Gli Asini - Rivista

Educazione e intervento sociale

  • Chi siamo
  • Rivista
  • Abbonamenti
  • Chi siamo
  • Rivista
  • Abbonamenti

In Val di Susa una situazione inquietante

31 Maggio 2021
Loredana Bellone

Incontro con Daniela Bezzi

San Didero, Piazzale del Baraccone lato ferrovia, al tramonto di una luminosa domenica dei primi di maggio, in attesa di vedere arrivare la festosa biciclettata da Bussoleno. Dall’altra parte della strada, oltre lo sbarramento dei militari, si intravede a malapena il container che fino al 12 aprile (la notte delle requisizioni) fungeva da Punto informativo per il Movimento NoTav. Su quello spiazzo posteggiavi la macchina prima di addentrarti a piedi nel boschetto che era ricresciuto rigoglioso intorno a quell’obbrobrio di cemento che già negli anni ’70 era stato concepito come Autoporto, e che i giovani del Movimento NoTav avevano recuperato dal degrado eleggendolo a Presidio in Bassa Valle. Nonostante decenni di sversamenti, interramenti di nocività e veleni di ogni genere, quel bosco era diventato l’habitat di una straordinaria biodiversità – incredibile il potere di rigenerazione della natura! Adesso anche quel parcheggio è pattugliato giorno e notte dalle Forze dell’ordine, benché la proprietà sarebbe non demaniale ma del Comune di San Didero: non a caso il sabato mattina vi si svolgeva il mercato, unica opportunità di commercio per un paesino così defilato da non avere neppure un negozio.

Su questa parte della strada però il movimento non si è perso d’animo, e il 25 aprile, a conclusione del partecipatissimo corteo proveniente da San Giorio, è atterrata una casetta. Che non potrà eguagliare per poesia di forme e materiali di recupero quel capanno sorto come per magia in cima al Presidio requisito, con quel tetto a punta che virava verso la montagna e la più bella vista su tutta la valle e però: c’era una volta un bellissimo capanno… ma eccone già un altro, nuovo di zecca. Il segno più tangibile di continuità nella storia di una resistenza che in tutti i suoi momenti più cruciali ha saputo costruire qualcosa. Da qui in poi, però, che succede? E soprattutto come si metabolizza ciò che è successo?
Lo chiedo a Loredana Bellone, che nel ruolo di Consigliera Comunale di San Didero, di cui è stata Sindaca per più mandati in passato, ha vissuto tutta questa vicenda in prima linea.

Non si metabolizza. Non è accettabile proprio nulla di quanto è successo e per come è successo. Che quest’area fosse destinata a ridiventare l’autoporto della Val di Susa benché sia già da tempo perfettamente funzionante quello di San Giuliano di Susa, nei sempre più incoerenti piani della Telt, era cosa nota e oggetto di non poca preoccupazione per noi amministratori. Tant’è che proprio su questa tema l’Amministrazione di San Didero insieme a quella di Bruzolo, aveva previsto il 17 aprile una manifestazione statica proprio qui dove ci troviamo ora, località Baraccone, alla quale erano stati invitati, oltre alla cittadinanza, tutti i Sindaci e Amministratori della Valle, con tanto di fascia tricolore per sottolineare la particolare rilevanza della questione. Non solo per il nostro piccolo comune, non solo per l’impatto che un simile progetto avrà sulla viabilità di tutta la valle (si parla di un’estensione di 68mila mq, come oltre nove campi di calcio, con un movimento-mezzi che nessuno è in grado di quantificare esattamente nell’arco di non si sa quanti anni), ma soprattutto considerando la ben nota nocività di quell’area per via delle emissioni accumulate nel corso di decenni dalle varie acciaierie – una vera e propria bomba pensare di intervenire su quei terreni, a livello sanitario e ambientale.

Non è accettabile proprio nulla di quanto è successo e per come è successo.

Nonostante tutte queste motivazioni di argomentata contrarietà, questo tratto di valle ha dovuto ingoiare nella notte fra il 12 e il 13 aprile l’indigeribile realtà di un’occupazione militare in grande stile, con l’arrivo di 80 veicoli incolonnati ed equipaggiati di tutto punto per procedere alle recinzioni. Un vero shock per me, e per tutti coloro che quella sera erano qui. Per non dire delle migliaia di poliziotti in assetto di guerra, dei candelotti sparati ad altezza d’uomo sui ragazzi che erano accorsi per tentare di opporre una qualche resistenza – insomma una guerra, una cosa da non credersi. Impossibile credere che una cosa del genere possa essere successa nel nostro Paese, e però è successa, come mostrano i filmati. Ancor più incredibile il modo con cui questo affronto è stato comunicato dai media: con il tono dei “soliti disordini”, senza un commento circa la totale illegittimità dell’accaduto sul piano delle procedure. Non meno vergognoso il modo in cui siamo stati trattati il mattino dopo, quando ci è stata negata la possibilità di verificare le condizioni di alcuni attivisti che erano rimasti dentro il Presidio – in spregio al nostro ruolo che sarebbe di tutela della cittadinanza, nessuno escluso. Precisamente in questi termini ci siamo confrontati tra tutti noi, Sindaci e Amministratori riuniti nella Conferenza Stampa convocata lo stesso pomeriggio, 13 aprile, qui dove siamo ora. Ma solo due ore dopo, eccoci di nuovo in uno scenario da Vietnam, con una pacifica marcia dispersa fra i campi dalle Forze dell’ordine, la caccia al NoTav a colpi di candelotti fin dentro le stradine del nostro minuscolo comune, abbiamo avuti casi di persone afflitte da problemi respiratori che per poco non finivano in ospedale… Inaccettabile tutto, una grande ferita. Che purtroppo si è ancor più riaperta solo qualche giorno dopo, quando alla fine di un sabato che era stato molto importante per la valle, con una pubblica assemblea molto partecipata, alla presenza (di nuovo) di tutti i Sindaci e del nostro Comitato tecnico – un momento insomma di corale rielaborazione del trauma vissuto, oltre che d’informazione circa la storia e le prospettive del “Nuovo” Autoporto – si è verificato l’incidente che solo per miracolo non è stato mortale. Di nuovo in tarda notte, in risposta a quella che le Forze dell’ordine hanno interpretato come “incursione ostile”. Di nuovo tafferugli, candelotti a casaccio – e la povera Giovanna colpita alla testa e ricoverata in ospedale dove si trova tuttora, ovviamente a Torino perché in valle non esistono strutture adeguate!

Almeno in quel caso, su richiesta dei nostri avvocati, la procura ha aperto un fascicolo e auguriamoci che le responsabilità vengano accertate, perché è vero che le Forze dell’ordine hanno il compito di garantire la pubblica sicurezza, ma con metodi dissuasivi, al massimo con degli idranti, mentre in tutti questi episodi si è fatto largo uso di lacrimogeni (Gas Cs) che sarebbero vietati persino in guerra – e invece è successo a Venaus nel 2005, è successo ripetutamente a Chiomonte, è successo a Giaglione il 10 dicembre scorso ed è successo di nuovo a San Didero, non so quanti bossoli abbiamo raccolto nei campi e non oso pensare a quelli rimasti inesplosi, altro che sicurezza!
La domanda che tutti ci poniamo, come Amministratori e come Unione Montana, è la seguente: come si può pensare di portare avanti un qualsiasi progetto “di sviluppo”, in uno scenario di così chiara opposizione da parte di un’intera valle? Con la forza delle armi, in condizioni di continua guerriglia, a colpi di denunce, fogli di via, pesanti multe e processi per chiunque si interpone? Insomma con la guerra, dichiarando la Val di Susa il Nemico Interno? Non è proprio pensabile, non si può.

Poche settimane prima di questi episodi il presidente di Telt Mario Virano aveva diffuso i risultati di un sondaggio, che registrava un crescente favore in Val di Susa al progetto Tav. E in tutte le loro comunicazioni non perdono occasione di sottolineare l’aspetto “green”, di sostenibilità, del loro operato.

Se i risultati di quel sondaggio fossero veri, perché arrivare in piena notte come per cogliere di sorpresa il nemico, con la scorta dell’esercito! Perché procedere sin dalla stessa notte con le recinzioni incuranti delle procedure previste a livello istituzionale! Da notare tra l’altro che alcuni giorni dopo la notte delle requisizioni, ovvero quando mi sono trovata a sovraintendere il rilascio degli attivisti che erano rimasti a difesa del presidio, erano presenti anche i Vigili del fuoco i quali hanno messo a verbale la totale insicurezza di quell’edificio e delegato il Comune di San Didero (non Telt) a emettere divieto di accesso e sosta a chiunque, in primis gli operai, anche per il semplice deposito di attrezzi. Nello stesso verbale si chiedeva a Telt e Sitaf di produrre documentazione fotografica che comprovasse quanto sopra, che non ci è arrivata per cui abbiamo dovuto effettuare un altro sopralluogo qualche giorno fa, 29 aprile, ed è stato l’ennesimo shock, altro che green! Rete termosaldata ovunque con aggiunta di micidiali concertine di produzione israeliana, che lacerano le carni di chiunque ci si trovi impigliato per via delle micidiali lamette; fari accesi giorno e notte, con un impatto violentissimo su quello che era fino a pochi giorni fa un bosco, popolato di essere viventi… da non credersi lo scempio, il vero e proprio biocidio che sono riusciti a compiere in soli pochi giorni, in quello che era l’unico polmone verde in questo tratto di valle. Non so quanti alberi abbiamo contato accatastati, dopo essere stati sbancati dal terreno a colpi di scavatrice. Uno scenario di desolazione che abbiamo documentato scattando il maggior numero di foto nel poco tempo concesso, alle prese con “incaricati Telt” talmente inadatti al compito da essere continuamente al cellulare con i loro “capi” per rispondere alle nostre domande. E persino sorpresi, alla fine del colloquio, circa la richiesta di controfirmare un verbale – a questo può arrivare l’arroganza di una Forza di occupazione.
Sul particolare impatto ambientale di questa bella impresa sono pronte ad attivarsi parecchie associazioni animaliste, perché in periodo di nidificazione (come sarebbe per l’appunto questo) il regolamento europeo è chiaro: vietato abbattere il patrimonio boschivo. Per non dire dei piccoli mammiferi, delle tane andate distrutte o proprio tombate, impedendo il passaggio, la vita, della ricca varietà di fauna che si era creata in quella zona di bosco tra la strada e il fiume Dora. Uno spettacolo di devastazione da stringere il cuore. Edoardo Reyneri, ex guardia zoofila e vicino al Movimento NoTav, sta lavorando a un esposto per denunciare tutto questo – e sarà l’ennesima barricata di carta.

Tutti noi Amministratori siamo preoccupatissimi circa le conseguenze che potranno derivare dalle procedure di scavo in quei terreni avvelenati di diossine e Pcb (policlorobifenili, in parte simili alle diossine, ndr).

Nel frattempo è arrivata l’Ordinanza dell’Anas che rende a senso unico alternato il traffico sulla Ss 25, e insomma… si dà per scontato che dobbiamo digerire ciò che digeribile non è. Specialmente in un momento come questo, dopo un anno di pesanti sofferenze causa-Covid, con le ben più urgenti priorità di investimento che sarebbero necessarie per la sanità, per le incertezze economiche che per alcuni è già povertà, con il lavoro che scarseggia. Un simile spreco di denaro pubblico, sommato a quello già sprecato per la costruzione del “vecchio” autoporto che avrebbe dovuto entrare in funzione negli anni ’70 e invece poi venne spostato a Susa e adesso dovrebbe tornare a San Didero… scandaloso tutto.

Come se ne esce…? Accennavi ai problemi che potrebbero aprirsi in particolare sul fronte sanitario
Bisognerebbe chiederlo al nostro Governo, che nelle condizioni di estrema difficoltà in cui siamo, che imporrebbero un radicale cambio di passo e sostanziosi investimenti appunto in sanità e ammortizzatori sociali, ha stanziato per questa bell’impresa 55 milioni di euro di cui 5 solo per la “sicurezza”, ovvero recinzioni e difesa militare! Per spostare una struttura che già basta e avanza a Susa, dove però dovrebbe sorgere la Stazione internazionale di una Torino-Lione che la Francia non ha ancora convintamente finanziato e che la stessa Corte dei conti europea ha dichiarato insostenibile rispetto agli impegni di decarbonizzazione sottoscritti anche dal nostro Governo. Dovrebbe essere chiaro a tutti, com’è chiaro a noi, che questo progetto fa acqua da tutte le parti, che proprio non regge, che è solo una macchina per moltiplicare gli appalti, che in tempi di pandemia è un colossale spreco, che sarebbe meglio fermarlo finché si è in tempo. Come dovrebbe essere chiaro a tutti che non si può militarizzare un’intera valle, per difendere non uno ma ben tre cantieri e relativi transiti per anni – e invece a tutti i costi si va avanti, per la gioia delle lobbies del cemento e del tondino, le stesse che ci hanno portato all’emergenza ambientale che vorremmo contrastare con i vari Ministeri della transizione ecologica, Piani di resilienza eccetera, per cui: non se ne esce, anzi sarà sempre peggio.

L’aspetto particolarmente allarmante di tutta questa vicenda resta però appunto sul fronte della salute, che sarebbe un diritto garantito dalla costituzione. E su questo fronte intendiamo senz’altro impegnarci. Già adesso, e da anni, la situazione epidemiologica in Valle è seria, per la riscontrata mortalità superiore a livello nazionale per quanto riguarda tumori allo stomaco e alla laringe, disturbi all’apparato respiratorio, per le tante situazioni di inquinamento delle falde acquifere o pulviscolare, che incidono sulla stessa catena alimentare. E il particolare inquinamento di quei terreni destinati all’Autoporto, per via delle acciaierie che intorno agli anni ’60 trovarono casa tra Bruzolo, San Didero e Borgone, è già stata più volte denunciata: una storia industriale da tempo conclusa, che però ci ha lasciato con una quantità di veleni solo in minima parte bonificati. Tutti noi Amministratori siamo preoccupatissimi circa le conseguenze che potranno derivare dalle procedure di scavo in quei terreni avvelenati di diossine e Pcb (policlorobifenili, in parte simili alle diossine, ndr). È inoltre nota la presenza di forti venti in Val di Susa, con prevedibile diffusione di nocività pulviscolare fino a Torino e ben oltre. E insomma, secondo i sostenitori del Tav+Autoporto, dovremmo passivamente assistere alla messa in cantiere di una catastrofe non diversa da quella che l’Italia ha già vissuto sul caso di Seveso decenni fa, anzi persino più estesa… mentre siamo ancora in pandemia, che follia!

La valle ha dovuto ingoiare nella notte fra il 12 e il 13 aprile l’indigeribile realtà di un’occupazione militare in grande stile, con l’arrivo di 80 veicoli incolonnati ed equipaggiati di tutto punto per procedere alle recinzioni.

Una follia che continueremo a contrastare come abbiamo sempre fatto: esposti, denunce e quant’altro, supportati dalle competenze della Commissione di tecnici che fu proprio il Comune di San Didero (e poi la stessa Unione montana) a nominare nel 2014. E con l’attiva solidarietà dei tanti esperti, scrittori, artisti, ricercatori, professionisti a vario titolo, che in tutti questi anni hanno sostenuto la nostra resistenza nei più diversi modi.
Per cui: andiamo avanti… Come cittadini non possiamo che sentirci presi in giro da questa totale assenza di cura nel concreto delle scelte, da parte di chi ci governa. Tanto per fare un esempio: in valle non abbiamo un ospedale degno di questo nome. Per partorire devi correre a Torino o a Briançon oltre il confine, perché all’Ospedale di Susa hanno tolto il reparto maternità che pure era un gioiello. Per fare il vaccino anti-Covid mi toccherà fare quasi 70 km per andare a Pinerolo. Come Amministratori, rappresentanti dello Stato, non possiamo che sentirci mortificati dalla “normalità” che ormai impacchetta ogni aspetto di questa situazione, e l’elenco delle irregolarità sarebbe lungo. Un esempio fra i tanti: permane la più totale opacità circa l’effettiva proprietà dei terreni requisiti, nonostante le richieste da noi avanzate. Lo stesso cartello che per legge deve essere esposto all’esterno di ogni intervento edilizio o in qualche modo pubblico, omette questo dato – ma alla franco-italiana Telt si perdona tutto!
E al tempo stesso, eccoci qui, in questa valle bellissima che dopo trent’anni di mortificazioni, sconfitte, repressione non si è mai arresa, anzi il contrario. Con questa casetta che significa tante cose, soprattutto per quella parte del Movimento che abbiamo visto crescere in questi mesi al Presidio di San Didero, dopo la scorsa estate ai Mulini di Clarea, dove c’è il cantiere di Chiomonte – e parlo dei giovani, continuamente propositivi, creativi, ricchi di risorse, determinati a difenderlo davvero il loro futuro. E il primo maggio c’è stata una bellissima diretta con altre situazioni di resistenza ambientale simili alla nostra in tutta Italia, a partire da quella di Taranto, che ho vissuto come il segnale di un risveglio.

Per cui resto ottimista. Interrogazioni, petizioni, via vai di politici non sono riusciti a modificare un bel nulla di questo progetto così chiaramente climaticida, ma noi Amministratori ci siamo e continueremo a esserci, accanto a coloro che questa valle continueranno a difenderla perché è casa loro.

… Nel frattempo la biciclettata da Bussoleno ha raggiunto la casetta di San Didero, e da questa parte della Ss 25 è un gran sventolare di bandiere NoTav. Poco più tardi si verrà a sapere che alcuni giovani ciclisti sulla strada verso casa sono stati presi a sassate dalle stesse Forze dell’ordine, per fortuna senza conseguenze. I Sindaci della Val di Susa hanno ragione a dire che la situazione non è sostenibile anzi inquietante. E dovrebbero essere ascoltati.


Questo articolo è disponibile gratuitamente grazie al sostegno dei nostri abbonati e delle nostre abbonate. Per sostenere il nostro progetto editoriale e renderlo ancora più grande, abbonati agli Asini.


info@gliasini.it

Centro di Documentazione di Pistoia

p.iva 01271720474 | codice destinatario KRRH6B9

Privacy Policy – Cookie Policy - Powered by botiq.it