Novembre – 45|2017

Del proverbio che abbiamo scelto a motto di questo numero esistono mille versioni in mille lingue e dialetti. Esso potrebbe andar bene anche come introduzione alle considerazioni di Marco Carsetti sul rapporto che hanno con i migranti tante associazioni e tanti “buoni”. Si tratta della questione centrale del nostro tempo, in Italia, come ribadisce il prete eritreo Moussie Zerai, lucidamente attivo tra gli immigrati in Italia, intervistato da Antonella Soldo. Ma il tema a cui abbiamo deciso di dedicare il maggior spazio in questo numero è quella del lavoro operaio e alle sue mutazioni, attraverso le rifles-sioni, indagini e testimonianze di Gad Lerner, Francesco Ciafaloni, Gigi Malabarba a confronto con Mimmo Perrotta sulla Rimaflow di Trezzano, Fabio Boccuni e Salvatore Romeo che ci aggiornano sulla situazione all’Ilva di Taranto, Andrea Bottalico che ha studiato a fondo il ramo della logistica, Chiara Saraceno su come tutto o quasi è mutato e infine Simona, un’operaia della Maserati di Gru-gliasco che ha raccontato la sua storia in un bel libro del Gruppo Abele. Allontanandoci dall’Italia e guardando al mondo, ecco Marco D’Eramo che, da bravo allievo di Bourdieu, sa adeguatamente ri-flettere, a colloquio con Fabiano Mari, sul ruolo enorme del turismo nella civiltà e nell’economia at-tuali. Emanuele Giordana sul conflitto che dilania oggi il Bangladesh a causa della politica del cen-tro contro la minoranza rohingya, Piero Salabè sulle contraddizioni tedesche e il dopo-elezioni, Pier-giorgio Barbetta, Ludovica Ricci e Enrico Russo sul City-Plaza di Atene, un luogo esemplare dell’accoglienza dei migranti. Enzo Ferrara, infine, ci spiega chi sono i militanti dell’Ikan, l’organizzazione che combatte le armi nucleari e che ha meritato quest’anno il Nobel per la pace. Torniamo al tema cruciale dei migranti incontrando don Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli che è tra le organizzazioni più solide e oneste in Italia e in particolare a Roma nell’accoglienza dei rifugiati. Continua serie dei nostri interventi “contro l’università”, contro il suo sistema di potere e di sopravvivenza e le sue logiche formative (o defor- manti), incontrando Federico Bertoni (lo ha fatto Giuseppe Esposito), un prof. che ne ha tracciato una dura analisi, e proponendo la traduzione di un capitolo da un saggio ormai celebre di Bill Readings su come questa massiccia e fondamentale istituzione è cambiata, in peggio, e su come sarebbe stato importan- te cambiarla, un saggio che gli editori italiani hanno ignorato. Per “Poco di buono” (nella cultura e nelle arti), ecco le poesie di John Ashbery, scomparso quest’anno, nella traduzione di Damiano Abeni, ed ecco Emanuele Dattilo che racconta l’ultimo libro di Ghosh sui mutamenti climatici e i silenzi e le ipocrisie che li circondano – un tema su cui torneremo ossessivamente nei prossimo numeri –, ecco Maria Paola Guarducci che di-scute il Nobel per la letteratura dato al vacuo Ishiguro scrittore alla moda invece che al radicale e sanguigno Ngugi, ecco Gianfranco Bettin che apprezza come merita l’ultimo film di Andrea Segre (ancora la questione migranti), seguito dalla testimonianza dello sceneggiatore Marco Pettenello. Fo-fi ricorda Giovanni Russo, “l’ultimo meridionalista”, una Anonima e pungente poeta interviene sulla proposta di Fofi e Zoppoli di un giornalino per ragazzi, cui prima o poi “Gli asini” daranno vita. Di-retta- mente dal prossimo Bilbolbul bolognese, l’omaggio di tre ottimi illustratori e fumettisti, Paolo Bacilieri, Marco Taddei e Marco Corona al grande Jacovitti. (Le immagini che illustrano questo nu-mero vengono da una disegnatrice molto più delicata, la cara Magda Guidi.) Per “I doveri dell’ospitalità” di questo numero, abbiamo voluto ricordare un grande musicista, Luciano Berio, di cui Einaudi ha appena pubblicato colloqui e interviste, “rubandone” l’intervista che gli fece Michele Dall’Ongaro per “Lo straniero”, che per vari ritardi non vi vide la luce. È una delle sue ultime, ed è seguita da un ritratto del musicista scritto da Simone Caputo.