Musumeci pro domo sua
Lo immaginiamo – l’astuto Musumeci – mentre si gratta, con compiaciuta voluttà, il suo pizzetto mefistofelico e protofascista. Che trovata furbastra e fraudolenta, che trovata volpina e pinocchiesca, rapinosa e ingegnosa, ha avuto il Presidente della Regione Sicilia dopo anni e anni occupati a crearsi una millanteria di probità!
D’altronde, di certe manipolazioni dell’opinione pubblica (la quale già di per sé si manipola incessantemente) il monolitico Musumeci è peraltro un esperto, con tanto di laurea, ancorché tardiva, in Scienze della comunicazione. E la furbata è questa. Al momento abbiamo in Sicilia due grandi emergenze (tra mille altre endemiche, s’intende). La prima è la ripresa, pur prevista e messa in conto, del fenomeno epidemico. L’altra è il persistere e ovviamente l’accrescersi del fenomeno migratorio. Problemi enormi, che non possono essere circoscritti all’ambito regionale e neppure nazionale, ma hanno una dimensione planetaria (la pandemia, la globalizzazione).
Anziché cercare di risolverli o almeno tamponarli, è sembrato a Musumeci che la strada più comoda e utile politicamente (cioè più impraticabile e inutile per il bene pubblico) fosse di incrociarli e farne sistema ad uso propagandistico. Cicero pro domo sua, insomma. E Cicerone, si sa, fu un grande estimatore delle sottigliezze siciliane.
I problemi resteranno intatti, si capisce. E anzi a loro volta ne creeranno necessariamente altri ad essi connessi più o meno direttamente. Si aggraveranno, in pratica. Ma incrociati con arte maliziosa e sfrontata, con impliciti e talora espliciti risvolti razzisti, serviranno a mettere in crisi il Governo centrale (cosa non difficile, peraltro), aiutando contestualmente il Presidente siciliano a disimpantanarsi dalla sua malagevole e opaca situazione politica.
È, ammettiamolo, una trovata ipocrita ma a suo modo spettacolare, da circo della comunicazione sensazionale, da grandguignol mediatico (e non solo). Nell’anno delle rievocazioni a tema manzoniano, il vulcanico Musumeci riprende l’eterno motivo della caccia all’untore e dell’inapplicabilità delle “grida” spagnolesche, suggerendo alle masse, come da un pulpito comiziale, che il coronavirus riprende virulenza a causa dell’invasione migratoria, cioè per colpa dello straniero iperterrone che viene ad ammorbarci da un più profondo e assoluto Sud.
Sarà quindi opportuno cacciare via i “turchi”, l’eterna insidia della nostre coste, per mettere riparo al problema. Si dovrà subito, quindi, svuotare i cosiddetti “hotspot”, eufemismo di per sé insopportabile, cioè quegli infernali luoghi di segregazione coatta dei migranti clandestini, che peraltro sono ambienti sovraffollati e insalubri. Come svuotarli in tempi brevissimi, questi scandalosi lager, per i quali Musumeci finge di trovare un orrore umanitario, è ovviamente un enigma secondario e senza soluzioni. Ci pensino i Prefetti a risolverlo. Intanto la grancassa della campagna pre-elettorale è partita. E già la gente (pare con percentuali intorno al 70 per cento) si schiera coll’audace Presidente che ha sfidato l’odiatissimo Stato, usando e abusando dei privilegi dello Statuto speciale.
È un’ordinanza demenziale, quella dello sgombero immediato degli hotspot, evidentemente strumentale, di mero marketing pubblicitario, il cui scopo palese è di provocare il Governo nazionale a prendere l’unico provvedimento inevitabile, che poi fatalmente è stato preso. E cioè l’atto dovuto di impugnazione dell’ordinanza di Musumeci in base alla considerazione che il fenomeno migratorio è competenza dello Stato e non delle Regioni (perfino se autonome). Inutile dire che tale capziosa disfida costituzionalista fa da sfondo a drammi collettivi di ben altra sostanza e di ben più devastanti implicazioni etico-politiche e socio-economiche.
Ergendosi a paladino ingannevole, a pupo rodomontesco, della Sicilia abbandonata da Roma, soffiando irrazionalmente e irresponsabilmente sul fuoco delle paure e delle più tetre passioni delle masse, Musumeci sa di poter correre speditamente su un terreno fin troppo facile e di poter ottenere una vittoria, in termini di consensi, altrettanto facile e immediata. Una sterile vittoria, tuttavia. Perché i problemi resteranno tutti sul tappeto, acuiti e incancreniti da un uso demagogico della politica intesa come scontro fazioso e irragionevole, come vano squillo di trombe o assordante scampanio. Bisognava invece difendere e incrementare quel minimo sistema (soprattutto culturale) di accoglienza che s’era negli anni faticosamente costruito, ad opera di istituzioni e volontari, di uomini provvisti di una coscienza legale e morale, e che la politica dell’odio e dello sfascio di Matteo Salvini ha smantellato d’un colpo, con dissennata ferocia.
Per ora Musumeci, cattivo maestro di una Sicilia barricata nella propria desolazione, ha tutti i riflettori puntati addosso e si compiace del suo successo d’immagine e d’attenzione che gli toglie un po’ del suo polveroso grigiore storico (ma che potrebbe presto ritorcerglisi contro con la nemesi di un effetto boomerang). E intanto, la Sinistra sconta i suoi ritardi ormai sclerotizzati e lo stesso mondo cattolico mostra, pur tra contraddizioni e coraggiose testimonianze, l’impotenza attuale della sua missione evangelica, mentre il covid crea più acute disuguaglianze e nuove ingiustizie, alimentando pure antiche e mai estirpate ossessioni e tentazioni xenofobe.