Sta rallentando il passo, la Via della Seta?

Trad. GioGo
A sette anni dal lancio dell’ambizioso progetto cinese Belt and Road Initiative (detto anche BRI e OBOR), fuori della Cina si ha l’impressione che il suo impeto si stia indebolendo. È un’impressione confortata dal fatto che i finanziamenti cinesi all’estero stanno declinando, e questo già da prima dello scoppio della pandemia. Un articolo del Financial Times del dicembre 2020 ne dà un esempio paradigmatico. In base ai dati raccolti dall’Università di Boston, che mostrano nel 2019 una drammatica caduta nei prestiti all’estero di due fra le maggiori banche d’interesse strategico1 cinesi, l’articolo conclude che la Cina si sta “ritirando” dal mondo.
Con ciò si pone il problema di come misurare i progressi della BRI. Per rispondere, è necessaria innanzitutto un’accurata concettualizzazione di che cosa sia l’iniziativa. Fuori della Cina, si tende a descriverla come un progetto infrastrutturale e ad attribuirle un cartellino del prezzo. Lo stesso articolo del Financial Times, per esempio, si riferisce alla BRI nei seguenti termini: “La Cina ha promesso di spendere circa un trilione di dollari in infrastrutture nei principali paesi in via di sviluppo del mondo e di finanziarle tramite le proprie istituzioni finanziarie”. Qui si riflette una visione assai comune della BRI come di un allocamento centralizzato di risorse finanziarie dedicate esclusivamente al settore infrastrutturale. In quanto tali, i progressi della BRI si misurerebbero in base all’ammontare dei fondi allocati dalla Cina e al numero dei progetti realizzati.
D’altra parte, come misura il governo cinese i progressi della BRI? Una relazione resa nota nell’aprile 2019 dall’Ufficio del Gruppo Dirigente per la Promozione della Via della Seta (Tuijin Yidaiyilu Jianshe Gongzuo Lingdao Xiaozu Bangongshi), ovvero la segreteria dell’ente decisionale più alto in grado, ne rivela lo schema. I progressi si misurano in base ai sei pilastri dell’iniziativa: comunicazione politica, connettività infrastrutturale, agevolazione degli scambi commerciali, integrazione finanziaria, relazioni interpersonali, cooperazione industriale.2 Non è misurato meramente il numero dei progetti infrastrutturali realizzati, ma anche il numero delle dichiarazioni multilaterali e bilaterali in appoggio alla BRI, delle iniziative di cooperazione settoriale, degli accordi per l’apertura di condotte logistiche, dagli accordi commerciali e fiscali, dell’aumento dei flussi e delle forme commerciali innovative, dei fondi di coinvestimento transfrontalieri, dei consorzi d’investitori, degli strumenti di raccolta fondi, dei flussi di pagamento denominati in due valute, delle iniziative culturali e turistiche, delle borse di studio internazionali, delle iniziative d’assistenza umanitaria, dei parchi industriali all’estero e di altro ancora.
Non si tratta evidentemente di attività che possano essere tutte misurate in termini finanziari e sono rilevanti anche i risultati della BRI che riguardano una gamma molto più vasta dei soli progetti infrastrutturali. Bisognerebbe infatti considerare la BRI un motore per lo stabilimento a tutto campo di rapporti politici, istituzionali, sociali, industriali e finanziari con le nazioni del mondo; le infrastrutture sono senz’altro l’elemento più citato, ma non necessariamente quello più importante. Anche il livello dei prestiti bancari cinesi è una misura inadatta a misurare esaurientemente i progressi della BRI, nel caso degli esiti che richiedono risorse non solo finanziarie, ma anche diplomatiche, amministrative e teniche.
Una struttura piramidale
Alla luce di queste considerazioni, si può avviare un’analisi più minuziosa dei temi e dei progressi della BRI. Qui si propone una griglia che dispone le attività della BRI, a seconda degli agenti convolti, su quattro livelli, e che può essere concepita come una struttura piramidale. In cima si situa l’impegno diplomatico di vertice volto alla stesura di accordi intergovernativi di cooperazione. Esso fornisce la serie di statistiche spesso citate dal governo cinese quando riferisce dei progressi della BRI: fino al giugno 2021, sono stati firmati 205 documenti con 140 nazioni e 31 organizzazioni internazionali, gli ultimi dei quali con la Repubblica Democratica del Congo e con il Botswana nel gennaio scorso.3 Si tratta in gran parte di memorandum d’intesa riguardanti la “conduzione congiunta della BRI’, che possono essere sia nient’altro che l’elenco messo per iscritto delle zone dove entrambi i paesi hanno convenuto di intensificare la cooperazione, suscettibili oppure no di essere seguiti da reali interventi. Solo in un numero ristretto di casi, fra cui quelli dell’Unione Africana, la Cambogia, la Repubblica Ceca, l’Ungheria, il Kirghizistan, il Laos, il Tagikistan e l’Ucraina, sono stati firmati “progetti di cooperazione” più dettagliati e più specifici in merito agli obiettivi e le responsabilità. Ma nessuno di questi documenti sono legalmente vincolanti e possono essere modificati o respinti, com’è accaduto nel caso della recente cancellazione dell’ “Accordo Quadro” fra il governo dello Stato australiano di Vittoria e la Commissione Nazionale Cinese per le Riforme e lo Sviluppo (Guojia fazhan he gaige weiyuanhui), in conseguenza dell’inasprimento delle relazioni sinoaustraliane.
Il secondo livello riguarda le iniziative di natura tecnologica nel commercio, gli investimenti, le infrastrutture finanziarie, la tassazione, le dogane, i criteri di omologazione ecc., che coinvolgono le amministrazioni statali centrali coinvolte e via via le controparti nei paesi dei partenariati nel lancio di nuove iniziative nei consessi internazionali, miranti a modificare il contesto istituzionale internazionale. Per esempio, nel 2016 sono entrati in vigore almeno una decina di accordi con la Cina sulla doppia tassazione o l’esenzione fiscale su determinati servizi.4 L’omologazione dei parametri è un’altra area in cui la Cina sta attivamente spingendo, dato che riconosce il valore strategico di una maggior accettazione internazionale dei requisiti tecnici cinesi. Per i periodi 2015-18 e 2018-20 sono stati avanzati due programmi operativi triennali,5 miranti a perfezionare i meccanismi di cooperazione unificata con tutte le nazioni situate lungo la BRI entro il 2020. Nelle intenzioni c’è anche l’illustrazione ai governi stranieri, con programmi cinesi di aiuto all’estero, dei parametri cinesi. Al vertice, diverse altre burocrazie statali centrali hanno prodotto in questi ultimi anni una dozzina di programmi operativi, in ambiti che vanno dalla cooperazione internazionale scientifica e tecnologica all’energia, l’agricoltura, il progresso della cultura, la protezione dell’ambiente, i trasporti e collegamenti, lo studio delle lingue, la fissazione di parametri tecnici, la certificazione e l’accreditamento; ci sono perfino progetti per promuovere la medicina tradizionale e i cartoni animati cinesi. Si tratta di un livello di attività ampiamente trascurato dai media internazionali e che dunque non è seguito dal pubblico, mentre potrebbe essere proprio laddove si tengono negoziati internazionali cruciali.
Il terzo livello si colloca entro la dimensione nazionale, dove le amministrazioni regionali e minucipali connducono una diplomazia economica e culturale loro propria, legata alle condizioni locali. Per esempio, la Regione Autonoma del Ningxia, una regione nella Cina nordoccidentale con una significativa presenza di mussulmani e legami storici con il Medio Oriente, si è attivata nello stringere rapporti con i paesi arabi. Parimenti, le regioni della Cina sudorientale e sudoccidentale ricorrono alla loro diaspora nell’Asia sudorientale continentale e marittima per individuare nuove occasioni d’intervento. Le amministrazioni regionali e municipali possono anche ricalcare i passi delle aziende delle loro aree sui mercati d’oltremare, nei loro tentativi di rafforzare i legami. Per esempio, la regione del Jiangsu ha lanciato iniziative diplomatiche e di programmi d’assistenza all’estero in Cambogia, dove sono molto attive le manifatture del Jiangsu, come il Hongdou Jituan youxian gongsi (Hongdou s.r.l.), uno dei principali investitori nella Zona Economica Speciale di Sihanukville.
Il quarto livello si rivolge all’aspetto della BRI più discusso fuori della Cina: i progetti infrastrutturali e d’investimento gestiti dalle aziende e dalle istituzioni finanziarie cinesi. Mentre i tre livelli precedenti consistono soprattutto in attività gestite dallo Stato, in questo quarto livello sembra siano all’opera prevalentemente operatori di mercato non statali. Si tratta di attività economiche che includono non solo quelle di ovvio valore strategico, come la realizzazione di progetti infrastrutturali chiave, ma anche attività commerciali “ordinarie” da parte di aziende di Stato e private, come per esempio le fabbriche di abiti. Ci si aspetta che molte delle attività statali ai primi tre livelli generino e facilitino le attività a questo livello, e che l’aumento di rapporti economici consolidino a loro volta le relazioni sociali e politiche. Di conseguenza, la BRI non può essere confinata esclusivamente alle attività a quest’ultimo livello: i progetti infrastrutturali e d’investimento devono essere visti come una parte del complessivo sforzo cinese di stringere legami.
Un tutto coerente?
Come si relazionano fra loro le attività ai vari livelli? Alcuni ricercatori hanno evidenziato le differenza fra gli interessi nazionali mobilitati e la conseguente frammentazione del processo.6 Certo, la relazione dialettica fra le autorità politiche centrali e gli adattamenti locali resta probabilmente uno degli aspetti del sistema cinese di governo più oscuri e malcompresi: le autorità politiche centrali stabiliscono le direttive d’alto livello, tenute intenzionalmente nel vago, come aspirazioni, ciò che le rende adattabili alle varie situazioni locali. Ci si aspetta che le dirigenze politiche locali – nella burocrazia, nelle amministrazioni locali, nelle aziende di Stato più importanti – interpretino tali direttive e sviluppino piani operativi locali in quelle direzioni, un processo in cui gli interessi della burocrazia, regionali e aziendali sono tenuti presenti per poter introdurre incentivi adeguati per la prosecuzione degli interventi lungo quelle linee.
Quest’apparente autonomia locale nell’interpretazione delle direttive non è tuttavia priva di rischi. L’ultima parola spetta sempre all’autorità politica centrale, se le cose vadano nella direzione auspicata oppure no: nel caso in cui un tentativo locale si spinga troppo in là o abbia conseguenze indesiderate, l’autorità politica centrale può biasimare le dirigenze locali che non abbiano lavorato bene. Dato che il controllo sul personale è in Cina altamente centralizzato, questo può significare la fine della carriera politica per il dirigente locale coinvolto. Viceversa, se il tentativo locale si dimostra vincente, la dirigenza locale può sperare in una promozione. In altre parole, il sistema di governo cinese è largamente plasmato sui risultati piuttosto che sulle regole, e il sistema opera affrontando rischi a tutti i livelli della gerarchia politica. Come chiarito dai ricercatori, questo regime di “sperimentazione gerarchica” si è formato nel corso della transizione economica cinese, allorché la dirigenza del paese si trovò a dover operare in condizioni di grande incertezza.7 Si tratta del medesimo meccanismo di reazione attivato dalla BRI quando la Cina si è avventurata nei territori inesplorati della sua nuova ambiziosa agenda.
Di conseguenza, i vari livelli d’attività sono connessi fra loro solo blandamente, da nozioni definite solo vagamente dalla BRI. Le attività diplomatiche al massimo livello tracciano il quadro di riferimento strategico della BRI, ma non impongono né formulano istruzioni specifiche agli altri livelli operativi. È dunque futile cercare di dare definizioni tassative di che cosa sia il tale progetto della BRI: ciascuno di essi può considerarsi al servizio del rafforzamento dei legami della BRI nel momento in cui gli operatori coinvolti escogitano quadri d’azione plausibili per esplicarne il potenziale. Le aziende sono fortemente incentivate a formulare progetti credibili, e molte possono cercare di fare pressione per la loro accettazione da parte del governo cinese e di quello della nazione ospitante, al fine di ottenere il sostegno diplomatico e finanziario di Stato. Dato che molte delle nazioni a cui mira la BRI sono ad alto rischio ambientale e le aziende cinsi non hanno tendenzialmente molta esperienza di questi mercati, il sostegno statale può rivelarsi determinante per la loro sopravvivenza nelle nuove intraprese.
Qui non si vuole certo dire che l’autorità politica centrale sostenga ogni tentativo di inserire qualsiasi progetto nel quadro della BRI. Per esempio, il promotore cinese della Zona Economica Speciale Shwe Kokko in Birmania ha presentato il suo progetto come se fosse un contributo alla BRI, nel tentativo di legittimare un’intrapresa assai controversa, col risultato di essere respinto senza appello dal governo cinese dopo lo scoppio di uno scandalo relativo alle attività condotte sul posto.8 Tuttavia, invece di dare una definizione univoca di che cosa siano i progetti della BRI, il sistema cinese s’è più incentrato sulla mobilitazione, ragion per cui ha scelto di mantenere una certa “ambiguità strategica” per poter attivare l’incentivazione locale nella massima ampiezza possibile.
Come dimostra il succitato documento del Gruppo Ristretto, la BRI ha prodotto molti risultati da allora. Tuttavia, se da un lato il sistema cinese di mobilitazione si dimostra efficace nell’indurre a “risultati quantitativi”, non è detto che sia altrettanto efficace nel garantire la realizzazione di risultati “qualitativi”, soprattutto quando si tratta di risultati difficilmente misurabili. La dirigenza politica cinese ha indicato il risultato migliore in quello che “forma una comunità di futuro (cin. lett. “destino”, N.d.T.) condiviso per l’umanità” (goujian renlei mingyun gongtongti), un linguaggio aulico non particolarmente adatto a fissare traguardi tangibili. Non è chiaro come la Cina possa stabilire quanto la BRI si avvicini a un traguardo del genere quando gli operatori sono più orientati a fare rapporto sui risultati conseguiti.
Dal 2019, dopo aver concluso che le precedenti attività della BRI avevano raggiunto un livello soddisfacente di estensione strutturale onnicomprensiva, la dirigenza politica cinese ha anche ricalibrato l’obiettivo della BRI, che è diventato quello di uno “sviluppo d’alta qualità” (gao zhiliang fazhan).9 Di nuovo, il concetto di ‘sviluppo d’alta qualità’ è tenuto nel vago, fuorché nell’affermazione, rintracciabile del discorso del presidente Xi Jinping al Secondo Forum della BRI per la Cooperazione Internazionale, che ‘la BRI dev’essere aperta, verde e pulita, perseguire alti parametri e un approccio sostenibile focalizzato sui popoli”. Come nella fase precedente, vari operatori delle amministrazioni centrali e regionali e delle aziende fanno ora a gara per interpretare l’affermazione. Come ci si può aspettare, gli operatori tenderanno a evidenziare i successi più facili da quantificare e dimostrare, e metteranno da parte i giudizi qualitativi sulle complesse istanze soggiacenti. Contemporaneamente, anche gli operatori esterni colgono l’opportunità per influenzare la stesura dell’agenda cinese. Per esempio, nell’aprile del 2020, 265 organizzazioni della società civile nel mondo hano rilasciato una dichiarazione rivolta alle autorità cinesi, in cui si formulano dieci principi specifici suscettibili di assicurare che i progetti siano d’ “alta qualità”, e hanno additato 60 progetto sponsorizzati dalla Cina in vari ambiti che non corrispondono a quei criteri.10 Non è ancora chiaro quale sarà la risposta cinese a tali suggerimenti.
Verso una misurazione adeguata della BRI
Tornando all’ipotesi fatta all’inizio di quest’articolo, di un rallentamento della BRI, essa potrebbe rivelarsi una valutazione inadeguata a causa dell’insufficienza dei metodi di misurazione impiegati. Anche se i prestiti all’estero sono calati rispetto all’anno scorso, resta da vedere se i flussi commerciali e d’investimento abbiano seguito la stessa tendenza. Secondo le statistiche ufficiali cinesi, il traffico di merci con le 64 nazioni asiatiche ed europee delle macroregioni della BRI è cresciuto rispettivamente del 6% e dello 0,7% nel 2019 e nel 2020, mentre gli investimenti diretti cinesi in quelle stesse nazioni sono calati del 7,6% nel 2019, per poi risalire al 18,3% nel 2020. È significativo che il rilancio degli investimento in queste nazioni abbia avuto luogo sullo sfondo di una caduta globale degli investimenti esteri cinesi. Ma a parte le attività economiche, le iniziative diplomatiche nei primi tre livelli qui considerati sono proseguite, e darne ragione richiede parametri di valutazione della BRI più sofisticati. Il compito più arduo, tuttavia, resta la valutazione della qualità dei risultati, che esige un serio impegno collettivo da parte dei ricercatori di tutto il mondo.
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3 Xinhua News Agency 2021a and 2021b; yidaiyilu.gov.cn 2021
4 State Taxation Administration 2021
5 Xinhua News Agency 2015 and 2018
6 Jones and Zeng 2019; Ye 2019
7 Heilmann 2007
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9 Xi 2019
10 Civil Society Groups 2020
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