Gli Asini - Rivista

Educazione e intervento sociale

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Gli asini 85 | marzo 2021

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È necessario agire, incontrarsi e organizzarsi, anche in un momento in cui i nostri movimenti fisici sono fortemente limitati; muoviamoci, dunque. È in questo modo che interpretiamo le parole di Leonardo Da Vinci, “Il moto è causa d’ogni vita”.

In Apertura di questo numero proponiamo due conversazioni tra i registi Damiano e Fabio D’Innocenzo – a cui dobbiamo anche le fotografie di apertura e chiusura – e il poeta Milo De Angelis, su sogno morte poesia, bellezza giustizia paura disperazione.

In luogo dei consueti “In casa” e “Pianeta”, dedichiamo due dossier a politica e lavoro. L’Italia vede la nascita di un nuovo governo che segna l’ennesimo fallimento della politica, sempre più lontana dalla società, come scrive Giulio Marcon, mentre l’Europa, secondo Angela Mauro, sembra disinteressarsi delle crisi italiane, in un momento in cui è necessario gestire la pioggia di miliardi in arrivo proprio dall’Unione Europea, sebbene con regole complesse e rigide, che prova a spiegarci Paola Boffo. Ripercorriamo le settimane della crisi di governo con Lucia Conte, che guarda a cosa è successo nel “palazzo”, e Piergiorgio Giacché, che descrive sconsolato il rapporto tra politica e televisione, mentre Giuseppe De Rita, intervistato da Maria Chiara Franceschelli e Nicola Villa, prevede che la “discontinuità” resisterà a lungo al “continuismo”. Con Goffredo Fofi leggiamo infine quello di Draghi come un governo delle banche, contro il quale sarà necessario organizzarsi e lottare.

Il dossier sul lavoro si apre con le riflessioni di Luigino Bruni, intervistato da Alberto Rocchi, su capitalismo e impresa, ricchezza e dono e sulla necessità di costruire un’economia diversa. Deborah Lucchetti ragiona su come difendere lavoratori e lavoratrici nelle catene globali di produzione, a partire da un bilancio dell’Accordo sulla sicurezza siglato dopo la tragedia del Rana Plaza in Bangladesh, nel 2013, mentre Elena Gerebizza e Filippo Taglieri descrivono le disuguaglianze e l’insostenibilità della logistica e Valeria Piro e Devi Sacchetto approfondiscono gli effetti nefasti per i lavoratori dovuti alla diffusione di cooperative di comodo negli appalti di settori pubblici e privati in Italia, ma anche le lotte degli stessi lavoratori, spesso migranti.

In “Educazione e intervento sociale” parliamo della scuola di oggi e di ieri: Francesca Lupi riflette su un disastroso primo quadrimestre, tra la dad e l’ingannevole abolizione dei voti numerici, mentre come Asini dichiariamo la nostra solidarietà a un maestro piemontese, reo di aver lasciato che i suoi alunni si arrampicassero sugli alberi, riproponendo una pagina di Fernand Oury e Aida Vasquez. Pubblichiamo una conferenza del 1984 in cui Cecrope Barilli, del Cemea, sosteneva la necessità di cambiare modello di scuola, mentre Gabriele Vitello rilegge l’opera dello scrittore francese Jules Vallés e in particolare il romanzo Il diplomato, finalmente tradotto in italiano. Proponiamo poi le riflessioni di Marianne Groenmeyer, tradotte da Umberto Lodovici, su “sicurezza tecnogenica” e “sicurezza conviviale”, necessarie al tempo del Covid19.

In “Poco di buono”, Nicola De Cilia presenta e traduce il poeta dialettale veneto Eugenio Ferdinando Palmieri. Leggiamo poi le note di Paolo Mereghetti a Mank, il film che prova inutilmente a sminuire la figura di Orson Welles, di Paola Splendore ai due nuovi romanzi di Tash Aw e Kader Abdolah, ambientati rispettivamente in Malesia e Iran, e di Emilio Varrà al saggio di Bruno Maida sui “treni dell’accoglienza” dei bambini poveri nell’Italia del secondo dopoguerra. Alessio Trabacchini discute invece il libro La filosofia del coccodé, di Davide Reviati, da cui sono tratti i disegni che illustrano questo numero della rivista. Mirko Grasso ricorda per noi la documentarista Cecilia Mangini, scomparsa in gennaio, regalandoci una sua lettera sulla Milano dei primi anni sessanta.
Chiudiamo ospitando un’altra lettera, quella con cui la scrittrice afroamericana Jamaica Kinkaid invita Robinson Crusoe – e tutti i bianchi colonialisti – a restarsene a casa propria.

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