Agosto-Settembre – 54-55|2018
Questo numero è dedicato quasi per intero a un tema che ci sta massimamente a cuore, “Pedagogia e profezia” e la citazione che lo apre e lo riguarda viene da La ginestra di Leopardi, il migliore dei nostri filosofi e poeti. Ci è parsa indicata a introdurre le considerazioni dei collaboratori che abbiamo stimolato a ragionare sul presente, ma scrutando in un futuro che è già tra noi. I loro interventi partono dalle loro concrete attività e dalla loro passione civile. (Non sono molti in Italia i gruppi come questo, e lo rivendichiamo: non è che gli intellettuali sono, come si diceva un tempo, “separati”, oggi sono una massa che aderisce a una cultura complice e corrotta, fingendo autonomia). Ma prima di questi testi, erano utili alcuni interventi riguardanti l’attualità: Luigi Manconi e Federica Graziani sulla vicenda dell’Aquarius e il significato politico e sociale della brutalità salviniana; Lucia Capuzzi sulle elezioni messicane e Giacomo Finzi su quelle colombiane; un attento esame della società marocchina di Emanuele Maspoli; la reazione di Giancarlo Gaeta all’uso improprio del pensiero della Weil tentato dal più virulento dei nostri ministri; la lettura che fa Nicola Villa di un minuzioso saggio (di G. Simonetti) sulla letteratura italiana di questi anni. Di “pedagogia e profezia” trattano invece, direttamente o indirettamente, dal nostro seminario velletrano dello scorso maggio, Piergiorgio Giacchè a partire da tre agili e utili saggi recenti di Montesano, Siti e Fisher; Marco Gatto sulle “nuove alienazioni” (da web e dintorni); Marco Carsetti dalla novità e imprescindibile centralità delle migrazioni: Giacomo D’Alessandro raccontando un esemplare disobbediente del nostro tempo, Cédric Herrou; Ismael Sambare intervistato da Mimmo Perrotta spiegandoci i modelli organizzativi degli immigrati, a partire da quelli del Burkina Faso. Entrano in pieno nel merito della pedagogia Stefano Laffi, sulla condizione infantile e giovanile e su come le rispondono gli adulti; Fulvia Antonelli raccontando il disagio delle giovani italiane, immigrate e no; Sara Honegger trattando di pedagogia “a partire dagli scarti”; Federica Lucchesini affrontando la scuola e il rapporto insegnante-allievo, come è e come dovrebbe essere; Franco Lorenzoni descrivendo il giusto rapporto tra maestri e scolari e quel che gli scolari hanno da insegnare; Emilio Varrà partendo dalla malsana produzione di immaginario destinata a bambini e ragazzini. (Sul grande inganno universitario siamo spesso intervenuti e continueremo, ovviamente, a farlo in futuro.) Un campo di osservazione molto particolare è quello scelto da Simone Caputo: la musica, le sue mode, i suoi mercati. Goffredo Fofi conclude proponendo una manciata di tesi da discutere, non solo personali. E abbiamo voluto infine tornare ad alcuni maestri e alle loro riflessioni chiedendo a Stefano Velotti di parlare di Günther Anders e dunque di filosofia e profezia, a Emanuele Dattilo di rileggere per noi un aureo saggio di Carlo Levi sulla “paura della libertà”, e rubando da un libro di amici la voce Capitalismo scritta da un ammirevole sociologo tedesco, Wolfgang Streeck. Abbiamo voluto aggiungere al numero – rispettando una tradizione – le poesie di Warsan Shire, somala londinese, di Nino De Vita, poeta dialettale siciliano, e di un giovane, Cristiano Poletti. In chiusura, per “I doveri dell’ospitalità”, una lontana profezia di James Baldwin: “la prossima volta, il fuoco”. A illustrare il numero sono le immagini di un grande pittore amico, Ruggero Savinio.