Dal momento che esiste, resiste
Abbiamo chiesto ad Emanuela Cocever di introdurre la parte conclusiva di un dialogo attorno al rapporto fra psicoanalisi, pedagogia e libertà fra Andrea Canevaro, voce importantissima della pedagogia italiana recentemente scomparsa, e Giancarlo Rigon, neuropsichiatra e psicoanalista. Il brano, tratto da un libro da lei stessa curato trent’anni fa (Psicoterapia e prospettive educative. Un incontro con François Tosquelles, Carocci 1993), illumina uno dei nodi del mestiere di educatore attraverso la particolarissima esperienza di Janus Korczak (Gli asini).
Korczak non è stato sempre Korczak. In realtà si chiamava Henryk Janusz Goldzmit e assume il nome che noi conosciamo da un personaggio del romanziere Józef Ignazy Kraszewki. Cambiò nome per essere più se stesso. Medico, militare, scrittore, è stato educatore per più di quarant’anni, occupandosi di bambini che vivevano, nella prima metà del secolo scorso, vite difficili, vissute in condizioni estreme (quelli che noi chiameremmo casi sociali, bambini di strada…). E’ stato una grande ispirazione per molti educatori della nostra generazione. Con Andrea Canevaro e Philippe Meirieu, fra altri, partivamo spesso da una sua affermazione per elaborare, a parole o per iscritto, una riflessione (cfr. C. Tonini, a cura di, Janus Korczac. Educatore, letterato, filosofo, Erikson, Trento 2014).
Andrea Canevaro lo presentava come un conservatore sovversivo, convinto che, per chi cresce, occorra conservare e sovvertire. I bambini sono sovversivi: abitano il presente, che va conservato, e abitano l’imprevisto del futuro: “Sono qui, vorrei starci ed essere sicuro in questo posto. Vorrei andare là, anzi, vorrei essere là e vivere l’avventura del posto sconosciuto, da scoprire …”. Korczak mette in discussione l’egemonia del modello tradizionale di un adulto come essere compiuto, mentre il bambino sarebbe un essere fondamentalmente non compiuto. Korczak ci dice che l’adulto non è mai compiuto e che il bambino è un essere umano a pieno titolo. Diventato direttore della casa degli orfani di Varsavia, nel 1912, lo rimase per trent’anni, gli ultimi due dei quali nel Ghetto dominato dai nazisti, con la morte e i morti presenti ovunque. La sua idea guida era e rimase che un bambino è un buon esperto della propria crescita e della propria vita. A proposito delle relazioni fra gli adulti e i bambini ha scritto: “I bambini non sono un conoscente incontrato per caso, che si può evitare in fretta, di cui è facile sbarazzarsi in fretta con un saluto o qualche sorriso. I bambini costituiscono una grande percentuale dell’umanità, della popolazione, della nazione, degli abitanti, dei cittadini; sono i nostri compagni fissi. Ci sono stati, ci saranno e ci sono. Esiste la vita per scherzo? No, l’età infantile sono lunghi, importanti anni dell’esistenza dell’uomo“ (cfr. J. Korczak, Il diritto del bambino al rispetto, Luni Editrice 2004). Dire che i bambini esistono vuol dire premunirsi contro i fantasmi della fabbricazione, della padronanza; dire che un bambino esiste vuol dire che chiunque voglia educare è sempre confrontato con qualcuno che, dal momento che esiste, resiste al suo progetto. Solo chi non esiste, non resiste.
Philippe Meirieu ripercorre, nel pensiero di Korczak e nella sua esperienza, la tradizione che sfocia nella Dichiarazione dei diritti del bambino (Ginevra 1924 – New York 1959), intesa come l’affermazione del primato del soggetto nella sua educazione, e l’affermazione che l’educatore può fare tutto salvo quello che l’altro solo può fare, cioè l’essenziale: imparare a crescere. Mentre credo di fare tutto io [educatore], è l’altro che fa e io non so cosa fa. Korczak ci ricorda molte volte, nelle sue pagine, che un bambino docile ci sembra tale, perché non sappiamo cosa gli passa per la testa (cfr. P. Meirieu, Janus Korczak. Comment sursoir à la violence?, Pemf, 2002). (E.C.)
Andrea Canevaro: Questo atteggiamento [essere modesti] c’è in Tosquelles come c’è in Freire che dice come a volte ci si sente molto potenti, a volte molto deboli, a volte i due contemporaneamente, ma non si può mai dire: “So tutto”, no, so molto però so che mi riescono dei “colpi” solo se c’è una serie di elementi che non derivano tutti dal mio sapere e non dipendono tutti da me.
Giancarlo Rigon: Questo vale per tutti i mestieri, è molto importante non solo per gli educatori, per tutti noi. E’ ciò che ci fa oscillare fra posizioni di impotenza tipo “Non so fare”, “Non conto niente” e posizioni di presunzione o di violenza sino all’autoritarismo “Ti dico io come devi fare” oppure “Deve essere così”.
Andrea Canevaro: Faccio collegamenti ad altre figure di educatori come Korczak per esempio, per la metodologia – che mi piace più di metodo – è, come in Tosquelles, sempre quella di creare uno spazio tra il momento che vivo e lo sfondo in cui colloco questo. E’ uno spazio di ragionamento, di libertà. C’è un piccolo episodio di Korczak che riceve una nuova bambina alla casa degli orfani. La bambina che sta facendo le pulizie, sta passando lo straccio, è una ragazzina che è arrivata e, come tutti, ha ricevuto un compito di cura della casa: sta usando lo straccio e Korczak le dice: “Come lo stai facendo tu è molto poco economico, si fa molto prima ed è anche più divertente se prendiamo una coperta da un letto tu ti ci siedi sopra e io ti trascino. Tu ti diverti e facciamo lucido il pavimento”. Fanno così e alla fine la coperta è da buttar via. Korczak denuncia il fatto e punisce la bambina perché ha rovinato una coperta. Lei si difende dicendo: “Me l’hai detto tu” e Korczak risponde: “Sì, ma tu non devi ubbidire sempre perché io sono il capo, devi ubbidire se ho delle ragioni”. Era sempre un esercizio, a volte un po’ ossessivo, certamente, ma a volte divertente per cercare di creare uno spazio tra quello che uno vive che sembra essere l’unico elemento in cui vive e lo sfondo in cui vive: è la possibilità di ragionare e di scegliere e dire dei sì e di dire dei no, e quindi non di essere già in una catena che ti porta inevitabilmente in una direzione o in un’altra. E’ anche l’apertura al divenire alle cose che possono accadere col tuo contributo che non è onnipotente.