Giulio e migliaia di egiziani
Non conoscevo Giulio Regeni, né i suoi studi. Entrambi però veniamo dallo stesso percorso educativo nei Collegi del Mondo Unito. Una scuola pensata nel dopoguerra per far convivere adolescenti da tutto il mondo ed attraverso un programma di studi comune e renderli liberi ed uguali. E soprattutto curiosi verso l’alterità. Giulio a sedici anni era partito così per il Collegio degli Stati Uniti dopo aver vinto la borsa di studio che garantisce l’accesso a queste scuole. E da lì aveva spiccato il volo che gli ha permesso di raggiungere l’Università di Cambridge per il suo Phd. Giulio era sempre rimasto anche il figlio di una provincia ancora sana, fatta di persone per bene, che hanno fiducia nella costruzione giorno per giorno del futuro. Era un ragazzo brillante, curioso ed intelligente come tanti ce ne sono in Italia e come tanti era fuggito all’estero per dare ali al suo talento.
Giulio mi dicono gli amici comuni arabisti era uno studioso attento e che si faceva notare per la sua serietà e bravura. Ma era pur sempre un giovane studioso e nulla giustifica ciò che gli è accaduto. Probabilmente una banda di aguzzini del regime a cui è scappata la mano e che non ha tenuto conto che Giulio era italiano e che non sarebbe passata inosservata la sua scomparsa. Come invece accade a centinaia di attivisti. Il regime di Al Sisi è sanguinario e spietato ed agisce con le stesse pratiche che abbiamo conosciuto in Argentina e Cile, per fare due esempi vicini al nostro vissuto. Non c’è scampo per nessuno quando si entra nei tanti Garage Olimpo del regime.
Si è destinati a subire e morire. E se non si interviene subito attivisti, sindacalisti, giornalisti, persone comuni che hanno sbagliato una parola scompaiono. E se sono davvero importanti li si può trovare dentro un fosso sul ciglio di una strada, altrimenti neanche le salme si trovano più.
Questo è il regime egiziano. Niente più niente meno. Il miglior alleato dell’Italia in una partita che coinvolge investimenti dell’ENI, turismo, commercio di tutti i generi, armi. Ed un’alleanza strategica per governare il caos libico. Ancora oggi dopo che ci sono stati attentati contro i turisti, un aereo con più di duecento russi è stato fatto saltare in aria tornando da Sharm el Sheik e persone come Giulio scompaiono alla luce del sole, il sito del Ministero degli Esteri Italiano non vieta di andare in Egitto. Ma dice che nei luoghi turistici si può andare, facendo attenzione però. Attenzione al terrorista che ti fa saltare in aria o allo sbirro che ti sevizia, dovrebbero precisare.
La real politik imporrebbe di far cadere nel dimenticatoio la macelleria egiziana. E da più parti ci si prova, infangando la memoria di Giulio Regeni o tirando in ballo soldi e investimenti miliardari. Ed invece è proprio qui il punto. Visto che siamo i migliori alleati dell’Egitto e che Renzi ha da subito incoronato Al Sisi come paladino della stabilità e del business as usual in Medio Oriente dovremmo esigere rispetto. Rispetto sia all’Italia ma anche alla sua comunità accademica, ai suoi giovani, ai suoi presunti valori democratici. Un trattamento del genere non si riserva neanche al peggior nemico ed anche se qualcuno interno al sistema di potere ha sbagliato deve pagare. E lo deve fare pubblicamente. E’ necessaria giustizia su questo caso ed è allo stesso tempo necessario ragionare sulle radici della violenza in Medio Oriente. Qualcuno crede che alimentare dittature feroci sia la strada maestra per arginare i fondamentalismi. La storia ci ha insegnato che i regimi liberticidi producono mostri, oltre che migliaia di vittime.
La memoria di Giulio andrebbe onorata con verità e giustizia. Ed anche con un bagno di coerenza e dignità in Italia. Un segnale sarebbe intanto boicottare l’Egitto, il turismo verso quel paese e gli accordi commerciali. Bloccarli finché non arrivino segnali precisi di una comune ricerca della verità. E l’altro segnale sarebbe approvare in Italia una legge vera e seria sulla tortura, cosa non ancora accaduta. E rispondere alla barbarie in questo modo. Oltre che poi promuovere simili azioni in Europa e nei suoi scambi con i paesi della riva sud del Mediterraneo.
La posta in gioco è infatti molto più alta questa volta. Rinunciare alla verità per Giulio ed a denunciare il regime egiziano e le sue carneficine equivale a dire a migliaia di giovani egiziani: non credete in noi. Non credete nell’Europa, distribuiamo solo menzogne. Tutti e tutto è sacrificabile.
E lasciare così un immenso spazio alla violenza ed al fondamentalismo.