Dal carcere di Sollicciano

Uno scienziato disse: se devi leggere un giornale,
leggine uno di sei mesi prima…
1. Sono passati due anni da quando, il 15 febbraio 2019, la Corte costituzionale ha fatto un tour nelle prigioni della Repubblica italiana: “Viaggio in Italia: la Corte costituzionale nelle carceri”.
L’itinerario aveva previsto una tappa nel carcere fiorentino di Sollicciano, dove lavoro come insegnante da più di vent’anni. In questo caso la giudice della Corte costituzionale Silvana Sciarra ha incontrato detenuti che erano anche allievi dei corsi scolastici che si svolgono in carcere.
In questo genere di visite c’è sempre un preambolo che appartiene solo all’ospite illustre e alla direzione del carcere. Di solito la cerimonia si svolge nell’ufficio del direttore. Dopo questo momento, di cui non ci è dato saper nulla, l’ospite viene accompagnato all’interno del carcere dal direttore, dal comandante e da una serie di persone più o meno utili all’incontro. In questo caso c’erano la sostituta del provveditore regionale, il presidente del tribunale di sorveglianza e la dott.ssa Costanza Masciotta che, nel mese precedente all’incontro, aveva spiegato e accompagnato la preparazione delle domande da fare alla giudice Silvana Sciarra.
C’erano stati infatti quattro incontri in cui gli allievi detenuti della scuola avevano discusso sul tipo di domande da fare e sul fatto che non tutte le questioni potevano essere sollevate o che per farlo si doveva impostarle in un modo preciso. La parte più difficile da far comprendere era il contrasto tra il fatto di essere di fronte a un evento a detta di tutti eccezionale, capace di perturbare il trantran quotidiano del carcere (di solito inscalfibile) – la possibilità di aver a che fare con la rappresentante di uno dei poteri e dei ruoli più importanti della Repubblica Italiana –, e il fatto che però la giudice poteva “solo” interpretare la Costituzione e dar risposte su quando e come si era discusso di determinati temi all’interno della Corte stessa. Per i nostri allievi era incomprensibile trovarsi di fronte a un’occasione unica e non poterla usare per poter denunciare una situazione di malessere e di inadempienza quotidiana al dettato della Costituzione. È stato difficile riuscire a spiegare che non si trattava di ipocrisia, ma del rispetto del ruolo preciso della Corte, che non è legislativo ma di controllo e indirizzo. Nei quattro incontri di preparazione abbiamo perciò assistito a lunghe discussioni, scontri, arrabbiature, ricerca di comprensione, momenti di incomprensione, partecipazione accesa e rinunce. Il tutto per riuscire a trasformare le denunce, le istanze, i malesseri in domande adatte al ruolo della persona che doveva dare le risposte. Non tutte le spiegazioni sono state accettate, ma alla fine (quasi tutti) gli allievi detenuti hanno capito la situazione e lavorato perché le domande contenessero le loro istanze ma non travalicassero il ruolo del membro della Corte costituzionale.
Questi incontri sono stati il vero momento democratico dell’evento: alcune ore di discussione libera in cui entrambe le parti – la dott.ssa Masciotta da un lato, i detenuti dall’altro – hanno cercato la comprensione dell’altro e arricchito le proprie conoscenze. Chi entrava per la prima volta in carcere ne conosceva le leggi ma non la realtà; chi doveva porre le domande conosceva la realtà ma non i riferimenti legislativi a cui fare appello. Un raro momento di convergenze positive. Un’alleanza che dovrebbe ripetersi sempre e ovunque.
2. La giudice Sciarra nella sua introduzione-lezione ha parlato di “(Repubblica) fondata sul lavoro” in un carcere dove il lavoro è assente, se non nella semplice sussistenza del carcere stesso: pulizie, cucine, lavanderia, manutenzione ordinaria. La conferma per i nostri allievi di una distanza incomprensibile tra ciò che è e ciò che viene detto nelle leggi, negli ordinamenti e sancito nella Costituzione.
Dopo di che, ha ascoltato e risposto alle domande dei detenuti, che aveva ricevuto in anticipo. Non so se lei sapesse che aveva davanti solo gli allievi della scuola.
Qui di seguito riporto i quesiti che i nostri allievi avevano preparato. Le risposte della giudice Sciarra e il video dell’intero incontro sono disponibili sul sito di radio radicale: https://www.radioradicale.it/scheda/565806/la-giudice-della-corte-costituzionale-silvana-sciarra-incontra-le-detenute-e-i.
Presento solo le domande dei nostri allievi momentaneamente detenuti, chiedendo a chi legge queste note, all’opinione pubblica, ai politici, a chiunque abbia voglia di farlo di interrogarsi: in questi due anni le questioni poste avranno ottenuto delle risposte concrete e reali?
Tema: affettività intesa come rapporto fondamentale tra madre e figlio minore
Bilyàna Kostòva
Per quanto attiene alla posizione della donna detenuta in carcere, problemi particolari si pongono quando la donna è anche madre di un soggetto minore che come tale ha bisogno delle cure e delle attenzioni della figura materna e non dovrebbe subire pregiudizi nel proprio sviluppo per le condotte tenute dal genitore.
Come è intervenuta la Corte costituzionale nell’ambito del rapporto tra madre detenuta e figlio minore? Ha adottato decisioni per tutelare questo legame fondamentale?
Tema: sulla affettività intesa come libertà sessuale del detenuto.
Dsùfja Lùan
Per quanto riguarda l’affettività nel senso della libertà sessuale del detenuto, nel sistema italiano non è propriamente garantita al detenuto un’intimità con la propria moglie, fidanzata, compagna o compagno. Al contrario, molti ordinamenti in Europa prevedono forme di tutela di questa intimità anche sessuale, senza la necessità di un “controllo a vista” della polizia penitenziaria (penso all’Olanda, alla Francia, alla Germania).
Qual è il motivo di questa limitazione nella libertà affettiva del detenuto e come si concilia con le garanzie costituzionali previste, per esempio, dall’articolo 29 della Costituzione a tutela dell’unità familiare?
Tema: dei diritti dello straniero, di colui che non è “cittadino”.
Chitìt Abdelazìz
Come è intervenuta la Corte costituzionale rispetto al tema dell’immigrazione, con particolare riguardo al riconoscimento allo “straniero” dei diritti costituzionalmente previsti per il “cittadino”.
L’essere “straniero” limita la titolarità dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione? e l’immigrato irregolare ha gli stessi diritti dello straniero regolarmente presente in Italia?
In sostanza: quali diritti e quali libertà costituzionali sono riconosciuti anche a chi non è cittadino?
Chiara Portaro
L’articolo 3 della Costituzione ci dice che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Come mai si usa il termine “razza” nella Costituzione? come mai non si è modificato il termine nel corso di questi 70 anni di vigenza della Costituzione?
Non era preferibile parlare di “etnie” anziché di “razza”, considerato che i regimi dittatoriali e totalitari hanno fatto leva proprio sulla “razza” per reprimere le libertà fondamentali della persona?
Mohàmed Lakèl
Potrebbe spiegare quali sono gli obblighi dell’Italia rispetto agli Accordi di Dublino in tema di immigrazione?
Non è facile capire quali sono gli obblighi assunti dall’Italia rispetto allo straniero che richiede la protezione umanitaria e rispetto all’immigrato che non richiede tale protezione perché, ad esempio, non fugge da un Paese in guerra.
Tema: lavoro nelle carceri.
Nìchay Edìnyo
L’articolo 21, Legge n. 354/1975, in caso di commissione di reati di particolare gravità, ammette il detenuto al lavoro esterno solo dopo aver espiato almeno un terzo di pena. La giurisprudenza costituzionale, come abbiamo visto nelle precedenti lezioni, ha negli anni dichiarato illegittime molte disposizioni del Codice di procedura penale e dell’ordinamento penitenziario che prevedevano preclusioni assolute per l’accesso a benefici penitenziari, fondate soltanto sulla gravità del reato, senza consentire alcun accertamento concreto del giudice di sorveglianza sulla situazione individuale del detenuto.
DOMANDA: La preclusione assoluta di accesso al lavoro all’esterno prevista dall’art. 21, comma 1, dell’ordinamento penitenziario per chi ha commesso reati particolarmente gravi, come si concilia con la funzione rieducativa della pena e, soprattutto, con la concezione del lavoro come elemento del reinserimento sociale del detenuto?
Sùfja Lùan
La legge sull’ordinamento penitenziario prevede (all’articolo 22) che la retribuzione per detenuti e internati che lavorano alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria è pari ai due terzi del trattamento economico previsto per il “lavoro libero”, cioè previsto dai contratti collettivi.
Si stabilisce, quindi, una riduzione di 1/3 della retribuzione per il lavoro all’interno delle carceri.
Come si spiega questa riduzione del compenso del detenuto alla luce dei principi costituzionali? Quali sono le ragioni che giustificano questa diminuzione, soprattutto se consideriamo che il lavoro dovrebbe costituire un elemento fondamentale per il percorso rieducativo del reo?
Egidio Cretella
Riflessione sulla situazione concreta del lavoro nelle carceri: nell’industria penitenziaria spesso mancano i posti di lavoro per tutti i detenuti e non si tiene conto delle capacità dei singoli detenuti nell’assegnazione delle mansioni. Spesso per consentire a tutti di lavorare è prevista una turnazione che impone a ogni detenuto di lavorare per poco tempo e consentire anche agli altri di svolgere attività all’interno del carcere. A causa di questa turnazione i singoli detenuti restano senza alcuna mansione per gran parte del loro tempo in carcere.
DOMANDA: Come si concilia questa situazione concreta del lavoro carcerario con gli articoli 1, 4, 35, 36 della Costituzione?
Tema: trasparenza amministrativa e conoscibilità dei diritti e doveri del detenuto.
Piergiorgio Rossi
Noi sappiamo che la Corte Costituzionale può giudicare soltanto sulle leggi e non su fonti secondarie come i regolamenti.
La legge sull’ordinamento penitenziario rimette, però, ai regolamenti interni dei singoli istituti penitenziari la disciplina di dettaglio dei diritti dei detenuti nell’ambito della esecuzione della pena.
Nella maggior parte degli istituti penitenziari italiani questi regolamenti non sono stati adottati.
Mancando i regolamenti interni degli istituti penitenziari, mancano norme puntualisui diritti dei detenuti e sui limiti ammessi al loro esercizio.
Questa situazione di fatto come si concilia con il diritto di agire davanti a un giudice per far valere i propri diritti contro gli atti della amministrazione? E come si concilia con l’esigenza del detenuto di conoscere i propri diritti e doveri nell’istituto carcerario?
Tema: diritto alla salute.
Arzi Habìb
L’articolo 32 della Costituzione prevede il fondamentale diritto alla salute della persona: entro quali limiti, in quali circostanze tale diritto prevale sull’esecuzione della pena?
Accade spesso che detenuti con patologie anche gravi muoiano in carcere, o che persone affette da gravi forme di depressione, magari sottovalutate, giungano a suicidarsi.
È possibile rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla tutela del diritto alla salute all’interno delle carceri?
Alle ultime due domande era previsto che la giudice rispondesse se restava ancora del tempo.
Tema: sovraffollamento nelle carceri.
Davide Husèn
Il problema del sovraffollamento carcerario. Sul tema è intervenuta la Corte europea dei diritti umani a condannare l’Italia per trattamenti disumani e degradanti; è stato introdotto un reclamo al giudice di sorveglianza (35ter ordinamento penitenziario) per violazione dell’art. 3 della Carta europea dei diritti umani. Ciononostante il sovraffollamento carcerario è un problema ancora concreto (saranno fatti esempi come il poco spazio a disposizione nelle celle, ma anche l’allocazione nella medesima cella di soggetti puniti con pene molto diverse). Come si concilia questa situazione carceraria con i principi costituzionali a tutela della dignità della persona, con il senso di umanità della pena e con la sua funzione rieducativa? Cosa ha fatto e cosa può fare la Corte costituzionale su questo tema?
Tema: sull’importanza dell’insegnamento nelle carceri.
Alessandra Martina
Nel programma educativo svolto in carcere spesso mancano insegnamenti sulle tecniche di comunicazione, quindi, sul modo attraverso il quale il detenuto può rapportarsi utilmente e con rispetto verso gli altri sia all’interno del carcere sia all’esterno, una volta rimesso in libertà.
Una mancanza avvertita ancora di più all’interno di un istituto carcerario dove il detenuto è comunque “costretto” a rapportarsi con persone molto diverse fra loro, non soltanto dal punto di vista del linguaggio, ma anche della cultura, della religione, dello Stato di provenienza. Spesso tra i detenuti c’è un problema nel capire come comunicare, come rapportarsi con l’“altro”.
DOMANDA: Perché non vengono incentivati insegnamenti di questo tipo e come si concilia questa situazione di fatto con il diritto allo studio e soprattutto con la funzione rieducativa della pena?
p.s. Ora tocca proprio a un’altra donna, che è stata la prima presidente della Corte, occupare il posto di ministra della giustizia. Un’occasione unica per dimostrare come sia possibile, per chi ha occupato il posto di garante, passando a un ruolo esecutivo, dare le risposte pratiche dovute nel rispetto (dell’art. 27) della Costituzione.
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