Angelo Vassallo: il sindaco pescatore

Un rivoluzionario
Su Le Monde, poco tempo dopo l’assassinio, Angelo Vassallo fu definito da Alain Faure un «profeta locale e planetario». Si trattava, per lo studioso, di una figura in grado di precorrere i tempi, di fare oggetto della propria attività politica temi e sfide che soltanto in seguito sarebbero diventati patrimonio della comunità locale, da un lato, e planetaria, dall’altro. Annunciare e guardare più lontano di tutti: ecco, il compito del profeta.
A undici anni dall’omicidio, il tempo sembra aver già dato ragione allo studioso francese: i temi portanti dell’attività del sindaco pescatore, quali l’ecologia, la ricerca di un equilibrio sostenibile tra sviluppo e rispetto dell’ambiente, sono diventati principi cardine della politica internazionale, meglio noti, in casa nostra, con lo slogan della “transizione ecologica”. Da profeta, il Sindaco Pescatore è ormai diventato una figura necessaria del nostro tempo; necessaria, perché non si è limitato a offrire principi e idee nobili, ma soluzioni concrete, attuabili e di successo per un territorio sino ad allora abbandonato a se stesso. È riuscito nel dispendioso compito di traduzione: tradurre in termini reali principi validi in astratto, adattandoli e plasmandoli alle specificità del territorio con coraggio e determinazione. Non è un caso, infatti, che da tempo ormai si parli di “modello di sviluppo Angelo Vassallo” e che, nel corso del suo operato, la Cina abbia invitato più volte il Sindaco Pescatore ad esporre i principi della sua attività politica. Soltanto in casa nostra, la figura del Sindaco Pescatore è spesso vittima di una retorica vuota, incapace di metterne in risalto la portata rivoluzionaria.
Si trattava, e su questo si segue ancora Alain Faure, di una politica rivoluzionaria nel senso classico del termine, in quanto innanzitutto impegnata a lottare contro i privilegi e gli interessi economici e criminali; rivoluzionaria, altresì, perché ispirata ad un ideale di bellezza del tutto peculiare, su cui anche Dario Vassallo, suo fratello, ha spesso insistito. L’idea di bellezza che trapela dall’operato di Vassallo ha forti tinte greche, così come tutto il Cilento e il suo dialetto, poiché inscindibilmente legata ai concetti di “limite” e di “misura”.
Quando Angelo Vassallo fa di tutto per salvare dall’estinzione il giglio marino, un tipo particolare di giglio bulboso che cresce sulla spiaggia di Pollica e che, se esposto all’incuria dei bagnanti, sarebbe presto scomparso, non dice soltanto un fermo “no!” ai meri interessi economici, ma mostra un ideale di sviluppo, oserei dire quasi una filosofia, ben precisa: non siamo i soli abitanti del territorio, ne siamo gli ospiti, allo stesso modo delle piante, del mare e della terra, che bisogna rispettare. Non possessori, ma affittuari tenuti a prendersi cura della casa che abitiamo. Vi è dunque un’idea di prosperità inseparabile da quella di misura: la comunità prospera ed è bella, se ogni cosa sta al suo posto, se le parti sono in equilibrio.
Il no al potere e una visione ammantata di grecità si coniugano meravigliosamente con una forte attitudine pedagogica: il Sindaco Pescatore si reca nelle scuole, cercando di sensibilizzare le giovani generazioni ai temi ecologici, quale, ad esempio, l’importanza della depurazione dell’acqua. Organizza convegni, incontri, affinché il suo discorso diventi patrimonio condiviso dalla comunità e possa continuare a camminare sulle gambe dei propri concittadini. Il suo modo di gestire il potere è partecipativo: fonda un giornale mensile, Pollica Informa, per rendere trasparente e accessibile a tutti l’attività dell’amministrazione e, malgrado con il comune di Pollica si fosse già raggiunta la cifra record del 70% di raccolta differenziata, si prodiga nell’informare i cittadini circa i costi eccessivi dello smaltimento dei rifiuti organici e cerca di coinvolgere le aziende agricole locali, affinché possano smaltirli senza ulteriori costi. La campagna di sensibilizzazione ha un enorme successo con conseguenti guadagni per le casse comunali. Volendo dare un’etichetta a queste pratiche, si potrebbe parlare di “coscientizzazione”. È una nozione nevralgica della pedagogia di Freire con cui si indicano attività dialogiche che portano alla messa in atto di pratiche di liberazione collettiva.
La Fondazione Angelo Vassallo ha meritevolmente portato avanti questo discorso con il suo progetto, esportato anche negli Stati Uniti, “Pulizia dei fondali marini”. Ogni peschereccio riceve in dotazione dei contenitori in cui depositare i rifiuti che restano impigliati nelle reti. Si tratta di un’idea semplice ed efficace, che ha, al contempo, una forte vocazione educativa: il pescatore si rende così conto che il mare non è soltanto una risorsa da sfruttare, ma un bene da proteggere e tutelare. Gli si instillano, in questo modo, i concetti di cura e di responsabilità nei confronti dell’ambiente.
In questa ottica rientra anche la fondazione del Museo del Mare, un progetto che riguardava «la realizzazione di una struttura che fosse a un tempo memoria storica del patrimonio marino delle nostre zone e occasione di studio e di ricerca per iniziative volte alla tutela ambientale e a una maggiore valorizzazione del turismo nel Cilento». Il Sindaco Pescatore sa bene che se le idee non vengono condivise, allora non durano molto. Cerca di creare, dunque, dei luoghi comuni, nel senso nobile del termine, un comun sentire: le parole necessarie per lo sviluppo del territorio.
Anche l’arcinota “Dieta Mediterranea”, riconosciuta patrimonio dell’umanità e fortemente valorizzata da Angelo Vassallo, andava nella direzione della formazione di una coscienza cilentana. Non si tratta semplicemente di un elenco di pasti da consumare al giorno, come qualcuno ingenuamente crede, ma di un insieme di pratiche, di stili di vita, di conoscenze e di rappresentazioni, che denotano un modo del tutto peculiare di stare al mondo e che, a quanto pare, fa vivere a lungo e meglio. E, forse, era proprio questo il fine della politica per il Sindaco Pescatore: far vivere meglio tutte le persone della comunità.
Non ha, così, alcuna esitazione quando, durante un’estate torrida, deve accordare all’istante un permesso ad un tale che si è inventato una sorta di mestiere, facendosi pagare per portare i bambini sul suo carro trainato da un pony. Vassallo, vedendo infatti che i bambini si divertono molto, decide che quell’attività può continuare, purché il giro sia del tutto gratuito per i bambini con disabilità. Magari, un altro sindaco al suo posto avrebbe bloccato tutto per il mancato rispetto delle procedure burocratiche, lui, però, non l’ha fatto; sapeva bene che il fine della politica non era il mero guscio vuoto della procedura amministrativa, ma la bellezza, la vita buona, la gioia, la condivisione – per tutti.
Una terra che non è “il posto delle favole”.
Perché uccidere allora un politico di questo spessore? La narrativa intorno al caso Vassallo è spesso stucchevole, poiché ritaglia al Sindaco Pescatore l’eterno ruolo dell’uomo onesto sconfitto dalle iniquità del mondo e del malaffare. E invece, per iniziare a rendere giustizia, occorre guardare le cose da più vicino e cominciare col dire che nove colpi di pistola, un intero caricatore, non vengono scagliati da chiunque, ma da una persona che si sente al sicuro, protetta. Sulla premeditazione dell’omicidio è davvero difficile dubitare, così come è difficile dubitare del fatto che sia opera di una fitta rete di persone, di un “sistema”.
«Il Cilento non è il posto delle favole» è una delle prime frasi che Dario Vassallo mi ha detto. Malgrado esista e sia piuttosto forte un romanzo sociale che narra il Cilento come una terra vergine, isolata, se non incantata, lontano dai problemi della civiltà, e figuriamoci dalla criminalità, Dario Vassallo è convinto che sussista «un sistema di potere molto sofisticato, che vive al margine tra la legalità e l’illegalità».
D’altronde, sono ancora le vicende della vita politica del Sindaco Pescatore a illuminare sul tema. Durante la sua attività, Angelo Vassallo ha segnalato per ben sette volte delle irregolarità nella realizzazione della famosa “strada fantasma”, tra Casal Velino e Celso. Dopo anni di sordità alle denunce, recentemente sono arrivate delle condanne per pagamenti di lavori mai eseguiti. Si tratta di una storia davvero spiacevole, poiché rivela l’intrusione di interessi privati all’interno della sfera pubblica.
Il Cilento è ormai da anni interessato da uno spaventoso fenomeno di spopolamento, che non accenna ad arrestarsi. Anzi, la tendenza è in continua crescita. In una commovente lettera al fratello, contenuta ne La Verità Negata, Dario Vassallo scrive: «Dove tu con la tua opera hai fatto conoscere a tutti noi la bellezza, non c’è più nulla di concreto, di solido: tutto è diventato effimero e commerciale e l’unica bellezza che la maggior parte dei tuoi paesani riconosce, è la bellezza dei soldi e, come avevo previsto dopo la tua morte, in pochi anni, da proprietari, molti sono diventati garzoni. Pensa che da quando non ci sei più nel Cilento e nel Vallo di Diano ci sono stati quarantasei suicidi e ventisette tentati suicidi, quasi tutti ragazzi. La politica locale, scarsa, molto scarsa, non si è mai posta il perché di queste morti, come non si è posta la domanda del perché tu sia stato ucciso, un Sindaco, lo Stato. Questi politici cilentani (non tutti) si affannano a rimanere a galla; adesso il loro principale impegno non è pensare ai problemi del popolo, ma è come accaparrarsi un’agognata candidatura per le prossime elezioni, bisogna capirli, ma non giustificarli e ti prometto che ci adopereremo affinché “qualcuno” non venga eletto. C’è nel tuo Cilento una crisi sociale che fa scappare i giovani, i quali vanno via per non perdere la loro dignità, e per non genuflettersi davanti alla politica feudale di chi ha distrutto questo angolo di paradiso, solo al fine di far fare carriera politica ai propri figli».
Il Cilento è ormai da anni interessato da uno spaventoso fenomeno di spopolamento, che non accenna ad arrestarsi.
Questa terra sarebbe dunque ostaggio di una politica neofeudale e di un sistema di potere che sembra tramandarsi di generazione in generazione. «Il Cilento ha delegato a pochi uomini, sempre gli stessi, tutta la sua rappresentanza», afferma Dario, «con la morte di Angelo si è tornati indietro almeno di cinquanta anni…Pensi al sol fatto che l’aliscafo che parte da Napoli si ferma a San Marco di Castellabate e non prosegue più…».
Ancora ne La Verità Negata, Dario Vassallo afferma: «Le bellezze naturali che Dio ha donato a questo territorio non solo non vengono valorizzate, ma vengono umiliate da persone ancorate al feudalesimo. Hanno creato una rete invisibile dove il sistema politico regna, gestisce e manovra tutto. È un’organizzazione perfetta. Alla gente e al territorio non pensa nessuno. Anche nel caso di mio fratello, facevano e fanno finta di non capire quello che è successo. Viviamo nell’apatia più assoluta».
Il quadro sarebbe, dunque, davvero desolante. Sarebbe facile imputare lo spopolamento dei territori cilentani ai valori della modernità, alla precarietà del lavoro, alla liquidità che caratterizza i nostri tempi e a varie sofisticherie intellettuali; tuttavia, ci si chiede: davvero la politica non può far nulla? Il caso di Angelo Vassallo non dimostra, al contrario, che una Bella Politica può capovolgere le sorti di un territorio?
«Quante vicende, tante domande» scriveva Brecht.
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