Il padre materno. il saggio di Argenteri
Ci sono padri come Abramo che attentano alla vita dei figli perseguendo un loro fine di salvezza superiore. Ci sono padri che si nascondono ai figli, come Ulisse, per rivelarsi solo quando ritengono sia giunto il momento. Per venire a tempi più recenti, ci sono padri sensibili e acuti nei confronti della psiche e della sensibilità altrui, ma rozzi nelle relazioni familiari che li riguardano da vicino, come lo stesso Freud che non ha esitato a verificare le proprie teorie sulla figlia Anna, intesa quindi non come persona quanto come cartina di tornasole. Più in qua negli anni ci sono i padri padroni autoritari del primo dopoguerra e i padri libertini e “aperti” cresciuti durante il boom economico, molti dei quali alla prova dei fatti con famiglia e figli reali non trovano di meglio da fare che defilarsi, sostituendo di fatto il Complesso di Edipo con qualcosa che è stato definito Complesso di Telemaco.
Infine, fenomeno che riguarda il presente, ci sono coloro che Simona Argentieri definisce “padri materni”. Padri che non temono di mostrare a se stessi e ai figli il loro lato delicato e tenero perché non vivono più figli e infanzia come tabù da cui tenersi alla larga. Anzi. Si occupano dei figli perché sono felici di farlo e si realizzano facendolo.
Si parte da qui.
Tra gli altri, il libro di Simona Argentieri ha il pregio di accompagnarci a ripercorrere le tappe storiche e simboliche che hanno costruito questa nuova figura della contemporaneità.
Un libro che attraversa e mescola psicanalisi, sociologia, storia delle religioni, arte alta e fenomeni pop, cinema, letteratura esperienze personali e le rielabora in una specie di “teoria del buon senso”, verrebbe da dire.
Colpiscono innanzitutto i bellissimi riferimenti alla figura di san Giuseppe, padre materno per antonomasia. Ma si parla anche di Geppetto e della sua ricerca del figlio ideale da plasmare con la propria arte e le proprie mani (Geppetto è falegname come San Giuseppe), di Freud e Lacan in quanto padri reali con figlie e figli reali. Si parla dei Mecca dotati di sentimenti di A.I. il film di Spielberg e di Nemo, il cartone della Pixar. Si parla di spot pubblicitari con padri che si relazionano senza alcun senso manifesto con neonati.
Tant’è.
Il fatto è che viviamo in un’epoca che sembra mescolare i ruoli in un meltin pot che parrebbe tendere all’indifferenziato. Viviamo in un mondo costituito da padri e madri biologici e/o adottivi, coppie e single, nonni e baby-sitter di provenienza e religioni diverse, omosessuali, transessuali ed eterosessuali che costruiscono nel tempo dinamiche e relazioni fluttuanti. Questa è la società in cui viviamo, con strutture familiari variabili e atipiche. Una società in mutamento che consente alla persona possibilità inesplorate di costruirsi identità ricche e complete, libere dalle menomazioni e dalle scissioni del passato. Come sottolinea Simona Argentieri, indifferenziazione non significa perdita della propria identità, quanto possibilità – forse per la prima volta nella storia – per ciascuno di costruirsi da solo la propria identità. Di scegliere chi si desidera essere. E, soprattutto, di poterlo essere.
Forse questa labilità dei confini potrebbe spaventare (oggi qualcuno ne è effettivamente spaventato), tanto più se pensiamo alla rigidità dei ruoli del passato: padre/legge madre/casa. Ma forse è proprio orientandosi all’interno di questo mare dell’indifferenziato che si può trovare il proprio unico e vero spazio vitale. Dove tra tutte le infinite tipologie di padre (e di persona) che il passato come un moloch mi consegna, io posso decidere di incarnarne una: la mia. Quella che dentro la mia Narrazione Familiare si confà maggiormente a me e che mi consente di dare il mio meglio ai miei figli e alla mia famiglia.
Non è un universo spaventoso e conflittuale quello che questi padri ci mettono davanti agli occhi, quanto un universo personale più libero, rispettoso e “responsabile”.
Pertanto, non c’è nulla da salvaguardare. Non c’è alcun passato mitico da proteggere. Non c’è nessun territorio simbolico e affettivo da perlustrare e difendere come delle vere e proprie sentinelle in piedi o appostate dentro il fortino dell’immobilismo. Anzi. Non c’è nessun bisogno di sentinelle per aiutare la persona a trovare il proprio spazio paterno e individuale. Tanto meno dopo secoli di inibizione della tenerezza, e di vergogna per la propria parte sentimentale. Proprio ciò di cui l’infanzia ha bisogno e richiede per entrare sana e felice nel mondo adulto.
Leggere il libro di Simona Argentieri è intraprendere un viaggio. Senza paura ma con entusiasmo dentro la propria storia familiare individuale. Un viaggio nelle tante, infinite narrazioni familiari che ci hanno preceduto e grazie alle quali ciascuno di noi è diventato ciò che è.
È un viaggio che ci porta lontano, alla scoperta delle nostre radici, delle origini storiche e simboliche che ci hanno condotto proprio qui, ad essere ciò che ora siamo. Per questo disegna un percorso circolare e sembra alla fine ricondurci a quello che dovrebbe essere il punto di partenza.
Per dirlo non trovo parole migliori che quelle di Simona Argentieri stessa, quando afferma che “per arrivare a un equilibrio nel rapporto tra padri e figli non servono tante teorie. Basterebbe coniugare l’affetto con il buon senso.”
Ecco. È tutto così semplice.