Salvare i dispersi
1 – Nel ragionare attorno a quelle tante e complesse dinamiche oggi accomunate sotto la dicitura “dispersione scolastica”, riteniamo necessario prima di tutto riposizionare il focus della discussione: dai “dispersi” alla “scuola”. Porre l’attenzione sui “dispersi” finisce spesso per rinforzare atteggiamenti di fondo colpevolizzanti e nell’attribuire eccessiva enfasi ai fattori esterni all’organizzazione logistica e metodologica della scuola (dalle difficoltà di natura psicologiche a quelle socio geografiche). Oltre alla ormai vasta letteratura, le molte azioni messe in campo anche da organizzazioni come la nostra, hanno confermato che se la scuola diventa davvero capace di accogliere e di farsi luogo di benessere per adulti e bambini, migliora anche la frequenza scolastica (e il rendimento curriculare). Partire da chi a scuola ci sta peggio può costituire, anche oggi, un’irripetibile occasione per migliorare la scuola di tutti.
2 – Alcuni baluardi della scuola italiana sono oggi in forte crisi, in parte anche in seguito alla eccessiva retorica anti dispersione a volte generatrice di soluzioni peggiori del male. Assistiamo ad esempio con viva preoccupazione alla crescita di percorsi “speciali” per bambini e ragazzi, che talvolta coincidono con situazioni molto simili a vere e proprie “classi speciali” che sembrerebbero create apposta per concentrare bambini e ragazzi con difficoltà in una stessa classe. La condivisione dell’intero percorso formativo da parte di alunni con differenti capacità/criticità psico sociali e diversa provenienza geografica, costituisce a nostro avviso un elemento di assoluta necessità per la qualità dell’apprendimento e della crescita per tutti.! L’eccessiva retorica anti dispersione è con buona probabilità anche tra i fattori che oggi alimentano la più generale tendenza a riservare attenzione prevalente all’aspetto formale-burocratico, tanto in sede di programmazione, quanto in quella di attuazione e valutazione progettuale. L’enfasi sull’elemento “frequenza” (con la relativa possibilità di intercettare risorse economiche e umane a questa enfasi collegata) genera troppo spesso attenzione ai meri indicatori quantitativi (come numero di presenze in classe e voti riportati). Nella nostra esperienza è risultato fin troppo evidente che questo tipo di attenzione ha fortemente depotenziato molti dei percorsi messi in campo da insegnanti e educatori, sbilanciando il processo educativo verso preminenti finalità di scrittura formale e per lo più corrispondenti alle aspettative del superiore gerarchico o del finanziatore.
3 – Questi e altri motivi ci spingono a suggerire di dedicare ogni risorsa ad un radicale cambiamento della scuola, tanto negli aspetti logistici quanto in quelli metodologici. Sarebbe ad esempio auspicabile prima di tutto che non ci fosse più nessuna maestra lasciata sola con 26 alunni di 3 anni; o una maestra elementare sola con 30 alunni di 6. Come sarebbe necessario mettere mano ad una radicale riforma della normativa a tutela della sicurezza che molte volte si rivela altresì ingabbiante, nemica di qualsiasi iniziativa personale e del necessario spirito di comunità su cui l’apprendimento dovrebbe basarsi. Alla ripetuta domanda postaci da dirigenti, alunni e personale non docente “e se si fa male?” di fronte ad attività ritenute troppo rischiose (come l’uscita nel cortile scolastico), abbiamo imparato a rispondere “e se si fa bene?”. Questo rischio nella scuola d’oggi è purtroppo ridotto veramente al minimo. Pur nel rispetto di stili e motivazioni di ciascun attore del pianeta scuola, sarebbe insomma l’ora di avviare una radicale opera di ammodernamento. Ammodernamento non tanto basato sulle nuove tecnologie (a cui non vogliamo togliere alcuna importanza), quanto su molti dei principi pedagogici ormai da tempo fatti propri anche dalla pedagogia ufficiale e ancora oggi rimasti lettera morta nell’ordinario didattico. A partire dalle modalità di reclutamento e formazione del personale scolastico, sarebbe cioè necessario puntare prima di tutto su motivazione e interesse personali, mettendo in campo le numerose tecniche e le modalità rilevatesi finora più idonee nell’improntare la giornata scolastica non sulla lotta contro qualcosa (come la dispersione scolastica), ma su crescita positiva e apprendimento di adulti e bambini nell’accrescimento del reciproco benessere.