In ricordo di Marcella Emiliani
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I capelli grigi raccolti in una coda (prima che la chemioterapia la costringesse a tagli più corti), gli occhiali con la catenella da appendere al collo, i completi pantaloni-maglia-gilet rigorosamente scuri: Marcella Emiliani si presentava in una specie di uniforme che rifletteva il suo modo di essere, anticonformista con nonchalance, focalizzata sulla sostanza, senza fronzoli.
Africanista prima di diventare mediorientalista, Marcella si era laureata con una tesi monumentale sul TANU, il partito unico in Tanzania, nel 1974, scritta con la supervisione di quella che lei ha sempre chiamato la sua “maestra”, Anna Maria Gentili. Con lei ha condiviso viaggi, esperienze accademiche e un’amicizia che ha retto al trascorrere dei decenni: all’UniBO e poi, con la complicità di Elena Tripodi, alla Biblioteca Cabral, hanno organizzato innumerevoli convegni, seminari e momenti di approfondimento, riversando parte della loro vivacità intellettuale anche sulle pagine della rivista Afriche e Orienti, di cui sono state colonne portanti.
Tra la fine degli anni ‘70 e i primi anni ‘80 la sua “prima vita”, come la definiva Marcella, l’ha vista percorrere in lungo e in largo il continente africano come inviata esteri per “L’Unità”, per poi sconfinare anche in Medio Oriente: una dei pochissimi italiani (donna in un mondo ancora quasi unicamente maschile) a fare reportages sul campo. E’ stata poi autrice radiofonica e televisiva: divulgatrice per vocazione, ha realizzato i collegamenti dall’Africa e dal Medio Oriente per il format televisivo Rai Mixer; ha collaborato con Radio Radicale e con Radio Rai 3, in particolare partecipando al programma Wikiradio – Le voci della storia: nel 2014 ha curato per il canale TV di Rai Storia il programma Shuluq (nome arabo del vento di mezzogiorno, lo Scirocco), setacciando gli archivi video dalle Teche Rai alla ricerca di qualche perla inedita con l’entusiasmo di una ragazzina. Abilissima narratrice oltre che rigorosa analista, sapeva descrivere personaggi ed eventi con la freschezza della romanziera e lo spessore della politologa.
Da un pubblico virtuale di lettori, radioascoltatori e spettatori, dopo che i primi problemi di salute l’hanno costretta a diradare i viaggi, Marcella è passata a interloquire direttamente con le platee numerosissime di studenti che seguivano i suoi corsi quando è diventata docente universitaria. Tra Bologna e Forlì, Marcella ha di fatto istituito la prima cattedra di Storia Politica del Medio Oriente in Italia: prima di lei c’erano Islamisti, arabisti, orientalisti, ossia specialisti che adottavano un punto di vista filologico-linguistico, antropologico-culturale oppure filosofico e religioso. Senza nulla togliere all’importanza di questo tipo di contributi, quello che mancava era l’approccio più squisitamente politico: lo studio della formazione delle entità statali e delle élites politiche, delle forme di governo, del ruolo di gruppi e partiti e della loro evoluzione, delle configurazioni di potere e delle basi a partire dalle quali quel potere viene legittimato, lo studio della funzione delle ideologie, delle dinamiche e delle modalità di competizione politica, della strutturazione e del funzionamento delle amministrazioni statali, dell’impatto dei fattori economici, e poi ancora l’analisi dell’interazione tra le diverse arene statali e gli attori internazionali o transnazionali in tutta la loro complessità. Marcella ha saputo riempire quel vuoto: nei suoi corsi (e nella sua ricerca) adottava categorie mutuate dalle scienze politiche e dallo studio delle relazioni internazionali per sdipanare l’apparente guazzabuglio di conflitti, contraddizioni e lacerazioni di un’area sempre sotto ai riflettori ma che raramente viene spiegata. Era apertamente insofferente nei confronti di tutti coloro che offrivano giustificazioni semplici per fenomeni estremamente complessi. Smontava le tesi de “Lo scontro di civiltà” di Samuel Huntington con una verve proporzionale al suo fastidio nel vedere inquadrate e ridotte a una questione superficialmente culturale molte delle dinamiche eminentemente politiche mediorientali, dinamiche derivanti dallo sviluppo di forme statali condizionate fin dalla nascita dall’esterno, così come da rendite petrolifere dirette o indirette, perfettamente inserite nel mercato internazionale senza che la “cultura” c’entrasse nulla. Altrettanto tranchant era nei confronti degli argomenti di chi attribuiva a una matrice religiosa, l’Islam, tutto quel che di peggio succedeva in Medio Oriente, dal terrorismo alla difficoltà a misurarsi con quella democratizzazione di cui gli Stati Uniti dall’11 settembre in poi sembravano essersi fatti portabandiera proprio come antidoto al terrorismo. Prima della pubblicazione del suo Medio Oriente. Una storia dal 1918 al 1991, e poi Dal 1991 ai giorni nostri, nel 2012, l’unico testo approfondito sulla storia politica contemporanea dell’area disponibile in italiano era Stato, potere e politica della formazione del Medio Oriente moderno di Roger Owen, che era stato tradotto per Il Ponte nel 2006 anche su spinta della stessa Marcella. Nel 2010 Massimo Campanini aveva scritto per il Mulino una Storia del Medio Oriente, ma Campanini è un islamista, non un politologo. Questo dà la misura dell’importanza del lavoro di Marcella in Italia, in un vacuum disciplinare ancora più allarmante alla luce della posizione geostrategica del paese nel Mediterraneo e della scarsa consuetudine nostrana a leggere in lingua inglese. Dal punto di vista intellettuale e umano, Marcella ha avuto un impatto enorme sulle centinaia di studenti che l’hanno seguita negli anni. Appassionata, lucida, tagliente e ironica, li (anzi ci, mi ci metto in mezzo anch’io che l’ho conosciuta in queste vesti) conquistava tutti: le aule dove teneva i suoi corsi erano sempre affollatissime. In un ambiente spesso malato del complesso di Medea, lei aveva nei suoi studenti più fiducia di quanta non ne avessero loro stessi: coinvolgeva i suoi tesisti nelle lezioni, li mandava sul campo per la ricerca e per imparare la lingua (cercando di minimizzare i rischi), approfittava di ogni occasione per metterli in prima linea. Quando tirava vento di guerra contro Saddam Hussein, ci ha trascinati nella sua stessa frustrazione per la superficialità con cui mezzi di comunicazione seguivano le vicende; da giornalista ben consapevole che “I fatti sono fatti” (cioè diventano notizie oppure no a discrezione di chi li riporta), ne ha fatto nascere un corso, Media and conflict, e poi un Osservatorio di Politica Internazionale – Media and conflict, in cui noi studenti volenterosi ci cimentavamo nell’analisi critica della stampa italiana e internazionale. Fu un’esperienza galvanizzante. Senza sapere né l’arabo né l’ebraico, aveva un’abilità sorprendente di leggere gli eventi e trovare i significati e i collegamenti che agli altri sfuggivano.
Al suo pensionamento avrebbe voluto che a Bologna si creasse un gruppo di ricerca stabile sul Medio Oriente in cui il nucleo affiatato e composito di dottori di ricerca di diversa formazione (politologica, storico-sociale, da scienze della comunicazione…) che intorno a lei si era aggregato potesse proseguire il suo lavoro, ma in Facoltà hanno prevalso altre logiche. La prospettiva di anni di precarietà con contratti di docenza mal pagati hanno spinto tanti (me compresa) ad andarsene altrove: l’amarezza per questo le è rimasta fino alla fine, pur nella serenità straordinaria con cui ha affrontato l’ultimo periodo.
Nelle decine di messaggi dei suoi ex studenti che sono circolati sui social in queste settimane dopo la notizia della sua scomparsa ci sono una immensa gratitudine, stima, affetto sincero. E’ stata definita da Adriano Sofri una “intellettuale leale”, per molti di noi era molto di più: una mentore, un modello di generosità e schietta umanità, una cara amica.
Per chi non conoscesse il lavoro di Marcella Emiliani, questi i suoi titoli più importanti:
Leggenda nera: biografia non autorizzata di Saddam Hussein, Guerini, 2003
Nigeria: Petrolio, forze armate e democrazia, Carocci 2004
Hamas. Prospettive, sviluppi, paure, Il Ponte 2006
Hamas alla prova del governo. La Palestina sull’orlo della guerra civile Il Ponte 2007
La terra di chi? Geografia del conflitto arabo-israeliano-palestinese, con l’introduzione di Gianni Sofri, Il Ponte 2008
Nel nome di Omar. Rivoluzione, clero e potere in Iran”, Odoya, 2008
Purgatorio arabo, Laterza 2011
Medio Oriente. Una storia dal 1918 al 1991, e dal 1991 a oggi, Laterza 2012