Videopatia

L’amore, il sesso, il Primitivo di Manduria, i dischi di Miles Davis fra il 1967 e il 1969, gli albi illustrati e la carta da disegno sono alcune delle cose che più apprezzo fra quelle che sentono, inventano e ci regalano gli esseri umani di questo pianeta. Per gli albi illustrati in particolare ci siamo impegnati in tanti, per dare loro la dignità di medium indipendente che si merita, scrivendone, disegnandone, parlando e discutendo delle sue caratteristiche e peculiarità. In questi giorni di clausura a causa della Covid-19 si nota una iperproduzione di video fatti in casa da youtuber, instagramers, mamme, papà, pargoli cooptati e altri mammiferi che leggono e mostrano albi illustrati per poi postarli in rete, per la gioia di chi vuole stare a guardare. Le motivazioni sono condivisibili, sacrosante: i bambini non possono uscire, le scuole, le librerie e le biblioteche sono chiuse e i libri, pochi o tanti che si avevano in casa, sono stati letti e visti troppe volte. Intendiamoci, questi video si facevano già prima dell’emergenza, con lo stesso medesimo dilettantismo e mescola di spirito di servizio e vanità (uso Instagram e queste pulsioni ossimoriche le sento anch’io). Ora, però, anche lasciando da parte la questione dei diritti d’autore (e ricordiamoci quanto la musica e il cinema di qualità hanno sofferto e soffrono per la pirateria in rete che toglie risorse indispensabili) ci sarebbe da dire qualcosa al riguardo. La principale, quella che mi sembra più specifica, quella che mi preme di più, è la paura che questa abitudine cominci a rendere labili i confini dell’albo illustrato (quello vero, di carta, stampato) con quelli della video-lettura in rete, dando la falsa idea che vedere un brutto filmato sia uguale a leggere l’albo che lì viene letto – bello o brutto che fosse quest’ultimo, non dimentico che ce ne sono tanti, troppi, di brutti albi in giro. Come se tutte le cose che ci siamo raccontati in questi anni, sulla carta, sul girare pagina, sulla stampa, i formati, l’illustrazione, l’allestimento eccetera eccetera non fossero state recepite, fatte proprie nell’intimo e fossero, in realtà, superflue per tantissimi. Insomma, la mia preoccupazione è che questo modo di comportarsi e di pensare metta radici, che passata l’emergenza (se e come passa) l’albo illustrato sia un’altra vittima che la malattia si lascia dietro. Tanto, si dirà, perché andare in libreria o in biblioteca? basta un video che guardo in rete! La questione, naturalmente, si collega a quella più generale della confusione fra Rete e Realtà. Quella contro la quale i romanzi di Philip K. Dick ci avevano messo in guardia, poi ripresa da Matrix e sulla quale Magritte ci aveva ammonito: non è una pipa! E già Platone con la caverna… Comunque, se qualcuno deve proprio fare uno di quei tristi video, si ricordi almeno le parole del poeta:
un albo illustrato
è un albo illustrato
è un albo illustrato
ma soprattutto
non è
un video fuori fuoco.