COSTRUZIONI E RACCONTI DEL FEMMINILE

Ci sono conoscenze decisive sulle questioni politiche della cura, della salute, della famiglia, della comunicazione, della violenza e dell’educazione a cui non possiamo attingere senza luoghi e occasioni in cui sia possibile dire, ascoltare, scambiare, riflettere, le rappresentazioni delle proprie vicende prodotte da donne. Allorché tecniche e luoghi di elaborazione del discorso e della rappresentazione di sé sono a disposizione delle soggettività femminili – nelle loro differenze di classe, generazione e contesti di vita – emergono storie e immagini interessantissime: non in quanto femminili ma perché, ascoltate, ci illuminano da un’altra prospettiva sui costituenti simbolici delle nostre culture e società. Lo diceva già Virginia Woolf quando dalla presa di parola e di rilevanza politica delle donne vedeva nascere la “società delle escluse”, una società in cui l’affermazione delle strategie per la riduzione della violenza e delle diseguaglianze traesse origine dalla storia di oppressione e di marginalità del femminile, riscattata non per la rivendicazione, il risarcimento, il vittimismo ma per il valore di posizioni, conoscenze e immaginari che in quella esclusione hanno comunque avuto la storia, l’arte e la coscienza. C’è un vastissimo campo dell’esperienza e dell’immaginazione umana che scrittura, arte e filosofia debbono ancora attraversare e da cui vengono nuove possibilità politiche. Non è stato detto tutto, scritto tutto. Chiamarlo femminile potrebbe non convincere subito, perché suscita preconcetti, perché è impreciso, perché non ci porta con un balzo oltre l’idea monolitica di universale che abbiamo lasciato o che vorremmo lasciare. Tuttavia, tra i numerosi campi di esperienza e di immaginazione umane la cui formalizzazione simbolica sarà finalmente alla base della costruzione di saperi necessari ai tempi, quello delle vicende delle soggettività che si definiscono femminili è imprescindibile e potentissimo. Lo dimostrano in modi diversi le riflessioni qui raccolte: Sara Honegger riflette sulla “costruzione delle bambine” a partire dalla lettura di Dacci questo veleno, il bellissimo libro appena ristampato che Antonio Faeti scrisse a partire dai fumetti disegnati da alcune piccole allieve. Fulvia Antonelli ci porta dentro la “scuola di donne” in cui opera e dove, parlando di corpo, salute e identità, la dimensione educativa e terapeutica reciproca si intreccia con la messa a fuoco di obiettivi e questioni politiche. Di pedagogia, didattica e costruzione dell’identità tratta anche il racconto che Noëlle De Smet riporta dalla classe di una scuola professionale femminile a Bruxelles. Sempre dalle aule scrive Francesca Lupi, sul suo sentire le relazioni tra i corpi femminili a scuola.