Casetta Rossa: Autogoverno, mutuo appoggio e pratiche di comunità alla Garbatella
a cura di Michele Conti
con Sonia Spila, Maya Vetri, Luciano Ummarino
Un quadro storico. Casetta Rossa è una piccola struttura di colore rosso, nel cuore della Garbatella, ex periferia storica di Roma costruita durante i primi anni del fascismo per le classi proletarie e sottoproletarie.
Conosciuta dai romani semplicemente come una buona osteria all’aperto, Casetta Rossa è anche un punto di riferimento fondamentale per tutto il quartiere, da cui si dipana una fitta rete di attività e interazioni.
La sua nascita è strettamente legata all’area verde circostante, il parco del quartiere che fino al 2002 è rimasto abbandonato. In quegli anni, un gruppo di ragazzi e ragazze provenienti dal centro sociale La Strada di Garbatella decide di fare un esperimento: recuperare quello spazio pubblico abbandonato provando a costruire un percorso di crescita insieme alla comunità, con i valori dell’inclusione, del rispetto delle diversità, dell’antifascismo e dell’antisessismo.
Il parco, ribattezzato “Cavallo Pazzo” come omaggio a Tashunka Uitko, nativo americano della tribù dei Sioux, viene rimesso in piedi da zero e nel contempo si cercano degli spiragli tra i muri burocratici e amministrativi del Comune di Roma, che ancora non aveva alcuno strumento di adozione riguardo i luoghi pubblici abbandonati. Alla fine, gli occupanti ottengono la custodia e la guardiania del parco.
Nel 2006 nasce definitivamente il Collettivo a seguito dell’occupazione di Casetta Rossa, al tempo una struttura in cemento completamente abbandonata. Tenuta con le unghie e con i denti, di fronte a rischi di revoche e di sottrazione dello stabile, nel 2013 il Collettivo vince finalmente un bando che gli affida la struttura e il parco per dieci anni, con la sua manutenzione ordinaria e straordinaria. Tutto ciò, ovviamente, senza alcuna assegnazione di risorse economiche.
Nascita della comunità. Questo spazio diventerà uno “Spazio Pubblico per l’Autogoverno”, titolo già di per sé eloquente che trae linfa dalle esperienze degli occupanti con le democrazie zapatiste. L’esempio zapatista, infatti, rimarrà sempre un punto di riferimento importante: sebbene si basi su una lentezza apparentemente inefficace e incapace di arrivare prontamente a delle decisioni, è invece un modello fondamentale per organizzare una comunità e costruire partecipazione.
Il parco si anima di feste giornaliere, soprattutto per i bambini: trattandosi di uno spazio pubblico vicino alle scuole, la prima idea è quella di creare una ludoteca all’aperto. Viene organizzato il Festival del Gioco Internazionale, con persone provenienti da tutto il mondo che ripropongono i giochi di una volta: finalmente l’area torna in mano ai bambini. A Roma, eventi di questo genere sono più che rari e l’iniziativa è accolta molto bene.
Il primo grande evento estivo, che dal 2004 sarà fatto tutti gli anni, è la Festa dell’Altra Estate; un festival che prevede eventi culturali di letteratura, cinema, musica e teatro. Con il tempo, questo evento acquisterà un’importanza sempre maggiore, fino ad ospitare personalità come Paco Ignazio Taibo II, Erri de Luca, Gianni Minà, Pino Cacucci.
I pranzi popolari permettono i finanziamenti e dopo qualche tempo si sviluppa una cucina professionale: cresce il valore del cibo, che diventa un elemento centrale di comunicazione, di socialità e un mezzo per riflettere sui temi dell’ecologia e del consumo etico.
Il parco viene da subito molto frequentato. Si incominciano a instaurare rapporti con i genitori che portano i figli e le figlie al parco. Oggi molti di quei bambini sono attivisti di Casetta Rossa.
Riappropriazione degli spazi: biblioteche e orti urbani. Casetta Rossa non guarda solo al proprio ombelico: nel 2014 lo storico mobilificio di Garbatella viene sfrattato dalla sua collocazione storica, l’ex sede dei Bagni Pubblici del quartiere. Si tratta di un edificio importantissimo sia per il suo valore architettonico che per l’immaginario dei residenti.
Per evitare che l’immobile diventi sede di una banca o di un supermercato, il Collettivo di Casetta, insieme ad altre realtà di quartiere, apre le porte della struttura non per occuparla, ma per rivendicare che fosse presa in carico dalla gestione pubblica. Oggi, negli ex Bagni Pubblici si trova l’unica biblioteca del quartiere: “Moby Dick”.
Un altro immenso spazio abbandonato si estendeva di fronte alla mastodontica sede della Regione Lazio, dove finisce Garbatella. Lì, si apriva una prateria senza costruzioni, costellata di cemento e rifiuti. Il rischio di speculazione edilizia era alto, ma una volta capito che lo spazio era recuperabile la situazione è drasticamente cambiata. Casetta Rossa, a seguito di un incontro con Legambiente, dà vita al progetto Orti Urbani: i volontari decidono di bonificare il territorio per renderlo fruibile. Vengono portati camion di terra pronta per essere zappata e in poco tempo la zona è diventata uno spazio interamente dedicato all’agricoltura urbana.
Inizialmente, gli abitanti del quartiere non capivano come qualcuno potesse dedicare così tanto tempo a un progetto senza alcuna prospettiva di guadagno; oggi, le famiglie che hanno la casa vicino agli Orti urbani possono fare richiesta per ottenere un pezzo di terra e coltivare ciò che vogliono. È un approccio alla città del tutto innovativo: un orto in una delle zone centrali di Roma…
Tante casette possibili. L’intenzione costante di costruire democrazia partecipata non garantisce un permanente successo. Ci sono chiaramente stati momenti di scarsa partecipazione, in cui la sperimentazione ha fatto passi indietro; momenti in cui sono stati usati, senza volerlo, meccanismi escludenti.
Ciò che ha permesso a Casetta Rossa di resistere negli anni, anche nei momenti più critici, è stato proprio il fatto di costruire, al suo interno, altri progetti coordinati e autonomi che sono diventati delle importanti realtà autorganizzate. Tra le prime iniziative c’è stato il Gruppo d’Acquisto Solidale, uno dei più grandi di Roma. “Casetta Verde”, invece, è tra i gruppi più attivi: si prende cura delle aree verdi abbandonate, promuovendo percorsi ecologici e di forestazione. Per non parlare della scuola di italiano per migranti, del gruppo a.p.e. (Associazione Proletari Escursionisti), degli sportelli di psicoterapia, dei progetti legati al cibo e alla panificazione.
Durante il lockdown, insieme alla voglia di aiutare le persone, c’era anche una forte voglia di fuggire dalla clausura, di tornare alla normalità, nella comunità
Pandemia. Tra febbraio e marzo del 2020 esplode anche in Italia il Covid-19, con il conseguente lockdown. Già prima del decreto, il Collettivo di Casetta Rossa intuisce la criticità della situazione. L’obiettivo è capire, insieme alle altre realtà del quartiere, come aiutare le persone durante la quarantena forzata. Con la rete locale viene creato un centralino per fornire servizi di spesa a domicilio; ma ben presto appare evidente come molte persone attraversino difficoltà economiche molto serie. Grazie al passa parola si moltiplica la richiesta di aiuto: oltre alla spesa a domicilio, i volontari decidono di allestire pacchi alimentari per le famiglie o per i singoli in difficoltà, insieme a molti altri centri occupati o autogestiti di Roma.
Per non essere presenti solo materialmente sul territorio, nasce l’idea di costruire uno spazio che vada oltre i luoghi: viene creata Radio Anticorpi, una sorta di palinsesto social per fare formazione, informazione e intrattenimento.
Volontari. Sono arrivato a Casetta Rossa quasi per caso, trasportato da un’amica. A onor del vero, durante il lockdown, insieme alla voglia di aiutare le persone, c’era anche una forte voglia di fuggire dalla clausura, di tornare alla normalità, nella comunità; e il volontariato offriva tutto questo.
Nell’arrivare per la prima volta a Casetta Rossa, si percepisce di entrare in un luogo in cui nessuno comanda ma tutti obbediscono. Non c’è alcun tipo di verticalizzazione, alcun tipo di obbligo, alcuna gestione dall’alto. Ciononostante, nel tempo i volontari sono continuati ad aumentare e con loro sono aumentate le connessioni tra le persone, insieme ai confronti e alle domande su come si potesse andare oltre il semplice assistenzialismo, oltre la carità, per agire più in profondità sul territorio.
La quantità di persone che si danno da fare è altissima: siamo all’attivo 150 volontari. È un dato su cui si dovrebbe seriamente riflettere: in nessuna delle realtà vicino a noi è avvenuta un’esplosione così forte. Difficile dire come tutto ciò sia potuto accadere; la chiave, forse, è stata quella di costruire protagonismo: dare la possibilità a tutti di sperimentare, di costruire una fiducia orizzontale in un pantheon di valori condivisi. Non è importante se non tutti si danno da fare allo stesso modo, ognuno si impegna per quello che può.
Ma ciò che veramente ha permesso, subito dopo il lockdown, che i nuovi volontari perseverassero nelle varie attività di mutuo appoggio è stata proprio la Festa dell’Altra Estate. In un periodo in cui, a Roma, teatri, biblioteche e cinema restavano chiusi, Casetta Rossa ha deciso di riaprire il parco organizzando eventi culturali di ogni tipo e allargando a tutti l’organizzazione del festival. La comunità di nuovi volontari è diventata più solida, si è incominciata a conoscere e a sperimentare. Se non si balla non è la nostra rivoluzione.
Casetta Rossa oggi. Con il 2021, le pratiche di mutuo appoggio si sono rinforzate: oggi non facciamo più la consegna pacchi, ma abbiamo ribaltato il paradigma, facendo venire le persone da noi a ritirare ciò di cui hanno bisogno, per conoscerle e provare a costruire quel passo in più rispetto all’assistenzialismo. A oggi, siamo in contatto con circa 300 famiglie, con 8mila pacchi alimentari consegnati, per un ammontare di 10 o 12 euro a pacco. Il tutto viene autogestito sotto una tenda…
Saul Alinsky sottolineava l’importanza di organizzare piuttosto che di aiutare, ma il percorso è complicatissimo, soprattutto se deve essere perpetuato senza dinamiche di potere e instaurando un confronto con le varie comunità. Bisogna provare a costruire un patto con le persone, un patto che non diventi un obbligo o un ricatto.
Oggi Casetta Rossa sta lavorando a un nuovo, ambizioso progetto per trasformare l’area verde in un “parco inclusivo”. L’obiettivo è innanzitutto realizzare un luogo senza alcun tipo di barriere, a partire da quelle fisiche, fino ad arrivare a quelle culturali e linguistiche. È un lavoro approfondito e molto lungo, ma che finalmente vede il sostegno economico del bando Comunità Solidale della Regione.
Volontarie. Finora si è parlato soprattutto al maschile: è un errore che va discusso. Casetta Rossa ha, da sempre, una netta maggioranza di partecipanti e volontarie donne. Le veterane affermano essere una tradizione antica, proveniente dal centro sociale La Strada, ma la questione è più ricca. Con la nascita di Casetta Rossa e del Parco, spesso erano le donne incinte o con bambini piccoli a vivere il luogo e ad entrarci dentro, laddove si era ormai creato un meccanismo di tutela per bambini e madri.
Anche oggi, la stragrande maggioranza di persone che si affacciano al volontariato sono donne e questo è un dato necessario su cui bisogna riflettere. Se durante il lockdown potevamo pensare che ciò fosse dovuto all’ipermaschilismo della nostra società, per cui sono principalmente le donne a fare la spesa, oggi abbiamo capito che la questione è più complessa.
Il fenomeno ha ancora molti interrogativi, uno dei quali forse può trovare una spiegazione nel tema della cura. È vero, bisogna fuggire uno stereotipo totalizzante secondo cui la donna applica molta più cura nelle sue azioni rispetto a un uomo, ma non bisogna neanche negare che, nell’autogoverno di Casetta Rossa, tutti quei ruoli che richiedono attenzione e sensibilità nelle relazioni e nell’organizzazione oggi sono appannaggio quasi di sole donne.
In tutto questo tempo, Casetta Rossa non si è mai trasformata, pur avendo potuto, in un’organizzazione commerciale.
Oggi Casetta Rossa è riconosciuta non solo dal quartiere, ma anche a livello nazionale ed europeo. Viene contattata per i motivi più diversi, dalle ricerche universitarie, agli effetti della Dad, all’importanza del cibo: è diventata un punto di riferimento a livello formativo. Recentemente ha vinto un importante premio dal CESE (Comitato economico e sociale europeo), per il riconoscimento delle attività solidali. Sono stati i primi in Italia ad essere premiati, insieme ad Emergency.
Ovviamente, nel vasto panorama romano, Casetta Rossa non è l’unica: molti altri sono i luoghi di autogoverno che lottano per una vita più giusta e solidale. Sono posti necessari: luoghi a misura d’uomo che affrontano seriamente i grandi problemi della nostra città.
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