italia. E poi molte le religioni, moltissime le confessioni cristiane antiche e nuove. Per non parlare di una religiosità diffusa che ormai cadute le palizzate del cattolicesimo tradizionale caratterizzano molti cittadini, dai sedicenti atei e agnostici alla ricerca, ai religiosi conclamati, ai cristiani ecc. Gli antichi romani molto saggiamente avevano creato un sistema, il panteon, che ospitava tutti gli dei offrendo pari dignità a tutte le fedi.
La chiesa cattolica degli anni cinquanta
Nell’Italia cesaropapista e pacellina degli anni cinquanta, la chiesa governata da un papa che si riteneva santo si reggeva su una salda dottrina teologica, morale, sacramentale e spirituale. Non c’erano dubbi e ripensamenti. Per salvarti dovevi… Lo schema prevedeva un itinerario di educazione e un modello di uomo-cristiano che non aveva fessurazioni. Papa, prete, parrocchia, Azione cattolica, Madonna di Fatima e di Lourdes. I comunisti erano scomunicati e gli ebrei e i musulmani fuori dalla salvezza. Le settecentesche chiese dei nostri paesi rispecchiano bene questa religiosità. Non ci sono i grandi racconti biblici delle cattedrali romaniche o i crocefissi gotici. L’itinerario dell’educazione e formazione cristiana era scandito attraverso diverse tappe ben raffigurate dagli arredi delle chiese: il battesimo con il fonte battesimale, l’eucarestia con il tabernacolo (non l’altare) dove si adorava il santissimo; il pulpito per la predicazione e il confessionale per la confessione; i banchi con gli inginocchiatoi per la preghiera. E poi le devozioni al patrono e alla sua statua o la vergine protettrice. Un altare per ogni devozione. La via crucis per la contemplazione della passione. Segni e linguaggi che si sono solidificati in trecento anni di contro riformismo e deviazionismo popolare, con i suoi canti, rosari, coroncine, primi venerdì del mese e messe per i morti a pagamento. Il libro di riferimento era la dottrina, ossia il catechismo di Pio X: summa teologica per domande e risposte che veniva mandato a memoria dai bambini al catechismo.
Il vento del cambiamento
Il Concilio (1958-1963) arrivò in un’italietta tradizionale e pseudo religiosa, come un uragano e un terremoto inaspettato suscitando sospetti, paure, reazione e tante speranze. I semi che dormivano nascosti sotto la terra come le radici sepolte d’inverno sotto la neve sbocciarono e cominciarono a portare frutto sotto l’acquazzone benefico della nuova stagione. I cattolici erano chiamati a una conversione profonda, a intraprendere un cammino di ri-educazione della loro fede.
Nuove parole d’ordine. Ne cito solo alcune: Parola di Dio (non solo “il vangelo”); Popolo di Dio e Comunità (non più “la parrocchia”), impegno sociale e politico (non opere di carità). Assemblea eucaristica (non più “la messa”).
I luoghi del rinnovamento furono prima di tutto le parrocchie, aiutate da preti illuminati e da vescovi conciliari e a seguire le tre più importanti associazioni cattoliche: l’Azione cattolica, le Acli e gli Scout. Non c’era ancora la moltiplicazione di movimenti che oggi conosciamo ad esempio Comunione e Liberazione, Catecumenali, Spirituali, Pentecostali, Opus Dei, Legionari di Cristo con la cornice di devoti a piede libero come i fedeli di padre Pio, della madonna di Madjugorie, ed altri gruppi e gruppetti. C’erano, è vero, dei preti “carismatici” che avevano un seguito di affezionati e obbedienti. Mi viene in mente don Dossetti a Monetveglio, padre Remo Sartori alla comunità del Pozzo. Ma tutto si svolgeva principalmente all’interno delle parrocchie e “tenuti sotto controllo” dai vescovi.
Negli anni seguenti le spinte conciliari si andarono progressivamente spegnendo. Subito dopo si cominciò a frenare la spinta propulsiva del Concilio. Specialmente papa Wojitila ossessionato dall’anticomunismo, segnato da presunti miracoli della Madonna di Fatima e dal suo passato carismatico riportò la chiesa a una visione pre-conciliare e spense progressivamente ogni fermento di rinnovamento e di speranza. La sua personalità e la sua autocoscienza di mandato da Dio fecero il resto. Il mondo laico e cattolico rimase affascinato dal suo strapotere mediatico e si unì al coro di chi lo invocava come il nuovo profeta.
La chiesa è stata desertificata. Dal papa e dai vescovi non si sentono mai parole nuove. Mai un gesto significativo, una testimonianza che apra il cuore e generi speranza. Paura, complotti, e scandali.
Le Comunità di base
Le Comunità cristiane di base erano nate in Italia sull’onda di una doppia sollecitazione: il Concilio e il 68. Le Comunità di base cercavano di rinnovare la chiesa partendo dal basso, dalla base appunto, attraverso piccoli gruppi attivi sia nelle parrocchie che fuori di esse. All’inizio si chiamarono “Gruppi spontanei”. I cristiani che ravvivarono questi gruppi erano per lo più giovani, volevano gestire in modo nuovo la propria fede diventando cristiani maturi e autonomi. Rivisitando in modo critico il patrimonio tradizionale della fede. Da una parte chiedevano più parola e democrazia all’interno della chiesa, dall’altra spingevano il credente a impegnarsi nel sociale e nel politico per costruire una mondo migliore. Dalla parte degli ultimi. Erano i tempi delle comunità dell’Isolotto di Firenze (con don Mazzi), di San Paolo a Roma (con don Franzoni) o dell’Oregina di Genova. Era una stagione di grandi fermenti, un vento primaverile sembrava attraversare la società e la chiesa: con don Milani, padre Balducci, don Dossetti e moltissimi altri.
In una città di medie dimensioni come Modena nacquero in quel tempo (inizi anni settanta) 25 gruppi-comunità di base, confederati con altre comunità di base dell’Emilia Romagna e d’Italia. Si organizzavano convegni, si stilavano documenti, si stampavano giornali e ciclostili. Modena era particolarmente recettiva a queste novità, già presenti attraverso i “Cristiani per il socialismo”, i Cristiani democratici intorno Gorrieri e a Guerzoni, il centro culturale del San Carlo. La comunità-parrocchia del Villaggio e la comunità del Pozzo erano i due punti di riferimento. Più laica e impegnata nel sociale la prima più spiritualista e legata intorno a un gruppo di famiglie la seconda.
Le Comunità di base furono le più importanti realtà ecclesiali che ebbero il coraggio di sviluppare il seme buono del Concilio. Ma presto furono emarginate ed estromesse.
Prospettive e speranze
La riflessione e l’approfondimento teologico cammina, nonostante tutto, all’interno della cristianità, specialmente nel nord Europa e nell’America Latina. In Italia i vescovi, i preti, i cristiani tutti avvertono il fiato del Vaticano sul collo che si sente il padrone della fede. I vescovi, i teologi, le suore, i cristiani, i preti hanno paura. Manca il coraggio di esprimersi pubblicamente non solo in modo individuale ma come comunità, associazioni, gruppi organizzati. Si brontola, si mormora, ma si parla poco e si agisce meno.
Il Credo che viene recitato da migliaia di cristiani nella messa della domenica è stato assemblato dopo infinite discussioni e compromessi nel IV e V secolo: esprimeva verità teologiche con un linguaggio filosofico già allora lontano dalla comprensione e dalla sensibilità dei credenti. Nei millenni seguenti si sono aggiunti altri dogmi che spesso sono in palese conflitto con la ragionevolezza umana e si nascondono dietro la parola “mistero” non reggendo più ad un confronto con la modernità.
Cosa vuol dire che un sacramento produce la grazia di Dio? Che il battesimo e l’ordine segnano in modo indelebile l’animo del credente? E il perdono di Dio deve passare attraverso il sì e il no del prete? Si può ancora parlare di indulgenze, perdono di Assisi, messe per i defunti ecc?
Sempre più ci accorgiamo che ogni religione è un sentiero tracciato dagli uomini per raggiungere lo stesso Dio. Hanno ancora valore le missioni? In che modo il moderno cristiano testimonia la sua fede?
Nelle scelte morali riemerge il primato della coscienza e un ruolo della chiesa come suggeritrice più che di giudice severa e inappellabile, raddolcita solo un poco dalla parola “misericordia”. La nuova sensibilità morale ci ha portati a parlare di modelli diversi di famiglie, di coscienza ecologica, di impegno etico nell’economia, nella società e nella politica. Di corresponsabilità nei confronti di tutto il cosmo. Il credente deve bandire la guerra, le spese militari, deve lottare per una più decente distribuzione dei beni sulla terra, per la salvezza del pianeta. Sono questi i temi che emergono con forza nel cuore del credente e dei gruppi. Gli unici valori “non negoziabili” di un credente.