In disparte e altre poesie
(traduzione di Antonio Rossi)
Le benemerite edizioni Casagrande di Bellinzona, nella Svizzera di lingua italiana, hanno proposto di recente le Poesie di Robert Walser, accompagnate dalle illustrazioni del fratello di Walser, Karl. Consideriamo Robert Walser uno dei maggiori scrittori del Novecento europeo, e siamo grati a Casagrande di poterne riprendere alcune sulla nostra rivista. Sono state scritte, ha detto Josef V. Widmann, “con la sicurezza di un sonnambulo”, come può forse dirsi di tutto ciò che Walser ha scritto. Le opere di Walser sono pubblicate in Italia da Adelphi e da Quodlibet, con l’eccezione di L’assistente (Einaudi).
In ufficio
La luna guarda verso di noi,
vede me povero commesso
languire sotto lo sguardo severo
del mio principale.
Mi gratto confuso il collo.
Nella mia vita ancora non ho conosciuto
un sole durevole.
La mancanza è la mia sorte:
doversi grattare il collo
sotto lo sguardo del principale.
La luna è la ferita della notte,
gocce di sangue sono le stelle.
Se anche rimango lontano dalla felicità
per questo la mia indole è modesta.
La luna è la ferita della notte.
Gli alberi
(Una ballata)
Non dovrebbero stringere i pugni,
è il mio desiderio che si avvicina ad essi;
non dovrebbero mostrarsi così adirati,
il mio desiderio si avvicina timidamente
[ad essi;
non dovrebbero essere pronti all’assalto
[come cani rabbiosi,
quasi a voler dilaniare il mio desiderio;
non dovrebbero minacciare con larghe
[maniche
al mio desiderio ciò fa male.
Perché a un tratto si sono trasformati?
Ugualmente grande e profondo è il mio
[desiderio.
Benché sia tanto difficile, tanto pericoloso:
devo andare da essi e già vi sono.
Luce
I giorni grigi dove il sole
si comporta come una pallida
suora sono ormai finiti.
Una giornata blu sta là sopra blu,
un mondo intero si è aperto,
sole e stelle vi brillano.
Tutto è accaduto in silenzio,
senza rumore, frutto di una volontà
aliena da ogni cerimonia.
Sorridente il miracolo si schiude,
non servono per questo razzi
o micce, solo una notte chiara.
Fragore
Un fragore percorre il mondo,
è un fragore che non ha fine;
sento di amare — mai non ha fine,
un amore con fragore percorre il mondo.
E sebbene io sia un codardo
e sebbene tu sia un debole:
tu ami, anche se non sei tu
ad amare, e lo stesso capita a me.
Si sente un fragore, io resto in ascolto,
lo so, odio questo e quell’altro
ma non serve, per quanto lo voglia:
amo tutto, dunque anche lui.
Poi ci sono momenti in cui capisco
che tutti per amore ci infiammiamo.
Come sempre
La lampada è ancora qui,
anche il tavolo è ancora qui
e io sono ancora nella mia camera
e il desiderio anela
come sempre.
Viltà, sei ancora qui?
E, menzogna, anche tu?
Sento un oscuro sì:
l’infelicità è ancora qui
e io sono ancora nella mia camera
come sempre.
Idillio
Qui tutto è silenzio, qui mi sento bene,
i pascoli sono freschi e puri
e le chiazze d’ombra e di sole
vanno d’accordo come bambini giudiziosi.
Qui si libera la mia vita
fatta d’intensa nostalgia,
non so più cosa sia la nostalgia,
qui si libera il mio volere.
Una commozione silenziosa mi prende,
linee attraversano i sensi,
non so, tutto è intrico
e tutto è contraddetto.
Non odo più lamenti
e tuttavia ci sono nell’aria lamenti
lievi, candidi, come in sogno
e di nuovo non capisco più nulla.
So solo che qui tutto è silenzio,
niente più assilli e costrizioni,
qui mi sento bene e posso stare in pace
poiché nessun tempo mi misura il tempo.
Più lontano
Volevo fermarmi,
una forza mi spingeva
di nuovo più lontano
davanti ad alberi neri,
sotto questi alberi neri
volevo un poco fermarmi,
una forza mi spingeva
di nuovo più lontano
davanti a prati verdi,
presso questi verdi prati
volevo un poco fermarmi,
una forza mi spingeva
di nuovo più lontano
davanti a povere case,
presso una di queste case
vorrei proprio fermarmi
osservando la sua povertà
e come il suo fumo adagio
sale verso il cielo, vorrei
ora a lungo fermarmi.
Dicevo questo e ridevo,
il verde dei prati rideva,
il fumo saliva fumoso ridendo,
una forza mi spingeva
di nuovo più lontano.
Troppo filosofico
In disparte
Faccio la mia passeggiata,
essa mi porta un poco lontano
e a casa; poi, in silenzio e senza
parole, mi ritrovo in disparte.
Com’è spettrale la mia vita
nell’affondare e nel risalire.
Sempre mi vedo far cenni a me stesso
e a me stesso sfuggire.
Mi scopro risata, tristezza
profonda, selvatico
intrecciatore di discorsi
e tutto ciò affonda nell’abisso.
In nessun tempo forse
vi è stata giustizia.
Sono destinato a vagare
in spazi dimenticati.
Mi vedete
Mi vedete camminare su prati
rigidi e spenti nella nebbia?
Ho desiderio di una dimora,
una dimora finora non raggiunta,
e lontana è anche la speranza
di potervi un giorno pervenire.
Verso questa dimora lontana
rivolgo il mio desiderio, mai e poi mai
esso muore come muore quel prato
rigido e spento nella nebbia.
Mi vedete, angosciato, camminarci sopra?
Calma
Da quando mi sono arreso al tempo
sento in me una pace
calda e meravigliosa.
Da quando scherzo apertamente
coi giorni e con le ore
sono finiti i miei lamenti.
Con una semplice parola
mi sento sgravato dalle colpe
che mi recano danno:
il tempo è il tempo, può anche assopirsi,
sempre troverà me, brav’uomo,
allo stesso posto.