Fumetti: il caso Raina Telgemeier

Raina Telgemeier è un nome noto anche a chi non si occupa di fumetto: la sceneggiatrice e disegnatrice statunitense non è solo una delle più rilevanti del fumetto d’autore per adolescenti, ma potremmo spingerci a dire che è la persona che lo ha inventato.
L’intuizione di Telgemeier sembra semplice sulla carta: prendere gli stilemi del fumetto d’autore (quello che ormai è chiamato un po’ dappertutto graphic novel) – storie lunghe, spesso autobiografiche, scritte da un unico autore – e adattarli a un pubblico giovanissimo, abituato alle saghe di supereroi, alle serie Disney, ai manga e ad altre incarnazioni del fumetto popolare. Oggi i libri di questo tipo sono molto diffusi – anche in Italia esistono case editrici specializzate, come Il Castoro (l’editore di Telgemeier), Tunué e Bao Publishing – ma fino a poco tempo fa non era così. In questa ottica, più che cantare le lodi di un’autrice che ha senza dubbio cambiato l’editoria a fumetti, è interessante osservare la carriera di Telgemeier con una domanda in testa: come si costruisce un lettore?
L’ascesa di Raina Telgemeier inizia nel 2004 quando, dopo anni di gavetta nell’autoproduzione, propone all’editore statunitense Scholastic un adattamento a fumetti de Il club delle baby-sitter, una serie per adolescenti scritta da Ann M. Martin che negli Stati Uniti ha avuto un successo enorme per tutto il tempo in cui è stata pubblicata, dal 1986 al 2000.
L’adattamento funziona bene, e nel 2010 Telgemeier pubblica il suo primo libro da autrice unica: Smile. È la storia del suo alter-ego Raina che, a cavallo tra la scuola media e il liceo, si trova costretta a portare un enorme apparecchio per i denti. Un evento disastroso per una ragazza di quell’età, di cui Telgemeier racconta con ironia le conseguenze: Raina vede per la prima volta se stessa attraverso lo sguardo degli altri, non sempre accogliente, e impara a convivere con questa nuova consapevolezza. Smile vende 1.5 milioni di copie, viene tradotto in 22 paesi e rimane per 240 settimane nella classifica del New York Times come miglior libro illustrato. Non è il più venduto della storia del fumetto, certo, ma se si guarda al settore del fumetto per adolescenti questi numeri sono impressionanti.
Dopo Smile arrivano In scena! (2012), Sorelle (2014), Fantasmi (2016) e Coraggio (2019) che, tutti insieme, hanno venduto circa 18 milioni di copie in più di venti paesi, rendendo Telgemeier un fenomeno internazionale. Al di là dei numeri, è interessante come Telgemeier sia riuscita a creare, praticamente da sola, un mercato: quello del fumetto d’autore per la fascia 11-13 anni. Un segmento che negli ultimi anni è cresciuto molto e in fretta (anche in Italia, dove, secondo l’ultimo rapporto dell’Associazione Italiana Editori, pubblicato a luglio 2021, solo nel primo semestre dell’anno il fumetto ha triplicato le sue vendite, registrando un +214% rispetto al periodo pre-pandemia). In un mercato in crisi perenne come quello editoriale, è un dato da tenere d’occhio nei suoi lati positivi e negativi.
Cos’è, però, il fumetto d’autore per ragazze e ragazzi? Quando si parla di fumetto d’autore, si intende in linea di massima una storia autoconclusiva, realizzata in tutte le sue fasi da un’unica persona (uno degli aspetti principali che lo differenziano dal fumetto popolare, il cui processo di produzione spesso coinvolge molte professionalità diverse, ciascuna al lavoro su un singolo aspetto della storia), con uno statuto letterario. Molti dei fumetti d’autore più famosi sono memoir, autobiografie, reportage o contengono in qualche misura elementi realistici, e fanno dello stile (cioè del disegno e della voce) il loro punto distintivo.
Telgemeier rielabora questi elementi in una forma digeribile per un pubblico preadolescente: prende ispirazione dalla sua infanzia, e lo dichiara (Smile, Sorelle e l’ultimo Coraggio sono, a conti fatti, memoir); racconta storie aderenti alla realtà quotidiana delle sue lettrici, con un linguaggio a loro vicino; lavora su uno stile che ricorda l’estetica Disney ma con un tratto personale; tocca argomenti di solito considerati “difficili” per questa fascia d’età, come la morte e l’orientamento sessuale.
Per capire perché i suoi fumetti funzionano così bene, però, è forse più semplice partire da ciò che non sono.
Non sono originali. In Smile, Raina racconta il guaio di portare l’apparecchio ai denti in un momento delicato come il passaggio dalle medie alle superiori. Callie, l’aspirante sceneggiatrice protagonista di In scena!, si innamora di un ragazzo del suo gruppo di teatro, salvo poi scoprire che è gay. Sorelle esplora il rapporto travagliato tra Raina (quella dell’apparecchio) e sua sorella minore, due ragazze in apparenza incompatibili. Raina ricompare anche nell’ultimo Coraggio, questa volta alle prese con un mal di pancia che si rivela sintomo di un’ansia difficile da controllare. Anche in Fantasmi ci sono due sorelle, Cat e Maya, solo che una delle due ha una malattia respiratoria cronica che obbliga tutta la famiglia a trasferirsi in una città umida e tetra, probabilmente infestata dai fantasmi. A parte l’apparizione di qualche spettro, quindi, in queste storie non succede nulla di sconvolgente: Telgemeier racconta la vita quotidiana di una preadolescente bianca della classe media.
Non sono libri a tema. Certo, si parla di identità, di amicizia e rapporti familiari, di corpi che cambiano e del disagio che provocano, di ansie e paure, addirittura di morte. Ma questo lo vediamo noi adulti, che dai temi ormai siamo ossessionati. Di fatto, ognuno di questi libri racconta una storia di vita senza provare a fare altro.
Non sono “difficili”. I dialoghi sono essenziali e realistici, e il disegno va dritto al punto: linea pulita, colori piatti e accesi, uno stile familiare dall’eco disneyana. I meccanismi di base della grammatica del fumetto, dall’uso della griglia alle metafore visive, ci sono tutti, ma non serve una laurea in semiotica per accorgersene. Per capire l’efficacia dello stile di Telgemeier basta guardare le copertine dei suoi libri più famosi: su uno sfondo monocolore si staglia uno smile, una rappresentazione stilizzata di un volto umano (insomma, una faccina) che di volta in volta sintetizza con pochi tratti la temperatura emotiva del libro. Sembra una trovata fin troppo banale, ma in buona sostanza è questo che fa il fumetto: rappresentare la complessità attraverso un lavoro di sintesi estrema.
Capita, durante i corsi per insegnanti che tengo con l’associazione Hamelin, che alla fine della lezione qualcuno chieda: “Mi consigli un fumetto? I miei ragazzi non amano leggere, e vorrei qualcosa di facile”. C’è un pregiudizio, ben radicato nella scuola, secondo cui i fumetti sarebbero più semplici da leggere – perché il testo è poco, perché le immagini aiutano la comprensione, perché le storie sono brevi e divertenti – che riflette un’idea di lettura appiattita sulla trama: si legge per capire cosa succede e magari per trarne un insegnamento. Ma leggere i fumetti (così come ascoltare la musica, assistere a uno spettacolo teatrale, giocare a un videogioco, guardare un quadro al museo) richiede una serie di competenze che vanno oltre la capacità di intuire l’intreccio.
Nei fumetti di Telgemeier il testo è poco perché le immagini dicono tanto: i colori, la successione delle vignette, il corpo e le espressioni dei personaggi raccontano molto. E lo fanno in modo chiaro, con un livello di accessibilità altissimo. Questo non è un demerito: come sa chiunque abbia provato a scrivere una storia, costruire la semplicità è un lavoro complicatissimo e da questo punto di vista Telgemeier è davvero un’autrice senza pari. In un certo senso, i suoi fumetti sono potenti perché cancellano l’atto della lettura. Le storie “tirano”, ci si riconosce, si ride e ci si commuove, il tutto mentre sulla pagina succedono molte cose.
Non sono scritti per adulti. Telgemeier scrive spesso a partire dalla propria esperienza personale, ma nei suoi libri non c’è mai un ammiccamento agli adulti, non c’è la nostalgia velata dell’infanzia, non c’è la pubertà immaginata o ricordata. L’autrice si mantiene sullo stesso piano delle sue lettrici e dei suoi lettori, senza mai sgarrare, e li prende estremamente sul serio.
Di recente, durante un laboratorio con una classe di un istituto superiore, una ragazza ha citato Skam Italia, una serie tv di successo che ruota intorno alle vicende di un gruppo di adolescenti della borghesia romana. Alla richiesta di raccontare al resto della classe perché le fosse piaciuta, entusiasta ha detto: “È bellissima! Fanno tutto quello che facciamo noi”.
Si può discutere se l’immedesimazione sia o meno utile ad avvicinare giovani e giovanissimi alla lettura. Ma il successo di operazioni di questo tipo segnala una fame di storie che parlino di relazioni così come le vivono le ragazze e i ragazzi, senza aggiunte o sovrastrutture.
Telgemeier incornicia ogni storia all’interno di un rapporto – familiare, di amicizia o d’amore – subito riconoscibile: quasi tutti abbiamo avuto una sorella insopportabile, una cotta finita male, una nonna malata. Una volta che ci si è accomodati nella lettura, Telgemeier fa scattare il conflitto e costringe le sue protagoniste a fare i conti con la realtà: l’amore è più deludente di come lo dipingono, le persone che amiamo possono ammalarsi e morire, pensare al futuro può far venire gli attacchi di panico, e così via.
Vale la pena notare, a questo punto, che nei fumetti di Telgemeier ci sono soprattutto ragazze. Questo rende più urgente il suo esercizio di normalizzazione delle situazioni di disagio: l’apparecchio ai denti ti fa brutta? Ti piace uno che non ti ricambia? Tua sorella non ti lascia in pace? O magari sta male e non sai come aiutarla? Figurati, ordinaria amministrazione. Telgemeier sa intuire le preoccupazioni della pubertà, e le accoglie dando loro spazio e dignità. Contestualmente, però, le rimette in prospettiva senza fare la morale. E alla fine le cose si risolvono senza risolversi: qualcosa si sistema, qualcosa va male, qualcos’altro rimane sospeso, e comunque si va avanti.
In ogni suo libro, Telgemeier sceglie di mostrare che, anche di fronte alle difficoltà più ostiche, si può imparare a stare nel disagio con un atteggiamento non distruttivo. Senza ripetere alle ragazze, come fanno indiscriminatamente tanti libri per questa fascia d’età, che possono fare quello che vogliono, basta crederci.
Quando un libro funziona molto bene con lettrici e lettori giovani, è sempre difficile dire cos’è, di preciso, a farlo funzionare, tanto più che cercare di estrarre una formula che ci permetta di ripetere l’esperienza con altri testi è rischioso. Si ritrovano però, in tutti i fumetti di Raina Telgemeier, due caratteristiche essenziali che può essere utile tenere presenti quando si fa promozione della lettura.
La prima è che non sembrano scritti da un’adulta: nonostante siano pensati apposta per lettrici e lettori preadolescenti, sono capaci di generare una sintonia fortissima con i protagonisti e i temi, scavalcando completamente la presenza di una voce adulta.
La seconda è lo stile, che riesce a condensare elementi complessi in un disegno riconoscibile e altamente leggibile, dando gratificazione assicurata a chi decide di cimentarsi nella lettura.
Questi fumetti permettono, insomma, che si instauri un rapporto tra il testo e chi legge, senza bisogno di un mediatore esterno. Non è un caso che siano tra i libri più popolari nelle classi delle scuole medie: ragazze e ragazzi li prendono in prestito nelle biblioteche scolastiche, se li passano, ne parlano tra loro.
Questo non significa che funzionino sempre e con chiunque, né che il fenomeno Telgemeier sia ripetibile. Ma nella ricerca impossibile della combinazione di ingredienti capace di far nascere un lettore o una lettrice, la capacità di instaurare un dialogo con il testo, di apprezzarne la forma, è una direzione che vale la pena indagare. In questo senso, i libri di Telgemeier possono essere una buona porta d’ingresso non solo al fumetto, ma alla lettura in generale: sono complessi ma non faticosi, e allenano a leggere insieme il testo e le immagini – una competenza che, se si perde in questa prima fase, poi è più difficile sviluppare da adulti. Soprattutto, allenano a prendere un certo atteggiamento, una postura verso il libro. Nutrono un movimento che porta a cercare in autonomia le storie, a immedesimarsi in un personaggio, a provare curiosità per quello che gli succede.
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